Il tuo occhio sia vigile

Il tuo occhio sia vigile

venerdì 30 aprile 2010

BRUCIARE IL PETROLIO NEL GOLFO DEL MESSICO: IL MALE PEGGIORE.

Da qualunque parte la si guardi, questa bruttissima storia si rivela per quella che è: un disastro ambientale di proporzioni immani. Il petrolio che sgorga libero nelle acque del Golfo del Messico è pari a 5000 barili al giorno. Le stime ora sono più precise, dopo che il NOAA ha scoperto che un nuovo pozzo si è aperto e che lascia fuoriuscire altro carburante. La soluzione paventata, quella cioè di bruciare in acqua il greggio, con tutti i fumi di combustione che si produrebbero, si potrebbe rivelare ancora più inquinante dell’arrivo della marea nera sulle coste della Louisiana.
E’ davvero complessa la situazione nel Golfo del Messico dopo che lo scorso 22 aprile, (Giornata della Terra) la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della Bp ha preso fuoco e si è inabissata. La chiazza di greggio, ad oggi, è lunga oltre i 20 Km.
La chiazza di petrolio nel Golfo del Messico, le foto NASA.
La soluzione paventata è quella di dare fuoco, secondo procedure controllate al petrolio, perché sia le barriere, sia i sistemi di pulitura delle acque si stanno rivelando soluzioni non sufficienti rispetto all’estensione del disastro.
Ad alimentare le preoccupazioni degli ingegneri e dei tecnici della Guardia Costiera il nuovo fronte dell’emorragia di greggio troppo vicino agli estuari e alle paludi a sud della Louisiana. Ieri le prime prove di incendio controllato del petrolio. Nessuno però ha proposto soluzioni ai fumi dei fuochi controllati che andranno a inquinare l’atmosfera.

RIFLESSIONI SUL 1° MAGGIO

«Il lavoro è voluto e benedetto da Dio. Dio, che ha dotato l’uomo d’intelligenza, d’immaginazione e di sensibilità, gli ha in tal modo fornito il mezzo onde portare in certo modo a compimento la sua opera: sia egli artista o artigiano, imprenditore, operaio o contadino, ogni lavoratore è un creatore. Chino su una materia che gli resiste, l’operaio le imprime il suo segno, sviluppando nel contempo la sua tenacia, la sua ingegnosità e il suo spirito inventivo. Diremo di più: vissuto in comune, condividendo speranze, sofferenze, ambizioni e gioie, il lavoro unisce le volontà, ravvicina gli spiriti e fonde i cuori: nel compierlo, gli uomini si scoprono fratelli.»
Paolo VI, Populorum Progressio.

«Per i credenti una cosa è certa: considerata in se stessa, l’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde alle intenzioni di Dio.
L’uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure di riferire a Dio il proprio essere e l’universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all’uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani.» Gaudium et Spes, 34

TRA IL 2000 E IL 2008 121 MILIONI DI CRISTIANI IN PIU'

In questi giorni viene presentato l'Annuario Statistico della Chiesa pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, ha ricordato questo martedì la Sala Stampa della Santa Sede.
L'Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa prepara ogni anno questo libro che informa sugli aspetti più importanti che caratterizzano le attività della Chiesa cattolica nei vari Paesi e continenti.
Tra gli aspetti raccolti in quest'ultima edizione, con dati del 2008, c'è un aumento del numero di cattolici nel mondo leggermente superiore a quello del resto della popolazione.
"A livello planetario il numero dei cattolici battezzati è passato da 1.045 milioni nel 2000 a 1.166 milioni nel 2008, con una variazione relativa di +11, 54%", segnala il comunicato.
Questa cifra presuppone una crescita di 121 milioni di cattolici in otto anni, "che evidenzia un comportamento di sostanziale stabilità della diffusione dei cattolici battezzati", aggiunge la Sala Stampa vaticana.
Il cattolicesimo cresce in modo diverso nei vari continenti. La crescita maggiore si registra in Africa, giungendo a un incremento del 33,02% tra il 2000 e il 2008.
All'estremo opposto, in Europa si manifesta una situazione praticamente stabile (1,17%), mentre in Asia il numero dei cattolici cresce del 15,61%, in Oceania dell'11,39% e in America del 10,93%.
"Si va dalla riduzione relativa dei cattolici europei che, pur aumentando in valore assoluto, vedono scendere il loro peso nel mondo, dal 26, 81% del 2000 al 24, 31% del 2008, alla correlativa acquisizione d'importanza dei cattolici africani che passano, nei due anni appena citati, dal 12, 44% al 14, 84%", indica il comunicato.

continua....................
parte seconda ............................


Quanto al rapporto tra i cattolici e gli abitanti in generale, in Asia ci sono 3 cattolici ogni 100 abitanti, mentre in America arrivano a 63.
I dati si riferiscono anche al numero dei Vescovi, passati dai 4.541 del 2000 ai 5.002 del 2008, con un aumento relativo leggermente superiore al 10%.
In questo senso, si è ottenuta "una migliore e più armonica distribuzione dei Vescovi nelle realtà continentali", così come "un significativo equilibrio quantitativo fra sacerdoti e Vescovi nel trascorrere del tempo".
Quanto al numero dei sacerdoti, negli ultimi nove anni è aumentato: dai 405.178 del 2000 ai 409.166 del 2008.
Secondo la loro distribuzione, il 47,1% dei sacerdoti del mondo si trova in Europa, il 30% in America, il 13,2% in Asia, l'8,7% in Africa e l'1,2% in Oceania.
Il calo del numero di sacerdoti in Europa ha fatto sì che la loro percentuale a livello mondiale sia diminuita: nel 2000 il clero del vecchio continente rappresentava il 51,5%, mentre nel 2008 era il 47,1%.
Dal gioco combinato delle variazioni demografiche e delle variazioni del numero di sacerdoti deriva un aumento del numero di cattolici per sacerdote: in tutto il mondo è passato da 2.579 per sacerdote nel 2000 a 2.849.
I diaconi permanenti costituiscono il gruppo in più forte evoluzione nel periodo tra il 2000 al 2008 (grazie alla loro crescita in America ed Europa), passando da circa 28.000 a 37.000 (una variazione relativa del 33,7%).
Aumenta anche il numero dei seminaristi: dai 115.919 del 2007 ai 117.024 del 2008. L'aumento ha avuto luogo in Africa (3,6%), Asia (4,4%) e Oceania (6,5%), mentre in Europa i candidati al sacerdozio diminuiscono (meno 4,3%).
Il nuovo volume indica che le religiose professe sono oggi 739.067, mentre nel 2000 erano 801.185 (una diminuzione del 7,8% ).
La maggior parte delle religiose si trova in Europa (40,9% ), seguita dall'America (27,5%). Il calo del numero di religiose non ha interessato l'Africa, dove nel periodo in esame sono aumentate del 21,2%, né l'Asia, dove l'aumento è stato del 16,4%.
Pubblicato l'annuario statistico della Chiesa 2010 l'Annuario 2010 è stato presentato a Benedetto XVI il 20 febbraio scorso.

martedì 27 aprile 2010

PER RICORDARLO SEMPRE CON LE SUE PAROLE.

Papa Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla)

"Vi confesso con semplicità che provo vero turbamento per il futuro del mondo quando noto generazioni giovani incapaci di amare veramente o che riducono il loro donarsi allo scambio di gratificazione tra eguali, incapaci di vedere nella sessualità una chiamata, un invito ad un amore più alto e universale."

"È necessario cercare il giusto equilibrio tra il rispetto della propria identità e il riconoscimento di quella altrui."

"La violenza distrugge ciò che vuole difendere: la dignità, la libertà, e la vita delle persone."

"Un'ideologia non può sopravvivere a lungo senza una morale."

"C'è nell'uomo un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio ed allo spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi."

"Ogni intervento medico sulla persona umana è sottoposto a dei limiti che non si riducono all'eventuale impossibilità tecnica di realizzazione, ma sono legati al rispetto della stessa natura umana."

"La ragione non può svuotare il mistero di amore che la Croce rappresenta, mentre la Croce può dare alla ragione la risposta ultima che essa cerca."

"La religione e la fede vanno insieme, di pari passo.
Perché se la fede vuole fare a meno della ragione si cade nel fondamentalismo e nelle superstizioni.
Ma se la ragione vuole fare a meno della fede ci incamminiamo verso i regimi dittatoriali e assolutisti."
 
"La ricerca scientifica in campo genetico va bensì incoraggiata e promossa, ma, come ogni altra attività umana, non può mai essere esente da imperativi morali; essa può del resto svilupparsi con promettenti prospettive di successo nel campo delle cellule staminali adulte."
 
"Giovani! Il papa si sente immensamente felice in vostra compagnia."

domenica 25 aprile 2010

IL MIO DRAMMA CON LA Ru 486

Stavo morendo, ho perso tutto.
Infine la decisione di abortire e il benevolo consiglio di un medico spagnolo, gentile quanto ingannevole: «Due pillole e non ci pensi più».
Un figlio indesiderato, una gravidanza annunciata e poi confermata da due rapidi test fai-da-te nel bagno dell’università di Barcellona, dove da qualche mese studiava con il suo fidanzato. Infine la decisione di abortire e il benevolo consiglio di un medico spagnolo, gentile quanto ingannevole: «Due pillole e non ci pensi più»...
Invece Anna (nome di fantasia), 24 anni, studentessa calabrese, ripenserà per sempre a ciò che è avvenuto dal momento in cui ha assunto la Ru486, un "medicinale" che non cura niente e nessuno, nato allo scopo specifico di sopprimere la vita al suo esordio. Ma che quel giorno rischiò di uccidere la giovane madre, oltre a quel feto che oggi, mentre piange, chiama «figlio».
«Ero partita dall’Università della Calabria per il "Progetto Erasmus" – racconta incontrandoci sul Ponte Pietro Bucci dell’ateneo, i segni di una sofferenza indelebile sul volto e nel tremore della voce –. Studiavo e tuttora studio a Cosenza, allora ero una ragazza felice e piena di propositi per il futuro, anche perché presto ho conosciuto il mio fidanzato, con cui poi sarei partita per Barcellona...». Gli occhi neri si muovono rapidi e insicuri, offuscati da un’ombra di dolore, ciò che resta del suo viaggio in quello che lei chiama «il tunnel oscuro» e dal quale ancora non sa uscire.
La sua storia è di quelle che iniziano fin troppo bene, con un bando proposto agli studenti più meritevoli per uno scambio culturale e formativo in una delle città europee, il brillante superamento della selezione assieme al fidanzato (che chiameremo Roberto), e la partenza per la metropoli catalana.
«Doveva essere un’esperienza indimenticabile», ricorda senza sorridere. Anna, che nel suo soggiorno spagnolo condivide l’alloggio con due compagne straniere, un giorno si accorge, calendario alla mano, che i conti non tornano: «All’inizio pensavo che il mio ritardo derivasse da alcuni antibiotici che avevo assunto per una brutta influenza – prosegue –, poi cominciai a temere di essere rimasta incinta e in una farmacia del centro comprai il test di gravidanza». La vita di suo figlio, annunciata in quel bagno, le cadde addosso come la peggiore delle notizie. «Lo dissi a Roberto e sperammo entrambi in un errore, ma anche il secondo test diede lo stesso risultato. Da allora litigammo furiosamente...».
La vita di Anna iniziava a frantumarsi, e il primo pezzo che se ne andava era proprio l’amore: da una parte c’era Roberto, deciso a tenere quel figlio e a prendersi le sue responsabilità di padre nonostante i suoi 24 anni e la mancanza di un lavoro, dall’altra le paure della giovane, il timore dei genitori, il terrore della solitudine. E sola rimane davvero, Anna, accompagnata da un’amica spagnola nella struttura sanitaria in cui i medici le spiegano che «la Spagna è molto più avanti dell’Italia e qui c’è la libertà di abortire con semplicità».
Sola è anche quando i camici bianchi le raccontano che non avrà alcun problema, che «basterà assumere due pillole, una per bloccare la gravidanza e l’altra per espellere il feto, niente di complicato, al massimo quel piccolo fastidio come nelle giornate del ciclo...». Sola quando imbocca il tunnel senza nemmeno far sapere a Roberto che tra poche ore non sarà più padre.

Fine ......prima parte


IL MIO DRAMMA CON LA Ru 486

Il Mio dramma con la Ru 486 ....................seconda parte

Un mare di carte da compilare per dichiarare che era stata informata di tutte le conseguenze cui andava incontro, un colloquio frettoloso con un’assistente sociale, una prescrizione medica e giù le pillole. «Eravamo in tante - ricorda tormentandosi per tutte - e ci chiamavano per nome e cognome, senza alcun rispetto della privacy. Quando toccò a me, nessuno in realtà mi disse nulla del pericolo cui andavo incontro, così firmai e presi la prima pillola, che poi scoprii chiamarsi Mifeprex. Due giorni dopo ritornai in ospedale, come mi aveva detto il medico, e presi l’altra pillola, il Misoprostol. È stato tutto molto facile». Facile come bere quel bicchier d’acqua con cui le manda giù.
Ma il dramma deve solo cominciare. «La mattina seguente ero sola in appartamento, le mie due amiche erano uscite, il mio fidanzato neanche sapeva che stavo già mettendo in pratica il mio intento abortivo. Iniziai ad avere dolori lancinanti all’addome, a fare avanti e indietro dal bagno con una diarrea incontrollabile e una nausea terribile. Pensavo di morire. Caddi in uno stato di semi incoscienza e dopo alcune ore mi svegliai in un bagno di sangue. L’emorragia era inarrestabile, continuavo a perdere sangue, sentivo la vita uscire dal mio corpo, non ero mai stata tanto male.
Chiamai aiuto e tornai in ospedale, dove mi fecero una nuova ecografia ed ebbi la notizia che l’aborto era avvenuto "con successo". In realtà lì si celebrò il cuore vero del mio dramma. Le mie convinzioni ad una ad una sono tutte crollate, sono caduta in uno stato di depressione terribile, piango sempre e fatico a riprendere forza. Ora mi sento in colpa verso il mio fidanzato, che peraltro ho anche perso, e soprattutto verso quella creatura. Devo cominciare a ricostruire tutta la mia vita, ma so che questo ricordo non mi abbandonerà».
Era una ragazza come tante, Anna, con quella voglia di vivere a volte irrefrenabile, quella convinzione di avere il mondo in tasca e le certezze nel cuore, decisa a fare di testa sua. «Anche in quell’occasione pensavo di aver scelto la via facile, così sui giornali ti presentano la Ru486, credevo fosse una conquista della scienza, invece la mia vita è finita con quella pillola, che ti dà l’illusione di non abortire mentre in realtà rischia di uccidere te oltre a tuo figlio...».
Ce la farà, Anna, la sua rinascita comincia da qui, dal desiderio di raccontare la sua storia, rimasta sconosciuta anche ai genitori: «Non voglio che altre ragazze imbocchino la mia strada, devono sapere a cosa si va incontro. Vorrei dire solo questo: attente alle false libertà e soprattutto non decidete da sole, la vita, sin dal suo sbocciare, anche nel dramma si può trasformare in un dono. Io me ne sono accorta troppo tardi, ma per voi c’è ancora tempo».


di Enzo Gabrieli
 
articolo proposto da Mariagloria

venerdì 23 aprile 2010

PASQUA DEI POVERI

Lui, Paolo (nome di fantasia), scende dalla sua utilitaria appena parcheggiata sul tratto finale di via don Bosco. Gli occhi lucidi, si fa forza tenendo per mano i figli e la moglie, Natasha (come sopra). Suona al campanello della casina , la sede centrale della San Vincenzo de’ Paoli di Pisa. Parla con il presidente Leandro Casarosa, racconta la loro storia.
Paolo fa il muratore. Anzi, lo faceva. Una mattina il titolare dell’impresa gli ha detto: «Oggi non c’è più lavoro. Né ci sarà più». «E noi non sappiamo dove sbattere la testa».
Ritrovarsi poveri da un giorno all’altro. Non è un’esperienza così rara in tempi di crisi economica. I dati offerti dai Centri per l’impiego parlano chiaro: il numero degli iscritti alle liste di collocamento è salito nell’ultimo anno di settemila unità. Oggi sono 37mila.

L’economia ha sentito i morsi della crisi globale. Le istituzioni hanno messo in campo molti ammortizzatori sociali. E così, mentre le attività produttive medie e grandi hanno potuto usufruire della cassa integrazione ordinaria o di quella straordinaria, quelle al di sotto dei quindici dipendenti hanno potuto far ricorso alla cassa in deroga.

Da maggio 2009 ad inizio marzo 2010 ne hanno usufruito, in provincia di Pisa, 2.379 dipendenti: soprattutto operai (1925) o apprendisti (240), ma anche impiegati (212). Più donne (1227) che uomini (1152). Dipendenti che, in molti casi, hanno già diversi anni di esperienza lavorativa in questo o quel settore (in 609 hanno tra i 45 ed i 54 anni e ben 289 hanno superato i 55).

Prima o poi, però, gli ammortizzatori sociali finiscono. Oppure c’è qualcuno che non l’ha mai chiesti, perché non sa di averne diritto.

E la possibilità di ritrovarsi, da un giorno all’altro, sulla strada, è molto concreta.

Ne sanno qualcosa i volontari della San Vincenzo de’ Paoli riuniti nelle venti conferenze delle diocesi di Pisa e San Miniato: il numero di singles o famiglie assistite, negli ultimi mesi, è in notevole crescita. Oggi arriva a 1.900 utenti l’anno. I vincenziani offrono ascolto, portano una parola di speranza, e, sempre, un pacco spesa o un documento da firmare per avviare una pratica: spetterà a questo o quell’ufficio pubblico portarla a lieto fine. Sentinelle del territorio, i volontari della San Vincenzo conoscono storie di miseria, di solitudine, di paure e preoccupazioni forse meglio di chiunque altro.

Come quella di Paolo, Natasha e dei loro due figli. Leandro Casarosa accoglie la famiglia in ufficio. Bollette ed affitto da pagare, una tavola da riempire , le esigenze quotidiane dei figli. D’accordo stringere la cinghia, ma senza niente è difficile andare avanti. «Abbiamo dato via tutto, persino la cazzola» dice Paolo, che racconta come, in fondo, il titolare della ditta per cui lavorava, non se la stia cavando molto meglio di lui.

Fine prima parte...................................

LA PASQUA DEI POVERI

seconda parte........................

Casarosa prende dall’armadio i pochi risparmi dell’associazione. Avvia una pratica per l’integrazione all’affitto della casa in cui vive la famiglia. Dal magazzino, vestiti. In questi giorni sono arrivati in dono pacchi della Benetton . La Provvidenza arriva sempre, sotto mille forme, e spesso quando meno te lo aspetti e hai perso ogni fiducia nel Signore.
Si salutano. «Ma torneranno tra tre giorni, c’è da pensarlo».
Anche gli utenti che gravitano intorno al Centro di ascolto della Caritas sono in aumento ed in aumento è il denaro, frutto della generosità del popolo di Dio, destinato ai poveri: per coprire bollette dei servizi essenziali, che altrimenti resterebbero insolute; o l’affitto di un miniappartamento.
Negli uffici di via delle Sette Volte, a due passi da piazza dei Cavalieri, si intrecciano mille storie che resteranno nascoste agli occhi dei più. Come quello di una donna albanese, sposata con un connazionale. Marito violento, convivenza pesantissima - racconta Marco Arzilli, responsabile del Cda - e fatta di continue vessazioni e violenze, anche fisiche, sia su di lei che sulla figlia di cinque anni.
Adesso la donna è uscita da questa situazione. Ha trovato la forza di cercarsi un lavoro e senza l’aiuto di nessuno, anche una casa per sé e la propria figlia. Vive una vita propria, sanando, tra l’altro, i debiti contratti dal marito a suo nome.
Le mense dei poveri, intanto, continuano a lavorare a pieno ritmo. Cento e più pasti al giorno, dietro presentazione di un buono-pasto fornito (gratuitamente, ci mancherebbe) dalla Caritas. Senza fissa dimora - su questi servirebbe aprire un altro capitolo - o chi una casa ce l’ha, ma non ha da mangiare. Extracomunitari o italiani, in alcuni casi anche anziani.


di Andrea Bernardini da TOSCANA OGGI










Quale Dio per i giovani?

Quale Dio per i giovani?

Oggi, in Italia, si dichiara apertamente cattolico soltanto il 52,8 per cento di coloro che hanno tra 18 e 29 anni; era il 66,9 nel 2004.
Una ricerca dei sociologi Iard.

I giovani esprimono un desiderio di "assoluto", ma spesso fuori dalla Chiesa. Si afferma una religiosità fai-da-te.Meno quattordici per cento in appena sei anni. Ma tra chi persevera aumentano i convinti, grazie all'efficace testimonianza di sacerdoti, catechisti e animatori, e grazie anche al "calore" di grandi eventi, come le Giornate mondiali della gioventù. Oggi si dichiara apertamente cattolico solo il 52,8 per cento dei giovani italiani d’età compresa tra i 18 e i 29 anni: nel 2004, era il 66,9. Alla forte riduzione della percentuale di chi si dice cattolico non corrisponde, però, una riduzione netta di chi ritiene importante la religione per la propria vita (si scende appena del 3 per cento), ma, anzi, si registra un leggero aumento di chi la definisce “molto importante” (l’incremento è dell’1,8 per cento). In generale, alla fede viene riconosciuta una funzione di sostegno sia psicologico che relazionale) e di guida (offre un senso, dà speranza); meno un valore di riferimento morale. La fiducia nella Chiesa crolla tra i non credenti (soltanto il 2 per cento la definisce “alta” o “molta alta”) e si affievolisce tra i praticanti, attestandosi al 39 per cento.

È quanto emerge da una ricerca realizzata dall’Istituto Iard che – su commissione della diocesi di Novara, nell’ambito del progetto Passio 2010 – ha indagato sul rapporto che le nuove generazioni di italiani hanno con la fede. Le rilevazioni sono state effettuate nella seconda metà di marzo, su un campione di mille persone, rappresentative della differente realtà del nostro Paese. Rispetto alle recenti indagini, e in particolare a quella del 2004, si osservano in particolare due fenomeni. Si tratta di una conferma e di una parziale novità. Da un lato, infatti, si rafforza la religiosità del “fai-da-te” di cui i sociologi parlano da decenni. Dall’altro si assiste a una polarizzazione delle scelte: chi rimane cattolico è sempre più convinto; quanti non lo sono mai stati o non lo sono più dimostrano una distanza maggiore dalla Chiesa di Roma, talvolta una vera e propria ostilità, pur coltivando un certo interesse per la dimensione spirituale. Fanno irruzione in questo delicato campo meccanismi tipici del tifo calcistico. O di qua o là, con una passione da ultrà.

da un articolo di Famiglia Cristiana

IL MEGAFONO DELLA CARITA'

Il megafono della carità
.......................................................Prima parte.............

Riccardo, 40 anni, non ha mai avuto una ricetta precisa. Anzi, sin dai primi mesi di vita dei suoi due figli maschi, che oggi hanno 14 e 15 anni, ha sempre pensato che, per non farsi travolgere dalla responsabilità di padre, la cosa migliore fosse vivere ciascuna giornata affrontandone di volta in volta gioie e problemi. «Di una cosa, però, sono sempre stato sicuro», dice. «Mai come mio padre. L’ho deciso sin da piccolo, quando la mammami diceva di mettermi tranquillo e stare zitto perché stava arrivando papà dal lavoro o quando, la domenica, speravo che ci fosse un po’ di tempo per me e invece dopo la Messa e il pranzo con i nonni, le ore passavano e lui dormiva “perché era stanco morto per il lavoro”. Alla fine la mamma mi portava ai giardini e mi comperava il gelato oppure mi dava i soldi per il cinema dell’oratorio... Tutto bello, ma mi sarebbe piaciuto fare qualcosa con lui, invece di avere solo ricordi di una sgridata o una faccia scura. In fondo, però, gli devo dire grazie: anche un esempio negativo può diventare positivo, se ti spinge a fare qualcosa di buono». Continua Riccardo: «Non so che bilancio faranno un giorno i miei bambini su di me, ma per ora mi basta sapere che mi sono posto queste domande: come devo fare il padre? Quali errori devo stare attento a evitare? Come arrivano a loro le mie parole e i miei gesti? E, soprattutto, conosco il mio rischio educativo? Certamente non sarò mai troppo distante e severo, ma forse potrebbe accadere il contrario...». Riccardo, e molti altri papà tentati di limitarsi a un ruolo da rassicuranti “mammi”, non mancheranno di essere provocati dal libro di Cladio Risé, Il padre, della serie “L’arte di educare”, acquistabile questa settimana con Famiglia Cristiana. Non si può dire che il noto psicoterapeuta abbia usato toni morbidi per mettere in guardia da una “società senza padri” e per sottolineare l’estrema urgenza che i papà riprendano un ruolo differenziato da quello delle madri, e quindi divengano capaci di accettare, cercando di dargli un senso, anche le prove, le perdite, le difficoltà della vita dei propri figli. Preoccupazioni, domande, dubbi che, da parte degli uomini (e non solamente delle più ansiose mamme), del resto, sono resi ancora più evidenti dal fiorire di scuole, corsi sul fare i genitori e anche dalla molta manualistica sul tema. Un bisogno di consigli che è ben presente ad Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta ed esperto di prevenzione in età evolutiva, che ogni sabato mattina, dal 2006, conduce con Nicoletta Carbone, sulle frequenze di Radio24, Questa casa non è un albergo!, l’unico programma radiofonico dedicato alla relazione tra genitori e figli. Il libro che porta il medesimo titolo (uscito in questi giorni per Kowalski), è definito nell’introduzione «una guida per genitori sull’orlo di una crisi di nervi alle prese con il peggiore degli incubi: l’adolescenza dei propri figli» ma, nonostante la premessa, è attraversato da quel ritmo positivo, curioso e allegro, che caratterizza la trasmissione. «Nessuno di noi ha la presunzione di avere la ricetta magica per fare il padre. Non c’è manuale, né corso che tenga. Non c’è un bric-a-brac del genitore moderno, un banale “fai così o cosà”, ma che ci sia in giro una nuova generazione di papà, desiderosi di capire, di essere diversi dai propri padri, è sotto gli occhi di tutti. Le migliaia di telefonate, contatti, e-mail, messaggini che abbiamo ricevuto alla radio e che hanno dato vita a una grande comunità virtuale, ma anche tutti gli incontri che ho grazie alla mia professione e all’essere padre di quattro figli di nove, sei, tre e un anno, mi ha portato a comprendere sempre più quanto sia importante pensare all’essere genitori come a un capitale sociale e quindi alla necessità di fare molto di più per aiutare padri e madri, a cominciare dall’imparare a parlare tra di noi per non sentirsi spiazzati e disorientati di fronte alla crescita dei figli. L’auto-aiuto tra genitori è il primo passo, insieme con la confidenza nella coppia, il primo luogo in cui occorre parlare dell’educazione dei figli». Condividere tra genitori dubbi e problemi è certamente un fatto più semplice che parlare con i figli, soprattutto quando da profumati e affettuosi bambini si trasformano in trascurati e malmostosi adolescenti. Ma Alberto Pellai, che tra i diversi “esperti di educazione” noti al pubblico si distingue per la concretezza delle osservazioni e la ricchezza degli esempi di vita vissuta, sa dare suggerimenti pratici, come la “movieterapia”: «Si vede un film insieme e poi, senza fretta – senza bisogno di dar vita a un cineforum familiare – se ne parla, se ne commentano la storia e i diversi protagonisti... È più facile che si riesca a fare un discorso così che in altro modo. Oppure, ci si può divertire a commentare “le cose da fare” e quelle “da non fare” per vedere se tra adulti e ragazzi si hanno opinioni simili o meno. Ma per intavolare questo rapporto non ci si può certamente svegliare quando il figlio ha i primi brufoli. Occorre mettersi in moto quando ancora si spinge la carrozzina».

Fine prima parte ............................segue

giovedì 22 aprile 2010

Il megafono della carità
........................................................Seconda parte.....


Convinto che a fare i papà si impari sin dai mesi della gravidanza, Pellai ha ideato per le edizioni San Paolo una collana che accompagna gli uomini sin dalla notizia che è in arrivo un bambino: «Fino a poco tempo fa, tutta l’attenzione era incentrata sulle madri, mentre bisognerebbe riflettere sul fatto che oggi c’è ancora più bisogno di papà, perché le mamme lavorano fuori casa e quindi hanno meno tempo rispetto alle casalinghe, ma anche perché i rischi che i ragazzi corrono in questa società sono di gran lunga superiori al passato, in quanto si sono abbassate le soglie della trasgressione». Inutile dire che anche Alberto Pellai è un sostenitore della necessità di imparare a “dire no”: «Molti padri ammettono che non ne sono capaci perché non sopportano il dolore o la rabbia che un loro divieto può produrre. Ma, andando più a fondo nella questione, è chiaro che non sanno tollerare la frustrazione di sembrare un padre cattivo agli occhi dei figli, pensando che dando tutto saranno amati sempre e incondizionatamente. Sono alcuni di questi papà che, se vedono un problema, preferiscono affidarsi a uno specialista, a tirarsi fuori dal gioco, cosa che è un atteggiamento opposto a quello delle mamme, che prima di tutto “sentono” con la pancia».


Articolo di Luciano Scalettari pubblicato su Famiglia Cristiana

martedì 20 aprile 2010

PERCHE' CREDERE?


In questi giorni sto leggendo un libro intitolato "Perchè Credere" sottotitolato con " Dialogo con i cercatori di Dio", un libro scritto da Josè Antonio Pagola.
In questo libro si tratta l'argomento dell'abbandono della fede e di Dio da parte di persone che l'hanno avuta e l'hanno conosciuto magari nei primi anni di età.
L'autore sostiene che molto spesso chi si ritiene AGNOSTA ovvero non credente, sia una persona che non vuol porsi il problema di Dio dopo che per vari motivi, e nel corso degli anni, hanno abbandonato la fede, mettendola da parte.
Le motivazione di chi dice d'aver perso la fede sono le più varie come, "Non sono più sicuro di niente" oppure "Non abbiamo avuto tempo per tutto questo" o "Dovevo lavorare o studiare" etc., etc..
Altri hanno lasciato la fede perchè dicono di essersi trovati abbandonati e maltrattati dalla vita, e per ultimo ma non per questo meno motivata la causa è da ricercarsi nella colpa delle gerarchie eclesiastiche e in generale dal potere temporale della chiesa nella gestione troppo materialistica e poco spirituale della fede e del culto.
Una mia riflessione è che molte persone, forse la quasi totalità, si muovono tanto, parlano in continuazione, ascoltano poco, lavorano intensamente, sono sempre di corsa, ma in realta non vanno da nessuna parte.
"Non hanno meta né cammino".
Naturalmente, se una persona non ha mai creduto,non può minimamente sapere cosa significhi credere in Dio.
Gli Agnostici, tra di noi, sono molto pochi anche se in tanti si professano tali. Infatti l'Agnostico è quello che ricerca e indaga sinceramente sul mistero della vita, non trovando motivi sufficienti per credere in Dio.
Invece la maggior parte di chi si dice agnosta dimentica semplicemente chi è Dio, e non fà nessun percorso per cercare Dio, o meglio ancora si comporta e pensa senza la volontà di cercare la reale verità.
Continueremo queste considerazioni mano a mano che scorrerà la lettura del libro, e troverò nuovi spunti di riflessione.

lunedì 19 aprile 2010

Il Rigassificatore OLT al largo della Meloria


Da un Dossier dei Verdi di Livorno risulta che:

Quantità di energia enorme paragonabile a quelle di diverse bombe atomiche

Alcuni tecnici del Comitato hanno preso in considerazione una gasiera più piccola di quella prevista
(82 mila metri cubi di LNG liquido, ovvero 41 mila tonnellate) ed hanno calcolato che corrisponde ad
un’energia totale di circa 25 bombe nucleari di Hiroshima, come quantità di energia totale
equivalente. Ovvio che la liberazione di energia in funzione del tempo, ovvero la potenza media,
sarebbe molto minore di quella sprigionata da un ordigno nucleare, poiché i tempi su scala atomica
(tipici degli esplosivi tradizionali) in relazione a quelli su scala nucleare sono molto più lunghi, circa di
1 milione di volte. Ci si può aspettare quindi una potenza distruttiva massima dell’esplosione
eventuale di una nave LNG di 4 ordini di grandezza inferiore (diecimila volte meno potente), ma con
un’energia totale liberata 25 volte superiore a quella della bomba dell’ ‘Enola Gay’. L’evento di
Hiroshima ha scatenato venti di circa 300 nodi (circa 550 km/h). Nel caso di distruzione della gasiera,
ad esempio da parte di un attacco terroristico, ci si aspettano venti circa 20 volte più deboli, ovvero
intorno ai 25 nodi, che impiegherebbero a raggiungere le città circa 30 minuti, non si avranno
radiazioni nucleari e nessun ‘impulso elettromagnetico, ma, in compenso, il picco del fenomeno non
si esaurirebbe in pochi secondi, ma potrebbe durare molto di più, con devastazioni energeticamente
25 volte superiori a quelli di Hiroshima.
Queste tesi sono confermate anche da uno studio preparato per il Pentagono nel 1982 (allegato alla
petizione del Comitato del febbraio 2006 che ha raccolto 7000 firme) che afferma che l’energia
sprigionata da una gasiera con un serbatoio di 125 mila metricubi sarebbe equivalente a 55 bombe di
Hiroshima prive di radiazioni.
Possibile effetto domino, in caso di esplosione con altri siti ad alto rischio come i depositi costieri di petrolio e raffinati, la raffineria di Stagno, e non ultimo la base militare USA di Camp Darby.

sabato 17 aprile 2010

RAIMONDO VIANELLO s'è ne andato l'ultimo di una sana comicità.


E' stato tra i primi attori del film commedia di quella Italia e sicuramente tra i primi personaggi della giovane Televisione.
insieme a Tognazzi ha interpretato una miriade di personaggi interpretando, nella coppia, quasi sempre la spalla più colta, elegante, e socialmete più evoluta; mi rimarra sempre in mente lo sketch del giornalista Tv che và a intervistare il montanaro della Val Trompia che sta creando uno stuzzicadenti da un tronco d'albero. Credo che Lui e Tognazzi siano stati tra le più grandi coppie del varietà Italiano.
Che dire poi di tutta la sua attività con la nuova compagna, ovvero quella con la moglie Sandra Mondaini, in questa caso invece ha sempre interpretato la parte del marito insofferente e cinico, nei confronti della moglie.
La sua comicità, talvolta pungente, è comunque sempre stata elegante, intelligente,senza mai una parolaccia, e sempre alla ricerca di nuovi filoni di umorismo.
Raimondo Vianello aveva poi, un'altra grande passione quella dello sport e ancor più del calcio. Estimatore dalla giovinezza del grande Torino ha sempre saputo trattare e criticare gli eventi sportivi con grande arguzia, preparazione, ed equilibrio tanto da condurre programmi sportivi, e successivamente essere invitato come commentatore fisso nei dopo partita degli incontri di coppe internazionali.
Vianello ha anche preticato a livello amatoriale il calcio giocando fino a tarda età dopodichè ha allenato e fatto il dirigente di squadre giovanili e amatoriali.
Rimarrà sempre nei nostri cuori come il Signore dell'umorismo Italiano.
Ciao Raimondo un bacio di tutto cuore, con Te se nè andato non solo un ottimo e amato artista ma anche un padre, un nonno di tutti noi amato per la sua umanità e bontà.

giovedì 15 aprile 2010

DAGLI ORIENTAMENTI PASTORALI DELLA NOSTRA CHIESA


" Li invio a due a due davanti a sè"

Il cristiano non appartiene al mondo, ma vive nel mondo e col mondo è chiamato a confrontarsi quotidianamente con uno stile di vita coerente con il vangelo nella fraternità verso tutti e favorendo l'incontro con ogni persona nei luoghi di lavoro e di studio, di ritrovo e di impegno comune con sobrietà ed essenzialità, con attenzione ai bisogni degli altri, occulatezza nell'impiego del denaro e nella cura del creato ......

....Dobbiamo purtroppo registrare una sempre più evidente disaffezione verso la politica e il servizio alla "res publica" e non sempre per mancanza di buona volontà o di disponibilità al servizio del bene comune da parte delle singole persone. Spesso, infatti, lo stile espresso da coloro che sono ritenuti "addetti ai lavori" non avvicina i cittadini alle istituzioni, ma semmai ingenera sospetto e prese di distanza....

PERMESSO ZTL


Siamo alle solite, tutti gli anni dobbiamo rinnovare i permessi Ztl presso la municipalizzata Pisamo , permessi rilasciati per il nostro lavoro quotidiano. Bene tutti gli anni siamo costretti a perdere ore e ore di lavoro per effettuare il rinnovo quando basterebbe collegarsi ad un sito Internet e fare tutto dall'ufficio pagamento compreso. Mi domando oggi in una societa' super tecnologica come dovrebbe essere la nostra e' mai possibile che un ufficio amministrativo , in parte comunale, debba sempre utilizzare superate procedure burocratiche? Potrei capire per un nuovo permesso, dove occorre verificare i necessari documenti, ma per un rinnovo non riesco a capirlo. O meglio capire si capisce, "dove li metto tutti gli impiegati, quasi per la totalita' ex impiegati comunali e/o ex vigilesse? E poi si parla di ridurre i costi della spesa pubblica, tutte parole inutili. Una volta si diceva " Peccato, tutte braccia tolte alla campagna"

L' ISOLA DEI FAMOSI


Questa sera mentre stavo lavorando mi è capitato di ascoltare l'audio che corredava le immagini del programma L'Isola dei Famosi. Ammetto che le prime edizioni l'ho seguite anche se in maniera non continuativa, e forse per la novità, forse per migliori protagonisti, la trasmissione non mi sembrava male.
Adesso però quello che ci propinano è veramente squallido e talmente povero d'idee e contenuti che secondo me ci prendono tutti per dementi. Gli argomenti sono talmente banali, e i personaggi nello studio sono decisamente scarsi con la presunzione di voler dire delle certezze che sono invece infantili congetture.
Sarebbe meglio che decidessero di farla finita o trovare una nuova formula.

domenica 11 aprile 2010

Caro Dottore, ogni bambino concepito diventa "adorabile"!


Ho trovato su Internet questa lettera e la riporto volentieri perchè ritengo possa essere d'aiuto a chi, credente o no, abbia dubbi e preoccupazioni, che potrebbero rendere insostenibile il tempo della gravidanza.


Lunedì 09 Giugno 2008
Premessa:
In attesa del terzo figlio, ad una coppia di sposi, viene comunicato che esiste un'elevata probabilità (basata sullo screenig prenatale) che il bambino, da loro concepito, possa nascere con una grave malformazione congenita o che addirittura non riesca a terminare la gravidanza. Di fronte alle obiezioni scientifiche che suggerirebbero l'esecuzione immediata di un successivo esame diagnostico (villocentesi) ma pericoloso per il feto, Paola decide di scrivere una lettera al suo ginecologo. E ne scrive poi una seconda in prossimità del parto (che non riesce però a consegnargli) quando l'unica presunta patologia fetale rimane la sindrome di Down. Sono due preziose testimonianze di fede e amore, due catechesi che spiazzano il medico destinatario delle due missive. Ciò che raccontiamo è accaduto alcuni anni fa, il terzo figlio di Paola e Nicola, grazie a Dio, è nato senza nessuna malformazione.
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Caro Dottore,
mi permetto di scriverLe queste poche righe, perché, senza rubarLe tempo in studio, vorrei parteci-parLe la nostra serenità e le ragioni di una scelta che, mi pare di aver capito, forse non molte mam-me fanno.
In primo luogo, io ho capito chiaramente la situazione: c’è un’alta probabilità che il bambino possa essere malato. Quindi può accadere che debba partorire un bimbo già morto, o che morirà in breve tempo, oppure che mio figlio viva per sempre con un handicap fisico o psichico più o meno grave (con la conseguenza che dottori, cure, ospedali e problemi di ogni tipo saranno all’ordine del gior-no…).

Adesso però vedo che è vivo: sembra quasi correre, con il suo battito così accelerato. Grazie alla mia pancia, almeno per un po’ ancora (nel peggiore dei casi), può continuare a vivere. Perché pro-prio io, che sono la sua mamma, dovrei negargli quel poco di vita che gli è stata data da vivere? Forse perché mi risulta insopportabile l’idea che debba morire, l’idea di celebrare un funerale in oc-casione proprio del “lieto” evento della nascita, oppure l’idea che sia diverso dagli altri, “malato”... Ma la soluzione, di fronte a questo dramma della vita, può mai essere quella di ucciderlo adesso? Si è disposti a fare di tutto per accompagnare un figlio nella vita: l’istinto materno mi fa sembrare pre-zioso ogni secondo della sua esistenza. E’ questo il punto: che questo atteggiamento mi pare norma-le, non eroico o eccezionale!

E poi la mia salute psichica: dentro la fatica e il dolore (magari anche nell’insofferenza, debolezza comprensibile in tanti casi!) io andrò a dormire con il cuore in pace, con il cuore leggero. Una mamma che sceglie l’IVG credo che si ritrovi a vivere il tutto come una specie di incubo che però non finisce con l’atto dell’aborto. Cercherà di convincersi di aver fatto la cosa giusta, forse in molti momenti ci riuscirà anche: ma il cuore veramente in pace non lo avrà mai!

Poi l’altra questione: forse come genitori avremmo il dovere di non far nascere un bambino malato, in quanto lui stesso potrebbe dirci che la sua vita non meritava di essere vissuta, che avremmo fatto meglio ad eliminarlo subito.

Innanzitutto mi sembra che sia lo Stato a suggerirmi questo, perché se effettivamente nascessero tutti i bambini malati che vengono concepiti (immagino moltissimi, perché l’età delle mamme è sempre più avanzata) ci sarebbe un vero tracollo del nostro sistema sanitario, ancora assistenziale. Oggettivamente il nostro Stato non si può permettere di provvedere a tanti bambini malati, voce as-solutamente passiva del bilancio. Ma, onestamente, la cosa non mi interessa: non rinuncio alla vita di mio figlio per ragioni di bilancio pubblico (scarsa coscienza civile?). Per inciso, so anche che molte spese graveranno sulle nostre spalle. Lo Stato comunque non parla chiaramente, non dice che si tratta di una pura e semplice questione organizzativa ed economica. Fa parlare il bambino met-tendogli in bocca delle parole sulle quali mio figlio potrebbe (almeno con il beneficio del dubbio!) non essere assolutamente d’accordo.

Mi sembra evidente una cosa: ogni essere umano vive per essere felice. Nella vita può capitare di tutto, vediamo molti bambini sani che non sono per niente felici. Specialmente nella fase adolescen-ziale, ma anche prima, manifestano in maniera assolutamente assurda la loro insofferenza nei con-fronti della vita; la disprezzano apertamente, anche se è una vita sana, senza problemi. Questo può accadere anche a un bambino-adolescente malato, magari a maggior ragione, perché non può appar-tenere al “branco” e fare la vita “da sballo” degli altri. Ma ci sono tanti bambini malati felici, forse proprio perché malati non danno per scontate tante cose. Sono contenti di vivere perché hanno capi-to il valore delle cose. Per un bambino, molto dipende da chi si ritrova intorno; è il contesto umano che lo può rendere felice o infelice, consapevole o inconsapevole del valore della sua vita. Se una mamma tratta il proprio bimbo come uno sbaglio della natura o come un suo errore, sarà difficile che il bambino da solo riesca a capire che può essere felice, come e più degli altri. Quindi, come si fa a presupporre che il destino di un bambino malato sia necessariamente l’infelicità? Oggi come oggi, mi sembrano molto più segnati i destini di troppi figli sani.

Tornando a me e Nicola: penso che il nostro bimbo possa stare abbastanza tranquillo. L’abbiamo desiderato tanto, cercheremo di volergli tutto il bene di questo mondo, così come cerchiamo di fare con gli altri due. E speriamo in bene. Forse sbaglieremo, sarà difficile, magari non ce la faremo, ma è un rischio educativo che un genitore deve essere disposto a correre.

Ma non è umano tutto questo, non dovrebbe essere normale?

Paradossalmente, in questi giorni - a parte la notte immediatamente dopo la notizia della probabile malattia (perché è pure umano soffrire se sai che il tuo bimbo probabilmente è malato) - ho pensato di più, mi sono vista più preoccupata per il destino degli altri, di quelli non desiderati, di quelli non voluti soltanto perché sono malati. Di come sia assurdo che non possano dire la loro a proposito del-la vita. Per loro non posso fare niente, ma a questo punto mi pare doveroso almeno difendere il mio bimbo.

Avrà capito che dietro a queste riflessioni c’è una viva, seppur piccola, esperienza di fede. E’ vera-mente importante questa nostra fede, perché la salvezza che ci promette non è solo quella dopo la morte (che comunque non è poco), ma è soprattutto la salvezza della nostra vita concreta e della no-stra umanità. Peccato che la fede sia vista come un accessorio, uno svago come tanti altri, come il rifugio delle persone deboli. Non è così. La fede, ad esempio, può salvare una cosa come l’istinto materno, che è qualcosa di bello e molto umano.
Ma l’ultima obiezione potrebbe essere: “Ecco, tu non sei un animale”, devi riflettere, non essere stupida, sfrutta il progresso che la scienza ti offre, non devi procreare irresponsabilmente come gli animali!

Proprio per concludere: è quasi vent’anni che coltivo una gran passione per la scienza (nel mio set-tore fisico-matematico) e spero davvero che la ricerca continui ad impegnarsi per garantire a tutti sempre più vita, sempre più cure e possibilità di prevenzione delle malattie. Adesso non mi sembra che faccia molto onore alla scienza sopprimere un paziente (il feto) soltanto perché non è ancora in grado di curarlo. Sicura di non essere affatto irresponsabile, sono disposta anche a farmi dare della stupida, piuttosto che interrompere la vita del mio bambino.

Mi fermo, perché non vorrei averLa stufata con le mie riflessioni. Però è anche giusto fermarsi a ri-flettere, specialmente quando c’è di mezzo la vita di un bimbo. Così avrà compreso le ragioni della nostra scelta, che mi sembra semplicemente “umana”. Siamo convinti che vorrà continuare ad assi-sterci, come ha sempre fatto, con tanta premura, disponibilità e gentilezza, anche in questa scelta.

Vorrei poi alleggerirLa del peso di comunicarci eventuali brutte notizie (magari vedrà qualcosa nel-le prossime ecografie…). Non si preoccupi per noi, avremo ovviamente umanissime reazioni, ma non ci dispereremo!!!

Con tanta stima e gratitudine

Paola e Nicola

Pubblicato da Mariagloria

Seconda lettera di Paolo e Nicola al Dottore.


Caro Dottore,
dato che il parto è vicino (si spera), la volevo ringraziare di cuore per tutto. E le volevo chiedere un ultimo regalo.

Abbiamo detto che con i vari controlli ecografici dovremmo avere escluso le anomalie cromosomi-che più gravi, mentre rimane alta la probabilità che il nostro bimbo abbia la sindrome di Down. Questo si saprà al momento del parto e potrà accadere che la probabilità si trasformi in certezza. Se sarà presente al parto, forse sarà proprio lei a dovercelo comunicare. Per fortuna lei sa bene che questo fatto è solo un dettaglio e che la gioia di prendere finalmente fra le braccia il nostro bimbo non sarà minimamente turbata dalla notizia.

Ecco quindi il piccolo regalo che le chiedo: che condivida pienamente con noi questa gioia.

Mi scusi se mi permetto di chiederle questo. Per noi sarebbe veramente prezioso poterla condividere con lei. Forse lì in ospedale lei sarà l’unico con cui condividerla. Com’è prevedibile, si potrebbe venire a creare un clima di facce serie o tristi. Perfino genitori e suoceri, se saranno presenti, inco-minceranno a piangere o diventeranno tristi (e Dio solo sa se mai finiranno di esserlo!). E così que-sto nostro bimbo verrà privato senza motivo dell’entusiasmo che accompagna ogni nascita.

Eppure ci saranno buoni motivi per essere allegri esattamente come al solito; come tutti i bambini, il nostro bimbo si sazierà dell’amore sincero con cui verrà accolto. Noi ce ne prenderemo cura come ogni genitore fa con i suoi figli, occupandoci di tutti i problemi (più o meno gravi) che un figlio può avere. Non c’è di che avere paura, non c’è di che essere tristi; non ci sono particolari nuvole nere all’orizzonte, né per noi, né per lui.

Paradossalmente, si dovrebbe essere più felici per la sua nascita, più che per la nascita di un bambi-no “normale”. Basterebbe pensare al fatto che se questo bimbo fosse finito in un’altra pancia, non sarebbe forse riuscito a nascere. S’immagini con quale gioia una mamma deve aver riabbracciato un figlio fuggito o sopravvissuto a un campo di sterminio: non certo con la solita gioia! Allo stesso modo la nostra felicità sarà veramente grande.

In un certo senso, se il nostro bimbo fosse davvero malato, io quasi ci vedrei una manifestazione di “predilezione” da parte del nostro caro Padreterno… Al primo sospetto di malattia, quando mi sono immediatamente chiesta: “Perché proprio a me?”, la risposta l’ho trovata subito: perché di noi si può fidare!!! Ci ha già donato talmente tanto nella vita (e ancora continuerà a farlo), che si può permettere di farci questo “dono difficile”, sa che noi comprendiamo quanto è grande, sa che non dubitiamo di Lui, sa che possiamo essere in grado di vivere questa circostanza con il suo continuo dono.

Certo, è davvero assurdo il pregiudizio razziale nei confronti di questi bambini Down! Come se un bambino non fosse un bambino e basta: il fatto che sia in qualche modo malato, non dovrebbe farci aprire di più le braccia e il cuore? Com’è possibile che non risulti evidente che tutti i bambini sono uguali? Che senso ha distinguere quelli normali dagli altri? Anche tutti quelli normali sono diversi fra di loro; insegno a scuola da un po’ e ho avuto modo di studiare attentamente le loro diversità. C’è chi ci stupisce per una cosa, chi per un’altra… ognuno ha un fascino particolare, a volte anche nella miseria di quelle che chiamiamo abilità o capacità. Una società democratica non dovrebbe fare troppa fatica a riconoscere questa uguaglianza. Certo che ormai questa nostra cultura, di democrati-co, ha proprio solo il nome!

Qui la fede non c’entra proprio. Che tutti i bambini sono uguali (o che un feto e un bambino sono la stessa cosa) è un’evidenza della ragione, un fatto che bisognerebbe solo “vedere”. Ma ormai la ra-gione, che tanti sbandierano ad ogni occasione, in realtà è stata brutalmente sedata e immersa in un sonno profondo. E “genera mostri”! Oggi come oggi, vivere una dimensione religiosa sana e auten-tica è forse l’unica esperienza in grado di riattivare l’uso della ragione, di restituire alla vita quelle caratteristiche “normali” e “umane” che pare avere perso…

Invece tanti dicono che i cattolici sono oscurantisti! Che strano siano spesso gli unici ad affermare con forza l’uguaglianza fra i bambini! Strano che sia proprio la fede a garantire un atteggiamento ragionevole e pienamente umano di fronte a questi piccoli. Per chi crede, si aggiunge qualcosa in più, perché l’uguaglianza si rivela molto più radicale; ogni volta che nasce un bimbo è Natale. Ogni bambino concepito diventa “adorabile”!!!

Continua a sembrarmi strano che la gente pensi che chi ha fede abbia semplicemente dei valori o degli ideali da seguire; evidentemente del cristianesimo non ha mai capito o non ha mai voluto capi-re nulla. Da quando il Mistero della vita e del mondo ha avuto l’intuizione geniale di rivelarsi, di “incarnarsi”, tutto è diventato semplice: il mistero stesso mi può parlare, abbracciare, stringere la mano, amare concretamente (perfino carnalmente visto che sono sposata!). Un cristiano è una per-sona davvero tanto concreta, un sano materialista: abbracciare un bambino o pregare sono la stessa cosa.

Io e Nicola, quando ci siamo sposati, abbiamo scelto un salmo che ci accompagnasse per tutta la vita. Si tratta del salmo “Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente”; il cuore e la carne effettivamente hanno esultato spesso, in modo speciale alla nascita dei nostri bambini. E anche questa volta sarà così. E la nostra speranza è che ogni persona scopra quel tanto o poco di fede che basta per non perdersi la bellezza della vita.
Speriamo che questa piccola nostra fede ci accompagni per i prossimi anni: una fede che ci servirà tanto, non solo per relazionarci con i nostri figli, con i loro problemi o con i nostri amici, ma con tutti gli altri (genitori compresi, quasi certamente). Forse i problemi più grossi infatti sorgeranno in tal senso.

E’ triste pensare che per qualsiasi mamma il fatto di prendersi cura di un bimbo con la sindrome di Down non sarebbe probabilmente di per sé un gran problema. Il vero problema, quello che scorag-gia e conduce alla decisione sofferta e disumana di eliminarlo prima di nascere, è il dover affrontare quotidianamente (e per tutta la vita) i pregiudizi e la stupidità della gente che ci circonda.

Non è tanto la forza di affrontare i problemi legati alla sindrome di Down che ci potrà venire a mancare, quanto la forza di rimanere con carità in mezzo a questa gente. Noi cercheremo di far ve-dere, di spiegare, ma forse nessuno vorrà vedere o ascoltare. Così dovremo fare un continuo lavoro, una fatica continua, di cui nemmeno vedremo particolari esiti. Noi siamo proprio persone come gli altri, fragili come loro. Ci stancheremo in questo lavoro, ci arrabbieremo, magari tenderemo a chiu-derci. Speriamo tanto che questo non accada. E poi ci sono sempre i nostri stessi pregiudizi e la no-stra stessa stupidità in agguato; anche a me non è forse capitato di vedere un bambino Down e di pensarlo per un attimo inferiore a mio figlio? Non mi capiterà di essere triste a causa del suo ritardo mentale, dato che proprio io ho sempre tenuto tanto ad essere la prima della classe sia quando stu-diavo sia poi sul lavoro? La mia fragilità e la mia povertà salteranno fuori sul più bello, chissà quan-te volte. Ma so anche che posso contare sempre sull’aiuto di Qualcuno, che può rimediare a tutto. Quindi ci sono tante ragioni per sperare in bene.

Basta, l’avrò annoiata! Mi avrà sopportato? Spero di sì…

Un’ultima cosa: volevo dirle che lei è proprio una gran bella persona, una persona speciale. Si vede che dona le sue intere giornate a far nascere i bambini e ad assistere le mamme; è così bello vedere una persona che dà la vita per farli nascere, i bambini… Tutta la fatica che fa è per stare in un posto davvero privilegiato, che le consente di vedere il mistero della vita che si forma, si sviluppa e nasce, in continuazione. Da questa posizione privilegiata è davvero uno dei pochi che può “sentire” quello che le ho scritto.

Così, tornando al regalo, certa che me lo farà, la abbraccio anticipatamente!

Paola e Nicola


Pubblicata da Mariagloria

Montenero Domenica mattina


Questa mattina abbiamo deciso di andare a Montenero, considerando la bella giornata di ieri, abbiamo deciso di salire a piedi da Piazza delle Carrozze lungo la salita della vecchia strada che da Montenero basso porta al Santuario. La novita' inattesa e' stata invece il tempo meteo, siamo ricaduti nuovamente in una giornata invernale, acqua,vento e freddo.
Pertanto, dopo la S.Messa, siamo scesi con la funicolare e tutto sommato e'stata una bella esperienza.
Temperatura 5° e nevischio non c'e' male considerando che ieri "Tutti al Mare" eravamo a 21°, proprio il caso di dire "non ci sono piu'le stagioni come una volta.

sabato 10 aprile 2010

SE LA BARCA VA IL MERITO E' DEGLI STRANIERI


Questo è il titolo di un articolo che ho letto oggi sul Tirreno nella pagina Società & Cultura. L'articolo commentava un libro di un giornalista,tale Riccardo Stagliano, che si intitola " Grazie", in questo libro vengono riportati alcuni dati ufficiali molto interessanti sull'apporto della comunità straniera in Italia, sia regolarizzata che clandestina.
Visto il grande successo della Lega nelle ultime elezioni Regionali, Provinciali e Comunali che ha praticamente fatto suo il Nord e si è infiltrata fino in Toscana, lo scrittore parte con analizzare lo sport più popolare il Calcio, bene pensate che se domenica prossima non scendessero in campo gli stranieri, sarebbe un disastro. Perchè?? semplice un terzo dei giocatori della serie A italiana sono stranieri ovvero 322 giocatori su 933, quindi ne deduciamo che mettere insieme molte squadre sarebbe difficile. Successivamente l'autore verifica altri dati statistici più seri come il Pil nazionale che dipende per un bel 10% dall'apporto del lavoro degli stranieri, regolari e clandetini, e che 1 famiglia su 10 ha una badante straniera.
Non ci sono categorie che non necessitano del lavoro straniero infatti anche gli Ospedali, le Chiese e quasi tutti i lavori di manovalanza per esempio sono oramai da anni supportati da stranieri; purtroppo diciamocelo tranquillamente certi lavori gli italiani, ed in particolare i giovani, non vogliono più farli; pensiamo in agricoltura nella fase di raccolta, come in Trentino per le mele, in Campania per i pomodori, la concia delle pelli in Veneto, i camionisti nel Nord-Est, sempre in Campania i bufali e i bovini in genere, continuando a non finire.
Il perchè la Lega è vincente soprattutto nelle classi sociali più popolari, e che oltre tutto cavalchi spesso il fenomeno della presenza di stranieri ed in particolare gli extracomunitari,è proprio perchè molti imprenditori italiani, loro conterranei per giunta, utilizzano gli stranieri, spesso al nero e sotto pagandoli facendo guadagni impensabili precedentemente.
Non parliamo poi dell'utilizzo della mano d'opera da parte della criminalità organizzata che se ne serve soprattutto per i loro traffici e il loro Business.
La cosa veramente strana ed eccezionale è che proprio noi italiani siamo stati tra le più grandi masse di emigranti in tutto il mondo, e con l'altrettanta esportazione della nostra malavita, consideriamo la mafia negli Stati Uniti d'America.
Quindi pensiamoci sopra un pò, e prima di esprimere concetti fuori del tempo e soprattutto cretini, ricordiamoci dei nostri antenati, e del famoso modo di dire di nonno Banfi:" Ricordati che quello che io ero, tu sei, e quello che io sono tu sarai", meditate gente , meditate!!!!.

venerdì 9 aprile 2010



"Io non ho mai fatto sesso con bambini: non sono così religioso."
Beh!!! questo Luttazzi poteva evitarla, è troppo scontata. L'umorismo e la satira deve essere più fine, soprattutto deve risultare meno generalista e profondamente costruttiva come del resto lo deve essere la critica, altrimenti è solo volgare spazzatura al pari delle dichiarazioni di Berlusconi e Soci. Con questo tipo di satira chi la fà si pone al loro piano. Mi spiace ma è così, non può essere tutto autorizzato coprendosi sotto l'ombrello della satira e dell'umorismo, in questa maniera diamo modo di farci definire offensivi e privi di idee e contenuti.

giovedì 8 aprile 2010

Stati d'animo


Che giornata oggi. Notizie importanti che mi mettono in grande difficoltà con me stesso e con la mia fede in Dio,e quella di cittadino democratico.
Iniziamo dal nostro Presidente Napolitano.
Il presidente ha firmato la legge sul legittimo impedimento, ovvero la legge che impedisce almeno per la durata del mandato, di presentarsi alle udienze in tribunale, nei processi dove sono imputati, o anche solo come testimoni, per tutte le maggiori cariche dello stato e del governo.
Vi chiederete perché dovrei essere in difficoltà con questa notizia, semplice ho sempre ritenuto Giorgio Napolitano un grande uomo politico, corretto, politicamente preparato, integerrimo, un grande insomma, e avrei voluto vederlo più intransigente, più combattivo, più sopra le righe, come spesso faceva il buon Sandro Pertini, l'indimenticabile nostro Presidente e padre della Nazione, ma così a mio modesto parere non è stato.

La seconda notizia è quella della pillola RU 486, la pillola abortiva, che da oggi è ufficialmente entrata in servizio presso le cliniche di tutti gli ospedali italiani.
Se da una parte può risolvere casi particolari e forse con un sistema meno traumatizzante e invasivo, almeno dal punto di vista fisico, non certo per quello emotivo e psichico nelle donne, come Cristiano, credente e fortemente praticante non è, per me, assolutamente concepibile accettare questo presidio medico e soprattutto il sistema con cui si cerca di risolvere il problema della maternità indesiderata.
E' vero che le donne che vogliono abortire, da sempre, cercano e trovano qualsiasi mezzo per farlo, e quindi quello ufficializzato dallo stato è certamente quello più sicuro e controllato, e vero anche però che lo Stato dovrebbe altresì tutelante ed essere presente per il cittadino o il nascituro, sopratutto per chi vuole combattere fino all'ultimo per mantenersi ancorato a questa vita terrena. Invece la nostra sanità pubblica e lo Stato stesso, specialmente per gli anziani, i più deboli, i bisognosi non sempre è così presente e funzionale, in particolare per il supporto psicologico e propedeutico che dovrebbe mettere a disposizione.
Per le giovani madri, o per quelle bisognose di aiuto, la società poco fa per alleviare le sofferenze e le necessità che un bambino comporta con il venire al mondo, maggiormente se non desiderato, e non si venga a dire che tutto potrebbe essere parzialmente risolto se non totalmente, con la sola cultura della procreazione o dell'educazione sessuale. La gravidanza indesiderata e non voluta è sempre esistita e sempre esisterà come tutte le cose di questo mondo, come la guerra per esempio.
La guerra nessuno la vuole, nessuno la cerca, nessuno la concepisce, ma dall'alba del genere umano, e ancor prima, è sempre esistita e mai potrà essere debellata.
la nostra fede ci da la possibilità di scegliere,e concede il libero arbitrio, pertanto così come esiste il male e l'accettazione di subirlo per libero arbitrio, può esserci anche la RU486, sta a noi decidere quello che è bene e quello che è male assumendoci liberamente le proprie responsabilità di fronte a Dio e alla società civile.

L'ultima notizia e quella degli ultimi delitti che sono agli onori della cronaca in queste ultime ore, sempre più triviali e crudeli e disonoranti per il disprezzo assoluto della persona prima, e del corpo dopo. Omicidi che hanno visto soprattutto le donne protagoniste involontarie, uccise sgozzate, fatte a pezzi e disperdendo successivamente il tutto lungo strade e scarpate.
Come fa un uomo, inteso come genere umano, a concepire un simile diniego alla vita e una sua sprezzante crudeltà. Il male come si può constatare è sempre presente in ogni luogo, tempo e condizione.

martedì 6 aprile 2010

IL RIMORSO E IL RIMPIANTO


Il rimorso è il figlio maggiore, quello delle cose che sono accadute, ma che non sono andate come avremmo voluto, associabile al senso di colpa, la percezione del sentirsi la causa della rovina di qualcosa. Un tradimento durante una relazione che finisce per mandare tutto a puttane; una parola di troppo detta durante una discussione; delle chiacchiere inutili fatte alle spalle di un amico. Può accadere per qualsivoglia motivo e non è semplice evitarlo, anche applicandosi in maniera meticolosa. Sbagliare d’altronde serve a capire, comprendere e a sottrarsi alla ripetizione dello stesso errore. Qualche volta il rimorso è postumo, nel momento si crede di aver fatto la cosa migliore e solo più tardi bussa alla porta, chiede attenzione. Il rimpianto invece è il figlio minore, un senso di colpa diverso, ma che è ancora più fedele del rimorso e maggiormente dannoso. È costante come le lancette nel quadrante dell’orologio, ti ricorda in ogni attimo che se avessi tentato altre vie, ora le cose sarebbero diverse, forse migliori, magari peggiori, comunque diverse. Se avessi telefonato, se avessi scritto, se fossi stato più coraggioso, se mi fossi imposto, se avessi sorriso. Se. E dietro quel se c’è una costruzione, l’architettura di quello che sarebbe potuto essere e che non è. Non funziona così però, non si può vivere con l’ansia del come vivere, bisogna semplicemente vivere, vivere accettando che qualcosa possa non andare come vorremmo. Sognare è lecito e dovuto, ma vivere sognando quello che non è stato no, è davvero deleterio, è l’antonomasia dell’empasse, un ostacolo ad apprezzare le nuove possibilità, le alternative che abbiamo oggi e che domani non avremo più. Quante volte e per quante notti mi sono ritrovato poco prima di addormentarmi a chiedermi come poter rimediare a questa o quella cosa, per avere indietro questa o quella cosa. Non lo faccio più, perché forse sono divenuto abbastanza ponderato nell’affrontare gli eventi che di volta in volta mi capitano, perché vivere d’istinto è bello, ma il differenziarci dagli animali conta, la ragione ha una importanza non relativa. Se poi la nostra concezione di giusto va a braccetto con ciò che avvertiamo naturalmente, allora possiamo accettare di poter sbagliare e l’errore non esiste e non avremo di nuovo a che fare con i fratelli rimpianto e rimorso.
La vita domanda soltanto di essere vissuta.


Riflessione trovata su internet e fatta nostra
Mariagloria

lunedì 5 aprile 2010

CONSIDERAZIONI PERSONALI



Spesso mi domando quando avrò la possibilità di organizzare il mio tempo come desidero.
Penso all'agognata pensione, ma non credo che la cosa cambierà di molto, il mio pensiero in realtà ricorda i periodi di vacanza spensierati della giovinezza. Infatti sicuramente anche se potessi fare un lungo periodo di vacanza, la mia mente non sarebbe talmente libera come allora e le preoccupazioni e lo stress continuerebbero a condizionarmi quindi mi devo mettere l'anima in pace:" non sarò più capace di godere al massimo il mio tempo".
L'importante sarà, e me lo auguro, poter godere di quei piccoli momenti di tranquillità che potrò ritagliarmi dal solito tran-tran giornaliero.
Comunque la mia massima aspirazione sarebbe poter andare a pescare in barca da solo, ho estremamente bisogno di silenzio, e riprendere la mia vecchia passione della foto, anche in ricordo degli anni passati al C.F.A.M. con mio zio Renzo.
Si dice spesso " la speranza è l'ultima a morire" speriamo.

sabato 3 aprile 2010

UOVO PASQUALE


Il significato e la tradizione delle uova

In tutto il mondo, ormai, l'uovo è il simbolo della Pasqua. Da sempre le uova sono il simbolo della vita che nasce, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Nel paganesimo, in alcune credenze, il Cielo e la terra venivano concepiti come due metà dello stesso uovo. Greci, Cinesi e Persiani usavano scambiarsi uova di gallina come doni per le feste Primaverili, così come nell'antico Egitto le uova decorate erano regalate all'equinozio di primavera. Con l'avvento del Cristianesimo, l'uovo si legò all'immagine della rinascita non solo della natura ma dell'uomo stesso, e di Cristo. Nel Medioevo le uova venivano regalate ai bambini ed alla servitù per festeggiare la Resurrezione. Ancora oggi, in Germania e in Francia, vengono nascoste le uova nei giardini per poi invitare i bambini a trovarle. Nei Paesi Scandinavi le uova sono oggetto di giochi d'abilità ed assumono valenze particolari (andare in chiesa con in tasca un uovo nato il Giovedì Santo aiuterebbe a smascherare le streghe). In occasione della ricorrenza dei morti, celebrata il venerdì successivo al giorno di Pasqua, gli ortodossi usano ancora colorare le uova di rosso e metterle sopra le tombe, quale augurio per la vita ultraterrena. Pare che questa tradizione sia legata ad una leggenda su Maria. Si narra che la Madonna facesse giocare Gesù Bambino con delle uova colorate e che il giorno di Pasqua, tornata sul sepolcro del Figlio, vi trovasse alcune uova rosse sul ciglio. Si racconta, anche, che Maria Maddalena si presentasse all'imperatore Tiberio per regalargli un uovo dal guscio rosso, testimonianza della Resurrezione di Gesù e che Maria, Madre del Cristo, portasse in omaggio a Ponzio Pilato un cesto dorato pieno di uova per implorare la liberazione del Figlio. Già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra si fa menzione di una spesa di 18p. per 450 uova rivestite d'oro e decorate, da donare come regalo di Pasqua. Tra le più celebri uova sono sicuramente quelle che il maestro orafo Peter Carl Fabergè ricevette nel 1883 dallo zar Alessandro, commissione per la creazione di un dono speciale per la zarina Maria.

ORIGINI DELLA PASQUA

Origini e significati della Pasqua

Il termine Pasqua, in greco e in latino “pascha”, proviene dall'aramaico: pasha, che corrisponde all'ebraico pesah, il cui senso generico è “passare oltre”. Il significato effettivo della parola non è del tutto certo. Un gruppo di Padri della Chiesa d'origine asiatica (tra i quali Tertulliano, Ippolito, Ireneo) collegano la parola pascha al termine greco pàschein, che significa soffrire. Sebbene l'etimologia del termine non sia corretta, in quest'ipotesi vengono colti i significati intrinseci della Pasqua: il sacrificio e la salvezza. Per un'etimologia più esatta della parola bisogna ricorrere ad Origene ed agli alessandrini, che intendono il senso come “passaggio”. In questo caso il passaggio è attraverso il Mar Rosso, dalla schiavitù alla Terra Promessa, dunque dal vizio del peccato alla libertà della salvezza, attraverso la purificazione del battesimo. Applicata a Cristo, detta etimologia suggerisce il Suo passaggio dal mondo terreno al Padre. Un terzo gruppo di scrittori (Procopio di Gaza, Teodoreto di Ciro, Apollinare di Laodicca) suppone che l'espressione “passa oltre” si riferisca all'Angelo sterminatore, che, vedendo il sangue sulla casa degli ebrei “passa oltre”, salvando coloro che risiedono all'interno: ma, anche, al “passare oltre” alla morte da parte di Cristo. “Ci fu un'epoca nella vita della chiesa in cui la Pasqua era, per così dire, tutto” (R. Cantalamessa). La Pasqua è, infatti, la festa liturgica più importante per il cristianesimo. Commercialmente soppiantata dal Natale e da alcune tradizioni pagane più allettanti per la società moderna, la Pasqua rappresenta e celebra i tre momenti fondamentali del cristianesimo: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo. Essa si pone come nucleo del patrimonio liturgico e teologico del cristianesimo. A ciò si aggiunga che la Pasqua rappresenta il raccordo con la matrice giudaica del cristianesimo e al tempo stesso, il momento di affrancamento da tale matrice. La festa cristiana viene assunta dalla celebrazione della liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù in Egitto, festeggiata in occasione del primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera.

PASQUA

Il detto dice " Natale con i tuoi Pasqua con chi vuoi", ma non sempre è così infatti le circostanze ti condizionano la vita e i più normali desideri o aspirazioni talvolta diventano sogni irrealizzabili.
Sono quasi due anni che per motivi indipendenti dalla nostra volontà, io e mia moglie, non riusciamo ad allontanarsi per più di qualche ora da casa, e oramai qualche giorno di ferie, basterebbe un week-end, è diventata un'utopia.
Ne avremmo un grande bisogno, solo per staccare un pò dalle stesse preoccupazioni e dalla routine settimanale.
Speriamo, come si dice, che prima o poi, questo periodo di vita, possa passare ed avere un attimo di tranquillità.
La fede non manca.