Il tuo occhio sia vigile

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domenica 25 aprile 2010

IL MIO DRAMMA CON LA Ru 486

Stavo morendo, ho perso tutto.
Infine la decisione di abortire e il benevolo consiglio di un medico spagnolo, gentile quanto ingannevole: «Due pillole e non ci pensi più».
Un figlio indesiderato, una gravidanza annunciata e poi confermata da due rapidi test fai-da-te nel bagno dell’università di Barcellona, dove da qualche mese studiava con il suo fidanzato. Infine la decisione di abortire e il benevolo consiglio di un medico spagnolo, gentile quanto ingannevole: «Due pillole e non ci pensi più»...
Invece Anna (nome di fantasia), 24 anni, studentessa calabrese, ripenserà per sempre a ciò che è avvenuto dal momento in cui ha assunto la Ru486, un "medicinale" che non cura niente e nessuno, nato allo scopo specifico di sopprimere la vita al suo esordio. Ma che quel giorno rischiò di uccidere la giovane madre, oltre a quel feto che oggi, mentre piange, chiama «figlio».
«Ero partita dall’Università della Calabria per il "Progetto Erasmus" – racconta incontrandoci sul Ponte Pietro Bucci dell’ateneo, i segni di una sofferenza indelebile sul volto e nel tremore della voce –. Studiavo e tuttora studio a Cosenza, allora ero una ragazza felice e piena di propositi per il futuro, anche perché presto ho conosciuto il mio fidanzato, con cui poi sarei partita per Barcellona...». Gli occhi neri si muovono rapidi e insicuri, offuscati da un’ombra di dolore, ciò che resta del suo viaggio in quello che lei chiama «il tunnel oscuro» e dal quale ancora non sa uscire.
La sua storia è di quelle che iniziano fin troppo bene, con un bando proposto agli studenti più meritevoli per uno scambio culturale e formativo in una delle città europee, il brillante superamento della selezione assieme al fidanzato (che chiameremo Roberto), e la partenza per la metropoli catalana.
«Doveva essere un’esperienza indimenticabile», ricorda senza sorridere. Anna, che nel suo soggiorno spagnolo condivide l’alloggio con due compagne straniere, un giorno si accorge, calendario alla mano, che i conti non tornano: «All’inizio pensavo che il mio ritardo derivasse da alcuni antibiotici che avevo assunto per una brutta influenza – prosegue –, poi cominciai a temere di essere rimasta incinta e in una farmacia del centro comprai il test di gravidanza». La vita di suo figlio, annunciata in quel bagno, le cadde addosso come la peggiore delle notizie. «Lo dissi a Roberto e sperammo entrambi in un errore, ma anche il secondo test diede lo stesso risultato. Da allora litigammo furiosamente...».
La vita di Anna iniziava a frantumarsi, e il primo pezzo che se ne andava era proprio l’amore: da una parte c’era Roberto, deciso a tenere quel figlio e a prendersi le sue responsabilità di padre nonostante i suoi 24 anni e la mancanza di un lavoro, dall’altra le paure della giovane, il timore dei genitori, il terrore della solitudine. E sola rimane davvero, Anna, accompagnata da un’amica spagnola nella struttura sanitaria in cui i medici le spiegano che «la Spagna è molto più avanti dell’Italia e qui c’è la libertà di abortire con semplicità».
Sola è anche quando i camici bianchi le raccontano che non avrà alcun problema, che «basterà assumere due pillole, una per bloccare la gravidanza e l’altra per espellere il feto, niente di complicato, al massimo quel piccolo fastidio come nelle giornate del ciclo...». Sola quando imbocca il tunnel senza nemmeno far sapere a Roberto che tra poche ore non sarà più padre.

Fine ......prima parte


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