La lettera di Anna
Ho sempre cercato di non pesare su nessuno. Figuriamoci sui miei nipoti che hanno già i loro figli e a cui ho dato l'appartamentino dove abitavo prima di arrivare qui. Ho scelto di lasciarlo. Che avreste fatto voi?
Ho 82 anni. Non sono tanto vecchia, ma a casa, da sola, non potevo più stare. Qualche volta mi dimenticavo di prendere le medicine, certe mattine non ce la facevo proprio a uscire e a fare la spesa e allora ho preso la decisione: un istituto specializzato per gli anziani, dove poter stare con altre persone della mia età, simpatiche. Tutto spesato, tutto garantito, senza bisogno di rifare il letto, di cucinare e senza fastidi per nessuno.
Andare via da casa mia non è stato facile. Una cosa è dirlo, altro è farlo. Ma alla fine ci sono riuscita. Per un po' non ci ho dormito: i mobili, la mia biancheria, i piatti, le fotografie al muro, gli odori, i rumori, le pentole. Quando ce li hai sembra normale, non ci fai caso. Ma se non ci sono più le tue cose, poi te ne accorgi, eccome.
Qui non mi è andata male. Da mangiare. a dire il vero, è senza qualità e qualche volta accettabile. La pulizia c'è e in teoria anche un bel giardino. In teoria, perché nel frattempo la mia salute è un po' peggiorata e senza che uno mi accompagni io, in giardino non ci posso andare. Insomma non ci sarebbe tanto da lamentarsi se non che, quando ci stai dentro, la vita va un po' tutta alla rovescia. Quello che è normale diventa impossibile. Provare per credere.
Il tempo. Dopo un po' ti dimentichi che giorno è, perché diventa tutto uguale. E' come se non ci fosse mai niente da aspettare. Neppure i programmi televisivi. Perché di televisione ce n'è una per tante persone e ognuno vorrebbe guardare un programma diverso.
Le cose. Non ci vorrebbe niente a comprare le pile di ricambio per la radio, i fazzoletti di carta, i succhi di frutta e una rivista. Niente se stessi fuori. Ora tutto questo mi arriva quando vengono, di tanto in tanto, i miei nipoti. Ma abitano lontano e io non voglio essere di peso proprio adesso.
Gli occhiali. Tutto diventa complicato, qui, per colpa di nessuno. Mi si sono rotti gli occhiali, cadendo dal comodino. E ci ho messo molte settimane per trovare chi mi accompagnasse a rifarli.
A dirla tutta, forse la cosa che più mi comincia a pesare è il fatto che nessuno, per giorni, settimane, dice il mio nome. Se non c'è chi pronuncia il tuo nome puoi avere tutto, ma è come se ti mancasse l'aria. Finirà per dimenticarlo anche io?
Allora mi sono detta: debbo reagire. Che cosa posso fare, io, ancora? Posso essere un amica. E pure un'amica fedele. Si. Se cercate un'amica venite a trovarmi. Ho del tempo e non mi disturberete. Mi interessa quello che succede nel mondo e mi piacerebbe ascoltare i vostri racconti, parlare con voi. Mi sono detta: "Un'ora di tempo". Il vostro e il mio. Per diventare amici, per contare per qualcuno. Alla faccia della solitudine.
Anna.
lunedì 24 maggio 2010
domenica 23 maggio 2010
ADDIO ALLE GIORNALISTE IN TRINCEA - LA BUSI LASCIA IL TG1 (continua l'epurazione in Rai)
Le donne del TG. Ruolo di primo piano per il vicedirettore Petruni
Addio alle giornaliste in trincea
Alle 20 arriva la giovane Chimenti
Finisce l’era delle «movimentiste», battagliere anche in riunione
Qualsiasi lettura sessista delle vicende di un’azienda di comunicazione come la Rai è sicuramente odiosa e incongrua. Ma Maria Luisa Busi lascia il Tg1 delle 20 e il notiziario ammiraglio della tv pubblica cambia definitivamente pelle. Senza sopravvalutare il peso e il ruolo di un «volto» (per ricorrere all’espressione utilizzata dalla stessa Busi come sostituto della firma nel giornalismo televisivo) il telegiornale di Augusto Minzolini non sarà mai più quello di prima.
La Busi lascia dopo la polemica sugli «scodinzolini» a L’Aquila, quando la troupe del Tg1 venne duramente contestata e la giornalista prese di fatto le distanze dalla sua testata («rispondo solo del mio lavoro»). Soprattutto lascia dopo la decisione di Minzolini di realizzare ad aprile un «ricambio» nelle conduzioni. La vittima più celebre è stata indubbiamente Tiziana Ferrario, altro volto- marchio del Tg1 (28 anni, o giù di lì, di presenza in video) con molte frequentazioni sui fronti di guerra (soprattutto Afghanistan). Da ieri cambia certamente il tradizionale «volto femminile» del Tg1. Ovvero un certo modo di intendere la propria presenza in video e di lavorare nel servizio pubblico: personalità, intraprendenza, capacità polemica.
Il prototipo assoluto fu, ai tempi, Lilli Gruber capace di condurre il Tg1 delle 20 come di percorrere l’Iran attraversato dalla crisi o di condurre battaglie sindacali («abbonato alza la voce», con tanto di raccolta di firme in giro per le città nel 1995 per sollecitare la riforma della Rai e sottrarla al dominio dei partiti) Ora il Tg1 è condotto da volti diversi, nuovi. Al posto di Maria Luisa Busi da lunedì il Tg1 delle 20 verrà condotto dalla giovane Laura Chimenti, recente acquisto del Tg, una scoperta attribuita a Clemente Mimun, già sperimentata alle 17 e recentemente alle 13.30. Accanto a lei c’è da tempo anche Susanna Petruni, conduttrice e vicedirettore con delega agli speciali. Si parla dell’imminente arrivo dalla squadra di «Porta a porta» di Cecilia Primerano, che dovrebbe avere l’incarico di seguire direttamente Silvio Berlusconi.
La fine di un’epoca è tutta qui. «Prima » i volti femminili del Tg1 erano esposti in trincea, non solo nel dibattito politico-sindacale ma anche durante le riunioni quotidiane del telegiornale (ciò che hanno scritto oggi Maria Luisa Busi e ad aprile Tiziana Ferrario nelle loro polemicissime lettere aperte al direttore e alla redazione era materia di discussione quotidiana di lavoro). Tramonta sicuramente un modo di pensare e di lavorare «movimentista», effervescente, talvolta volutamente antipatizzante (diciamo: «santoriano»?) anche verso i direttori vicini al centrosinistra. I nuovi volti femminili del Tg1 appaiono (e sono) rassicuranti e sorridenti. Nelle riunioni, assicurano i colleghi, non hanno motivi di opporsi al direttore Minzolini. Tutto questo ricambio, una simile modifica si tradurrà in un bene o in unmale per il Tg1? L’unico giudice, senza retorica, sarà veramente l’abbonato.
Articolo di Paolo Conti
sul Corriere della Sera
Addio alle giornaliste in trincea
Alle 20 arriva la giovane Chimenti
Finisce l’era delle «movimentiste», battagliere anche in riunione
Qualsiasi lettura sessista delle vicende di un’azienda di comunicazione come la Rai è sicuramente odiosa e incongrua. Ma Maria Luisa Busi lascia il Tg1 delle 20 e il notiziario ammiraglio della tv pubblica cambia definitivamente pelle. Senza sopravvalutare il peso e il ruolo di un «volto» (per ricorrere all’espressione utilizzata dalla stessa Busi come sostituto della firma nel giornalismo televisivo) il telegiornale di Augusto Minzolini non sarà mai più quello di prima.
La Busi lascia dopo la polemica sugli «scodinzolini» a L’Aquila, quando la troupe del Tg1 venne duramente contestata e la giornalista prese di fatto le distanze dalla sua testata («rispondo solo del mio lavoro»). Soprattutto lascia dopo la decisione di Minzolini di realizzare ad aprile un «ricambio» nelle conduzioni. La vittima più celebre è stata indubbiamente Tiziana Ferrario, altro volto- marchio del Tg1 (28 anni, o giù di lì, di presenza in video) con molte frequentazioni sui fronti di guerra (soprattutto Afghanistan). Da ieri cambia certamente il tradizionale «volto femminile» del Tg1. Ovvero un certo modo di intendere la propria presenza in video e di lavorare nel servizio pubblico: personalità, intraprendenza, capacità polemica.
Il prototipo assoluto fu, ai tempi, Lilli Gruber capace di condurre il Tg1 delle 20 come di percorrere l’Iran attraversato dalla crisi o di condurre battaglie sindacali («abbonato alza la voce», con tanto di raccolta di firme in giro per le città nel 1995 per sollecitare la riforma della Rai e sottrarla al dominio dei partiti) Ora il Tg1 è condotto da volti diversi, nuovi. Al posto di Maria Luisa Busi da lunedì il Tg1 delle 20 verrà condotto dalla giovane Laura Chimenti, recente acquisto del Tg, una scoperta attribuita a Clemente Mimun, già sperimentata alle 17 e recentemente alle 13.30. Accanto a lei c’è da tempo anche Susanna Petruni, conduttrice e vicedirettore con delega agli speciali. Si parla dell’imminente arrivo dalla squadra di «Porta a porta» di Cecilia Primerano, che dovrebbe avere l’incarico di seguire direttamente Silvio Berlusconi.
La fine di un’epoca è tutta qui. «Prima » i volti femminili del Tg1 erano esposti in trincea, non solo nel dibattito politico-sindacale ma anche durante le riunioni quotidiane del telegiornale (ciò che hanno scritto oggi Maria Luisa Busi e ad aprile Tiziana Ferrario nelle loro polemicissime lettere aperte al direttore e alla redazione era materia di discussione quotidiana di lavoro). Tramonta sicuramente un modo di pensare e di lavorare «movimentista», effervescente, talvolta volutamente antipatizzante (diciamo: «santoriano»?) anche verso i direttori vicini al centrosinistra. I nuovi volti femminili del Tg1 appaiono (e sono) rassicuranti e sorridenti. Nelle riunioni, assicurano i colleghi, non hanno motivi di opporsi al direttore Minzolini. Tutto questo ricambio, una simile modifica si tradurrà in un bene o in unmale per il Tg1? L’unico giudice, senza retorica, sarà veramente l’abbonato.
Articolo di Paolo Conti
sul Corriere della Sera
MESSAGGIO DI NAPOLITANO AI PRESIDENTI DELLE CAMERE (dopo la promulgazione del decreto legge sugli Incentivi)
Incentivi, Napolitano spiega: «Una firma anti-evasione»
Il presidente promulga il decreto ma scrive a Schifani e Fini: norma utile contro chi evade ma norme eterogenee
«Con fiducia e maxi-emendamenti, parlamento compresso»
Giorgio Napolitano
MILANO - Giorgio Napolitano promulga, con rilievi, il decreto legge sugli incentivi. Ma invia contestualmente una lettera ai presidente di Camera e Senato con un avvertimento chiaro: nel caso in cui dovesse persistere la tendenza «a caricare di contenuti impropri» i decreti-legge, il Colle eserciterà d'ora in avanti la facoltà di rinvio al Parlamento della legge di conversione. Una facoltà di cui il Colle non si è avvalso in questo caso per evitare il rischio della «decadenza» del decreto in questione, «che contiene - ha voluto chiarire Napolitano - disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell'evasione fiscale». Nella missiva l'inquilino del Colle esprime le sue perplessità sul decreto («norme eterogenee») e in generale sul ricorso a fiducia e maxi-emendamenti, ma poi spiega perché ha scelto di non rinviare la legge sugli incentivi in Parlamento. «Trattandosi di una legge di conversione, sono consapevole che tale richiesta, in considerazione della prossima scadenza del termine stabilito dall'art. 77 della Costituzione, comporta il rischio della decadenza del decreto-legge, che contiene disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell'evasione fiscale ed al reperimento di nuove risorse finanziarie».
FIRMA CON RILIEVI - Nel promulgare la legge di conversione del cosiddetto «decreto incentivi» (la legge n. 40 del 25 marzo 2010 ), Napolitano fa alcuni precisi rilievi. «Il decreto-legge che, nella sua formulazione originaria, conteneva disposizioni riguardanti esclusivamente la repressione delle frodi fiscali, la riscossione tributaria ed incentivi al sostegno della domanda e delle imprese, nel corso dell'iter di conversione è stato profondamente modificato, anche mediante l'inserimento di numerose disposizioni estranee ai contenuti del decreto e tra loro eterogenee», scrive il Capo dello Stato nella missiva. Tale tecnica, ricorda poi, è stata «criticata» sia da lui che dai suoi predecessori. Per l'inquilino del Colle però inserire troppe norme eterogenee ha una «sua incidenza negativa sulla qualità della legislazione».
«PARLAMENTO COMPRESSO» - Nella lettera inviata a Renato Schifani, Gianfranco Fini e anche alla presidenza del Consiglio, il capo dello Stato non fa riferimento solo al decreto incentivi, ma più in generale sottolinea di aver avuto «modo di rilevare, più volte e in diverse sedi che in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia su maxi-emendamenti, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento, specialmente allorché l'esame da parte delle Camere si svolga con il particolare procedimento e nei termini tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti». «Mi pare che il problema sollevato dal presidente sia assolutamente serio» ha commentato il leader Pd Pierluigi Bersani, secondo il quale dilaga ormai una prassi che sconfina nella «scorrettezza istituzionale», perché «sembra quasi che si voglia avere il via libera ai decreti da parte del presidente della Repubblica, salvo poi farne un uso inappropriato e distorto». «Quante ammonizioni dovrà impartire il presidente Napolitano prima che governo e maggioranza capiscano che il contemporaneo abuso di fiducie e decreti rende inutile il ruolo del Parlamento?» afferma in una nota il presidente dei senatori Udc, Gianpiero D'Alia.
Articolo del Corriere della Sera
Il presidente promulga il decreto ma scrive a Schifani e Fini: norma utile contro chi evade ma norme eterogenee
«Con fiducia e maxi-emendamenti, parlamento compresso»
Giorgio Napolitano
MILANO - Giorgio Napolitano promulga, con rilievi, il decreto legge sugli incentivi. Ma invia contestualmente una lettera ai presidente di Camera e Senato con un avvertimento chiaro: nel caso in cui dovesse persistere la tendenza «a caricare di contenuti impropri» i decreti-legge, il Colle eserciterà d'ora in avanti la facoltà di rinvio al Parlamento della legge di conversione. Una facoltà di cui il Colle non si è avvalso in questo caso per evitare il rischio della «decadenza» del decreto in questione, «che contiene - ha voluto chiarire Napolitano - disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell'evasione fiscale». Nella missiva l'inquilino del Colle esprime le sue perplessità sul decreto («norme eterogenee») e in generale sul ricorso a fiducia e maxi-emendamenti, ma poi spiega perché ha scelto di non rinviare la legge sugli incentivi in Parlamento. «Trattandosi di una legge di conversione, sono consapevole che tale richiesta, in considerazione della prossima scadenza del termine stabilito dall'art. 77 della Costituzione, comporta il rischio della decadenza del decreto-legge, che contiene disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell'evasione fiscale ed al reperimento di nuove risorse finanziarie».
FIRMA CON RILIEVI - Nel promulgare la legge di conversione del cosiddetto «decreto incentivi» (la legge n. 40 del 25 marzo 2010 ), Napolitano fa alcuni precisi rilievi. «Il decreto-legge che, nella sua formulazione originaria, conteneva disposizioni riguardanti esclusivamente la repressione delle frodi fiscali, la riscossione tributaria ed incentivi al sostegno della domanda e delle imprese, nel corso dell'iter di conversione è stato profondamente modificato, anche mediante l'inserimento di numerose disposizioni estranee ai contenuti del decreto e tra loro eterogenee», scrive il Capo dello Stato nella missiva. Tale tecnica, ricorda poi, è stata «criticata» sia da lui che dai suoi predecessori. Per l'inquilino del Colle però inserire troppe norme eterogenee ha una «sua incidenza negativa sulla qualità della legislazione».
«PARLAMENTO COMPRESSO» - Nella lettera inviata a Renato Schifani, Gianfranco Fini e anche alla presidenza del Consiglio, il capo dello Stato non fa riferimento solo al decreto incentivi, ma più in generale sottolinea di aver avuto «modo di rilevare, più volte e in diverse sedi che in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia su maxi-emendamenti, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento, specialmente allorché l'esame da parte delle Camere si svolga con il particolare procedimento e nei termini tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti». «Mi pare che il problema sollevato dal presidente sia assolutamente serio» ha commentato il leader Pd Pierluigi Bersani, secondo il quale dilaga ormai una prassi che sconfina nella «scorrettezza istituzionale», perché «sembra quasi che si voglia avere il via libera ai decreti da parte del presidente della Repubblica, salvo poi farne un uso inappropriato e distorto». «Quante ammonizioni dovrà impartire il presidente Napolitano prima che governo e maggioranza capiscano che il contemporaneo abuso di fiducie e decreti rende inutile il ruolo del Parlamento?» afferma in una nota il presidente dei senatori Udc, Gianpiero D'Alia.
Articolo del Corriere della Sera
venerdì 21 maggio 2010
L'UMORISMO NELLA COPPIA
Nella vita di tutti i giorni il buonumore
pare un bene sempre più raro.Non sappiamo più ridere.
L'umorismo, L'allegria, il sorriso,
esprimono invece una intelligenza curiosa,
aperta, flessibile, rapida, ed efficace
e sanno tenere lontani lo stress, i disagi, le malattie,
ma soprattutto il rischio di far naufragare una vita in due.
Chi non ride non fà l'amore.
L'eros infatti vive di passione e delle capacità di darsi
reciproca gioia: sono queste le vere basi di una solida
unione che funziona.
Diversamente è destinata a sciogliersi in fretta o a
consolidarsi in una routine scontata e frustrante.
Quali i rimedi?
Semplice: meno pensieri inutili e prendersi un pò
di più in giro!
In questa società non è facile però tentare non nuoce.
mercoledì 19 maggio 2010
La Sindone ......secondo Don Giorgio (versione scritta del video sopra inserito)
Pensavo di smetterla di insistere in questa polemica sulla Sindone. Tutto è nato perché MicroMega, che si dice di sinistra - ma non si sa quale - con il dente avvelenato da pregiudizi secolari l’ha presa di mira con articoli e promuovendo libri astiosi e ridicoli. Deve essere proprio un pezzo di stoffa del tutto eccezionale se è riuscito a far incazzare così tanta gente da toglierle il sonno. E che sia del tutto eccezionale lo prova una serie interminabile di studi medici e scientifici, condotti anche con tecniche raffinatissime.
Sì, c’è gente che, per partito preso, anche con l’intento di distruggere la Chiesa tiene chiusi gli occhi, sparando una infinità di cazzate che ricordano certi momenti bui in cui si voleva negare perfino l’esistenza del sole. L’oscurantismo non ha colpito solo una certa gerarchia della Chiesa, ma anche l’anti-Chiesa.
Diciamo subito una cosa. La Sindone rimane ancora un enigma, ed è per questo che emana un fascino irresistibile. Fa discutere gli scienziati, perciò non si tratta di una questione banale. Risolvere sbrigativamente l’enigma come fanno certi anticlericali incalliti è ridicolo e per nulla serio.
Occorre perciò rispetto e obiettività. Non si può, come si usa ancora oggi, limitarsi a quattro opinioni, per di più buttate lì con tale saccenteria da suscitare comprensibili reazioni anche nervose. Ma la mia è più che una reazione: è la ribellione a subire una distorsione della verità che proviene da un animo malato.
E qui inserisco un’altra osservazione. Tutti sanno come la penso in fatto di religione. Da anni sostengo che il cristianesimo non è una religione. Da anni metto in guardia dalla religione, una prigione che blocca la verità. Da anni lotto contro la struttura, in particolare contro la Chiesa quando si fa struttura. Da anni metto in dubbio anche i dogmi della Chiesa. Mi piacciono i dubbi quando servono per crescere, in ricerca della verità. Amo i teologi protestanti, i più dissidenti. Mi piacciono scrittori e filosofi fuori di ogni schema. Continuo? Ultimamente ho preso chiare posizioni sulla morale cattolica e sul fine-vita, non in linea con il Vaticano. Ho una forte simpatia per il marxismo. Sono di Sinistra estrema, quella evangelica. Odio il capitalismo e combatto ferocemente chi lo sostiene. Starei per dire che “odio” Berlusconi, dal momento che è difficile distinguere in lui l’errore dall’errante. Vorrei distruggere la Lega, buttando i leghisti fuori di chiesa. Continuo? Parlo di radicalità, in tutti i sensi. Una radicalità che parte, come credente, dal Cristo evangelico. Radicalità come essenzialità, come essere, come gratuità.
Amo dire la verità, anche a costo di tirarmi addosso le ire dei nemici e il disappunto dei cosiddetti amici. Più si proclama la verità, e più si è soli. Se volessi puntare a fare il leader, sceglierei la via della diplomazia. Ma non m’importa. Anzi, rifuggo dal protagonismo popolare. Forse amo il protagonismo del solitario.
Detto tutto questo, non è ridicolo sentirmi dire che sono bigotto, credulone, papista, baciapile, solo per il fatto che mi metto contro un becero anticlericalismo che si diverte a farsi osannare da una cricca di devoti che hanno sostituito il papa con un fantoccio di ben peggiore fattura?
Ho detto la mia sulla Sindone, e l’ho detta anche in modo forte, perché ho notato una veemenza anticlericale tale da sentirmi costretto a scegliere: se prima sopportavo, forse illuso dalla bontà della causa politica di Micromega, ora non più, perché metto in dubbio la stessa causa politica che, se mi accomuna sull’anti-berlusconismo, non mi convince sull’Ideale della Sinistra da contrapporvi. Una Sinistra, del resto, senza idee: sopravvive o vegeta, in attesa del messia. Ma il messia verrà quando si preparerà il campo con una grande cultura che non consiste nel nozionismo degli imbecilli intellettualoidi di sinistra di oggi, ma in quella Intellighentia di ampio respiro cosmico che ha dato origine a grandi movimenti di massa popolare.
Oggi il berlusconismo ha creato il vuoto anche nell’anti-berlusconismo. Non si costruisce una vera Sinistra sul vuoto, e il vuoto lo si vede appena si tolgono le apparenze di questa attuale sinistra, nelle mani di gente sbagliata, incapace di vedere al di là di pregiudizi religiosi che bloccano qualsiasi vero dialogo umano.
Da tempo affermo che i valori non sono né laicisti né religiosi. Sono valori, e basta. Le etichette fanno male alla verità. Togliamoci di dosso ogni pregiudizio ideologico e religioso. Apriamoci all’Umanità e all’Universo.
Tornando alla Sindone, non capisco tutto l’odio verso un lenzuolo che, ripeto, sta mettendo in crisi la scienza, per le sue peculiari caratteristiche. Perché non rispettare gli studi seri che si stanno facendo, senza entrare nelle solite sterili e stupide polemiche pro o contro la scienza, pro o contro la religione? Se posso, mi permetto di esprimere una sensazione: la Sindone non è solo un enigma che mi affascina, sono convinto che essa metterà a dura prova la scienza e, in particolare, l’imbecillità di quella massa di anticlericali ottusi che sono pronti a gridare all’oscurantismo e non si accorgono di essere più fondamentalisti dei forcaioli al tempo della grande Inquisizione cattolica.
Sì, c’è gente che, per partito preso, anche con l’intento di distruggere la Chiesa tiene chiusi gli occhi, sparando una infinità di cazzate che ricordano certi momenti bui in cui si voleva negare perfino l’esistenza del sole. L’oscurantismo non ha colpito solo una certa gerarchia della Chiesa, ma anche l’anti-Chiesa.
Diciamo subito una cosa. La Sindone rimane ancora un enigma, ed è per questo che emana un fascino irresistibile. Fa discutere gli scienziati, perciò non si tratta di una questione banale. Risolvere sbrigativamente l’enigma come fanno certi anticlericali incalliti è ridicolo e per nulla serio.
Occorre perciò rispetto e obiettività. Non si può, come si usa ancora oggi, limitarsi a quattro opinioni, per di più buttate lì con tale saccenteria da suscitare comprensibili reazioni anche nervose. Ma la mia è più che una reazione: è la ribellione a subire una distorsione della verità che proviene da un animo malato.
E qui inserisco un’altra osservazione. Tutti sanno come la penso in fatto di religione. Da anni sostengo che il cristianesimo non è una religione. Da anni metto in guardia dalla religione, una prigione che blocca la verità. Da anni lotto contro la struttura, in particolare contro la Chiesa quando si fa struttura. Da anni metto in dubbio anche i dogmi della Chiesa. Mi piacciono i dubbi quando servono per crescere, in ricerca della verità. Amo i teologi protestanti, i più dissidenti. Mi piacciono scrittori e filosofi fuori di ogni schema. Continuo? Ultimamente ho preso chiare posizioni sulla morale cattolica e sul fine-vita, non in linea con il Vaticano. Ho una forte simpatia per il marxismo. Sono di Sinistra estrema, quella evangelica. Odio il capitalismo e combatto ferocemente chi lo sostiene. Starei per dire che “odio” Berlusconi, dal momento che è difficile distinguere in lui l’errore dall’errante. Vorrei distruggere la Lega, buttando i leghisti fuori di chiesa. Continuo? Parlo di radicalità, in tutti i sensi. Una radicalità che parte, come credente, dal Cristo evangelico. Radicalità come essenzialità, come essere, come gratuità.
Amo dire la verità, anche a costo di tirarmi addosso le ire dei nemici e il disappunto dei cosiddetti amici. Più si proclama la verità, e più si è soli. Se volessi puntare a fare il leader, sceglierei la via della diplomazia. Ma non m’importa. Anzi, rifuggo dal protagonismo popolare. Forse amo il protagonismo del solitario.
Detto tutto questo, non è ridicolo sentirmi dire che sono bigotto, credulone, papista, baciapile, solo per il fatto che mi metto contro un becero anticlericalismo che si diverte a farsi osannare da una cricca di devoti che hanno sostituito il papa con un fantoccio di ben peggiore fattura?
Ho detto la mia sulla Sindone, e l’ho detta anche in modo forte, perché ho notato una veemenza anticlericale tale da sentirmi costretto a scegliere: se prima sopportavo, forse illuso dalla bontà della causa politica di Micromega, ora non più, perché metto in dubbio la stessa causa politica che, se mi accomuna sull’anti-berlusconismo, non mi convince sull’Ideale della Sinistra da contrapporvi. Una Sinistra, del resto, senza idee: sopravvive o vegeta, in attesa del messia. Ma il messia verrà quando si preparerà il campo con una grande cultura che non consiste nel nozionismo degli imbecilli intellettualoidi di sinistra di oggi, ma in quella Intellighentia di ampio respiro cosmico che ha dato origine a grandi movimenti di massa popolare.
Oggi il berlusconismo ha creato il vuoto anche nell’anti-berlusconismo. Non si costruisce una vera Sinistra sul vuoto, e il vuoto lo si vede appena si tolgono le apparenze di questa attuale sinistra, nelle mani di gente sbagliata, incapace di vedere al di là di pregiudizi religiosi che bloccano qualsiasi vero dialogo umano.
Da tempo affermo che i valori non sono né laicisti né religiosi. Sono valori, e basta. Le etichette fanno male alla verità. Togliamoci di dosso ogni pregiudizio ideologico e religioso. Apriamoci all’Umanità e all’Universo.
Tornando alla Sindone, non capisco tutto l’odio verso un lenzuolo che, ripeto, sta mettendo in crisi la scienza, per le sue peculiari caratteristiche. Perché non rispettare gli studi seri che si stanno facendo, senza entrare nelle solite sterili e stupide polemiche pro o contro la scienza, pro o contro la religione? Se posso, mi permetto di esprimere una sensazione: la Sindone non è solo un enigma che mi affascina, sono convinto che essa metterà a dura prova la scienza e, in particolare, l’imbecillità di quella massa di anticlericali ottusi che sono pronti a gridare all’oscurantismo e non si accorgono di essere più fondamentalisti dei forcaioli al tempo della grande Inquisizione cattolica.
martedì 18 maggio 2010
Dialogo tra amici da sempre ........impegnati in modo diverso con i ragazzi
Riporto con piacere uno scambio di vedute tra vecchi amici che si sono conosciuti sui banchi di scuola, ma su sponde diverse, uno professore l'altra allieva ma come si sà il tempo spiana le distanze ed anche i rapporti interpersonali, fino a farli diventare conversazioni tra coetanei anzi vecchi coetanei. Vi propongo questa conversazione per lanciare un tema di confronto e di riflessione: " Come possono i ragazzi essere meglio dei genitori in questa nostra società di famiglie allargate, e di padri e madri che delegano ai nonni l'educazione dei figli?".
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Ruggero:
Io non ho rimorsi di alcun genere, so bene che sono loro che non vogliono imparare, pero' rimango molto male perche' io cerco in tutti i modi di aiutarli e non c'e' niente da fare. Capisco che sono ragazzi demotivati con grossi problemi alle spalle, i genitoiri separati, fi danzati e con nuovi figli avuti dalla nuova relazione.
Una mia allieva giorni fa mi raccontava che i suoi genitori si sono separati, poi si sono fidanzati ed ora lei ha due fratelli di babbo e mamma, tre fratelli dal babbo e la sua compagna e due fratelli dalla mamma e il suo compagno. Lei non vuole vivere con i genitori e allora vive con la nonna. Loro rifiutano l'aiuto perche' non credono più in niente.
Un bacione........Ruggero.
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Mariagloria:
....ho visto la tua risposta di ieri. E mi colpisce leggendo, la situazione che hanno i ragazzi di oggi: Anche un amico di mio figlio e' nelle stesse situazioni di quella ragazza...però per fortuna e' un bravo ragazzo ed ha un bellissimo rapporto con i suoi "fratellini di mamma", però guarda caso anche lui vuol vivere insieme alla nonna,...io penso un attimo al dolore che devono provare o meglio che hanno provato in quei momenti....credi mi vengono le lacrime agli occhi; ed e' per questo che mi imbestialisco quando sento parlare male dei giovani oggi....ma loro che colpa possano avere ???? perche' devono pagare delle "maialate " dei genitori!!
non potrebbero aspettare quando i figli sono un pò più grandi per fare i loro porci comodi !!!
mamma mia scusa del mio sfogo ma quando si parla di questo argomento non capisco più nulla !!
un saluto Mariagloria
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Ruggero:
Io non ho rimorsi di alcun genere, so bene che sono loro che non vogliono imparare, pero' rimango molto male perche' io cerco in tutti i modi di aiutarli e non c'e' niente da fare. Capisco che sono ragazzi demotivati con grossi problemi alle spalle, i genitoiri separati, fi danzati e con nuovi figli avuti dalla nuova relazione.
Una mia allieva giorni fa mi raccontava che i suoi genitori si sono separati, poi si sono fidanzati ed ora lei ha due fratelli di babbo e mamma, tre fratelli dal babbo e la sua compagna e due fratelli dalla mamma e il suo compagno. Lei non vuole vivere con i genitori e allora vive con la nonna. Loro rifiutano l'aiuto perche' non credono più in niente.
Un bacione........Ruggero.
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Mariagloria:
....ho visto la tua risposta di ieri. E mi colpisce leggendo, la situazione che hanno i ragazzi di oggi: Anche un amico di mio figlio e' nelle stesse situazioni di quella ragazza...però per fortuna e' un bravo ragazzo ed ha un bellissimo rapporto con i suoi "fratellini di mamma", però guarda caso anche lui vuol vivere insieme alla nonna,...io penso un attimo al dolore che devono provare o meglio che hanno provato in quei momenti....credi mi vengono le lacrime agli occhi; ed e' per questo che mi imbestialisco quando sento parlare male dei giovani oggi....ma loro che colpa possano avere ???? perche' devono pagare delle "maialate " dei genitori!!
non potrebbero aspettare quando i figli sono un pò più grandi per fare i loro porci comodi !!!
mamma mia scusa del mio sfogo ma quando si parla di questo argomento non capisco più nulla !!
un saluto Mariagloria
venerdì 14 maggio 2010
BENE COMUNE O BENE INDIVIDUALE?
Con la fine dell’Unione Sovietica e il declino delle ideologie comuniste e il conseguente trionfo del modello capitalistico, sembrano essere passate di moda politiche sociali, legate a ideologie, se non comuniste, almeno legate a modelli socialisti e largamente improntate a politiche sociali. Anche l'Italia sembra aver iniziato a soffrire di questo male. E mentre in America si dà ad Obama del “socialista”, l’Italia, dove tale cambio di rotta sembra provenire anche dal basso, mostra segni di cedimento su questo fronte: proprio lei, una nazione che non è mai stata veramente classista e che ha sviluppato uno Stato sociale che in larga parte ha finora funzionato, anche se con grandi pecche.
Fin dalla notte dei tempi in molti hanno provato a spiegare che il bene comune è la chiave di lettura della stabilità di qualunque società. Seppur con parecchie imperfezioni, dopo secoli di evoluzione politica e sociale, almeno la stragrande maggioranza delle società occidentali è arrivata a creare dei modelli dove il bene comune è al centro della vita d’intere società, anche se la cosa è lungi dall’aver raggiunto la perfezione.
Cose come istruzione pubblica e gratuita per tutti, sanità per tutti, indennità di malattia, sistema pensionistico per tutti, uguaglianza di fronte alla legge sono cose che hanno contribuito a far sì che in noi, nuove generazioni, si radicasse l’idea che tali cose fossero la base di un mondo evoluto, dove le lotte di classe, tra ricchi e poveri o nobili e popolani, sembrano cose non più necessarie.
Quando a scuola abbiamo letto e appreso di luoghi dove uomini si sono battuti per far sì che non vi fosse più prevaricazione o sopruso, tutti i nostri cuori e le nostre menti ne sono rimasti affascinati. Prese di coscienza e, successivamente, d’iniziativa nate dall’applicazione di principi illuministici enunciati in opere come il Contratto Sociale di Rousseau e altri, tali come la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, la prima vera carta costituzionale che affermava l’uguaglianza di tutti gli uomini, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e quant’altro.
Restringendoci all’ambito nazionale, sembrano davvero lontani gli anni in cui la stragrande maggioranza degli italiani era analfabeta, e nel Sud buona parte della popolazione era composta da mezzadri che lavoravano le terre per grandi latifondisti sfruttatori, o quando gli operai lavoravano nelle fabbriche senza limiti di orario e con salari da fame senza diritti a cure, pensioni e quant’altro.
Alla luce di diritti acquisiti e abissi colmati, la nostra consapevolezza di essere parte di una società evoluta e senza più – o quasi - prevaricazione ci ha fatto lontanamente immaginare un tale mondo, fino al punto da farcene dimenticare l’esistenza.
Non v’è dubbio che il peggior nemico di questa società creata da chi ci ha preceduto - con grande fatica, lotte e sacrificio - sia l’ignoranza, sposata alla più becera insensibilità.
Alcuni spiacevoli fatti come quello verificatosi in una scuola materna del Nord, dove alcuni bambini sono stati allontanati dalle mense poiché non erano state versate le rette relative al servizio mensa, e l’altro, sempre nel ricco e opulento Nord, dove ad alcuni bambini è stato impedito l’ingresso nello scuolabus sempre per il medesimo motivo, mi hanno dato un certo dispiacere, non mi sono meravigliato, ma mi sono dispiaciuto soprattutto per la mancanza di sensibilità.
Tra queste famiglie morose, ci potranno anche essere forse - ma non lo credo - delle persone sfaticate che vivono di sovvenzioni e che non vogliono lavorare, ma non capisco perché debbano essere i più piccoli a farne le spese, soprattutto a rendersi conto che sembrano essere nati in una classe di inferiori, e anche se nessuno si azzarda a dirlo – almeno per ora – sono però trattati come tali.
Come ho detto sopra, non mi sono meravigliato; sono un figlio di questo tempo che si è reso conto da tempo che le cose stanno cambiando - in peggio, chiaramente! - tuttavia la cosa ha aperto comparazioni con la mia passata infanzia, dove da mense e da scuolabus non ho mai visto nessuno esserne escluso.
Le differenze di censo ci sono sempre state, ma stiamo rientrando in un’ottica di regressione che denota l’imbarbarimento delle coscienze e soprattutto la consapevolezza che se si può pagare,bene, altrimenti sei condannato a vivere da cittadino di secondo e terzo ordine, fino a divenire un paria.
Non abbiamo raggiunto questo stato, ma stiamo andando verso quella direzione, lo dicono spiacevoli situazioni come la protesta scritta e firmata da 200 genitori contro l’atto di grande civiltà dell’imprenditore che ha pagato le rette della mensa per i genitori morosi. Invece d’indignarsi contro il comune e contro lo Stato, per chiedere il ripristino di imposte - dove possibile - che sono state tolte in modo scriteriato, togliendo così il finanziamento ai servizi, hanno scritto una rivoltante lettera di protesta contro la beneficienza del privato cittadino; che vergogna! Questa società sta regredendo a livelli di civiltà già superati da tempo, non ricorda il passato, non vuole più saperne di solidarietà e di uguaglianza per tutti. Invece di sdegnarsi per la politica populista che sta privatizzando sempre più il Paese e sta abolendo sempre più lo Stato sociale, si scaglia contro i più piccoli e i più deboli.
Sta tornando di moda il modello di prevaricazione in voga nel passato, dove tutto era pro qualitate personarum, ovvero il criterio di giudizio variava a secondo del ceto sociale o meglioancora del livello sociale.
Sta per finire il tempo in cui lo Stato sociale - anche se con le sue illegittime ingiustizie e irregolarità - sembrava aver trionfato, garantendo a tutti i cittadini gli stessi diritti fin dall’infanzia. Abituatevi a pagare se volete dei servizi come scuola decente, sanità, giustizia e quant’altro, e se per caso non avrete i soldi per farlo, perché siete poveri o lo sarete diventati, sappiate che neanche i benefattori vi potranno aiutare. E giacché anche essi rischierebbero di passare per malfattori, se ne guarderanno bene dal passare per tali.
giovedì 13 maggio 2010
U.S.A. E GETTA.......
Anche quest’anno negli Usa, per Pasqua, migliaia di persone sono state battezzate cattoliche. Non neonati, si badi bene, ma adulti di altre fedi o nessuna fede. Ormai il cattolicesimo è la denominazione religiosa maggioritaria negli Stati Uniti. Dunque, in grado di far sentire, e forte, la sua voce in un sistema in cui le lobbies di pressione e i bacini di voti sono tutto. E, guarda un po’, gli attacchi “pedofili” alla Chiesa provengono, da dieci anni a questa parte, dalle due “voci” dell’establishment anglosassone: l’inglese BBC e l’americano New York Times. Il “papismo” va ridimensionato prima che sia troppo tardi: questa è la parola d’ordine tra color che contano, la lega variopinta e straricca che, dal verde al rosso passando per il rosa e gli altri colori dell’arcobaleno, dirige la musica su questo pianeta, l’élite numericamente infima ma padrona (anche) dei media in cui si entra solo per cooptazione.
IL VILLAGGIO ROM A COLTANO
Terminati i lavori del nuovo villaggio. Un’area residenziale attrezzata per 17 famiglie rom 30/11/2009
Un'area residenziale - che sostituisce il fatiscente "campo nomadi" - voluta dal Comune di Pisa e sostenuta dalla Regione Toscana, per superare l'abitare inferiore e marginalizzante di una popolazione svantaggiata, stigmatizzata e ad economia debole.
Il progetto dell’area residenziale per famiglie rom a Coltano nasce all’interno di un piano di sistemazioni abitative “Le città sottili”, voluto dall’amministrazione comunale (con riferimento alla L.R. Toscana 2/2000) e rivolto ai gruppi rom presenti sul territorio con diversi insediamenti.
I riferimenti dell'intervento di superamento del vecchio campo (il cui progetto preliminare è stato realizzato dalla Fondazione Michelucci) trovano i loro presupposti nella particolare localizzazione dell’area di intervento (all’interno di un parco naturale) e nell’esigenza di dare una risposta concreta alla richiesta di un abitare non più precario e marginalizzante per una popolazione svantaggiata ad economia debole.
A fronte di una scelta localizzativa, che non presenta le condizioni più favorevoli che a favorire il difficile processo di inserimento urbano e sociale dei Rom (prossimità urbana, servizi territoriali, vicinanza di istituti scolastici, ecc.), l’attenzione è stata rivolta a ribaltare l’attuale situazione di “apartheid” geografico e sociale, pensando l’intervento come realizzazione di un borgo abitato nella campagna, in prossimità della via Aurelia, e di un complesso di abitazioni con servizi in relazione col parco.
In tal senso le scelte progettuali sono andate nella direzione di un progetto naturalisticamente integrato e rispettoso del territorio inteso come risorsa, rifacendosi nelle tipologie all’edilizia presente in maniera diffusa nell’area: la casa colonica a un piano a pianta generalmente quadrata con un corpo basso che si estende su di un lato e utilizzato in passato per l’attività agricola.
L’intervento prevede 17 unità abitative in muratura, aggregate in tre corpi di fabbrica in linea, distribuiti lungo un percorso pedonale che attraversa longitudinalmente il lotto; dal punto di vista costruttivo è stato previsto un sistema a muratura facilitata, ipotizzato per un intervento in autocostruzione, con elementi in polistirene espanso a riempimento in calcestruzzo, integrato a pannelli-cassero in materiale sintetico e cemento armato per i solai.
Nell’ottica di facilitare una vita di relazione aperta al proprio gruppo parentale allargato e un luogo dove i bambini e gli adolescenti possano trovare la piena sicurezza di una crescita non necessariamente penalizzante come quella dei classici campi, è stata realizzata una netta divisione fra la viabilità pedonale e carrabile, mentre gli alloggi hanno una fascia di pertinenza a verde in grado di garantire continuità fra interno ed esterno dell’alloggio.
I tre corpi di fabbrica si articolano intorno allo sviluppo di un modulo abitativo standard di 60,3 mq., che variando per disposizione e diminuzione dei locali crea un disegno d’insieme articolato che pure in una situazione di contiguità, garantisce un buon livello di privacy.
Nella definizione dell’alloggio tipo, le indicazioni progettuali - condivise anche con i futuri abitanti - hanno tenuto conto della particolare utenza sfruttando al massimo l’utilizzo delle superfici disponibili.
Nonostante il progetto sia stato pensato ipotizzando un intervento in autocostruzione, la realizzazione finale è stata affidata esternamente a seguito di appalto pubblico.
La base d'asta per la realizzazione del villaggio è stata di 920.000 euro.
Le opere previste (il cantiere era iniziato ad aprile 2007) sono state consegnate all'Amministrazione comunale di Pisa il 9 dicembre 2009.
SCHEDA TECNICA
superficie coperta
tipo A = 60,3 mq.
tipo B = 45,9 mq. (sopraelevazione)
tipo A = 12 moduli = totale mq. 723,6
tipo B = 5 moduli = totale mq. 229,5 (sopraelevazione)
totale superficie coperta mq. 723,6
Un'area residenziale - che sostituisce il fatiscente "campo nomadi" - voluta dal Comune di Pisa e sostenuta dalla Regione Toscana, per superare l'abitare inferiore e marginalizzante di una popolazione svantaggiata, stigmatizzata e ad economia debole.
Il progetto dell’area residenziale per famiglie rom a Coltano nasce all’interno di un piano di sistemazioni abitative “Le città sottili”, voluto dall’amministrazione comunale (con riferimento alla L.R. Toscana 2/2000) e rivolto ai gruppi rom presenti sul territorio con diversi insediamenti.
I riferimenti dell'intervento di superamento del vecchio campo (il cui progetto preliminare è stato realizzato dalla Fondazione Michelucci) trovano i loro presupposti nella particolare localizzazione dell’area di intervento (all’interno di un parco naturale) e nell’esigenza di dare una risposta concreta alla richiesta di un abitare non più precario e marginalizzante per una popolazione svantaggiata ad economia debole.
A fronte di una scelta localizzativa, che non presenta le condizioni più favorevoli che a favorire il difficile processo di inserimento urbano e sociale dei Rom (prossimità urbana, servizi territoriali, vicinanza di istituti scolastici, ecc.), l’attenzione è stata rivolta a ribaltare l’attuale situazione di “apartheid” geografico e sociale, pensando l’intervento come realizzazione di un borgo abitato nella campagna, in prossimità della via Aurelia, e di un complesso di abitazioni con servizi in relazione col parco.
In tal senso le scelte progettuali sono andate nella direzione di un progetto naturalisticamente integrato e rispettoso del territorio inteso come risorsa, rifacendosi nelle tipologie all’edilizia presente in maniera diffusa nell’area: la casa colonica a un piano a pianta generalmente quadrata con un corpo basso che si estende su di un lato e utilizzato in passato per l’attività agricola.
L’intervento prevede 17 unità abitative in muratura, aggregate in tre corpi di fabbrica in linea, distribuiti lungo un percorso pedonale che attraversa longitudinalmente il lotto; dal punto di vista costruttivo è stato previsto un sistema a muratura facilitata, ipotizzato per un intervento in autocostruzione, con elementi in polistirene espanso a riempimento in calcestruzzo, integrato a pannelli-cassero in materiale sintetico e cemento armato per i solai.
Nell’ottica di facilitare una vita di relazione aperta al proprio gruppo parentale allargato e un luogo dove i bambini e gli adolescenti possano trovare la piena sicurezza di una crescita non necessariamente penalizzante come quella dei classici campi, è stata realizzata una netta divisione fra la viabilità pedonale e carrabile, mentre gli alloggi hanno una fascia di pertinenza a verde in grado di garantire continuità fra interno ed esterno dell’alloggio.
I tre corpi di fabbrica si articolano intorno allo sviluppo di un modulo abitativo standard di 60,3 mq., che variando per disposizione e diminuzione dei locali crea un disegno d’insieme articolato che pure in una situazione di contiguità, garantisce un buon livello di privacy.
Nella definizione dell’alloggio tipo, le indicazioni progettuali - condivise anche con i futuri abitanti - hanno tenuto conto della particolare utenza sfruttando al massimo l’utilizzo delle superfici disponibili.
Nonostante il progetto sia stato pensato ipotizzando un intervento in autocostruzione, la realizzazione finale è stata affidata esternamente a seguito di appalto pubblico.
La base d'asta per la realizzazione del villaggio è stata di 920.000 euro.
Le opere previste (il cantiere era iniziato ad aprile 2007) sono state consegnate all'Amministrazione comunale di Pisa il 9 dicembre 2009.
SCHEDA TECNICA
superficie coperta
tipo A = 60,3 mq.
tipo B = 45,9 mq. (sopraelevazione)
tipo A = 12 moduli = totale mq. 723,6
tipo B = 5 moduli = totale mq. 229,5 (sopraelevazione)
totale superficie coperta mq. 723,6
martedì 11 maggio 2010
Nieztche " Io sono ateo d'istinto" così mi viene chiesto di commentare.......
Mi è stato chiesto di commentare e/o riflettere su questa affermazione di Nieztche, che presa così senza conoscerne i veri contenuti e l'impostazione filosofica dell'autore può dire tutto e il contrario di tutto.
Mi spiego, partendo come presupposto che Nieztche afferma:
«L'alternativa fondamentale è quella tra il dominio della filosofia sulla religione o della religione sulla filosofia: non è quella, come invece fu per Platone o Aristotele, tra vita filosofica e vita politica; per Nietzsche, a differenza che per i classici, la politica appartiene fin dal principio ad un piano inferiore rispetto a quello della filosofia o della religione. Nella prefazione [del capitolo sulla religione] egli [Nietzsche] dichiara che il suo precursore par excellence non è un politico, e neppure un filosofo, bensì l'homo religiosus Pascal (cfr. aforisma 45)». Ora il filosofo assume il ruolo del pensatore ateo sì, ma «un ateo che aspetta un Dio», rivelatore di un'inaudita differenza qualitativa tra una dottrina esoterica nascosta da un linguaggio in codice, dis-velabile solo a pochi eletti, ed una dottrina essoterica rivolta alle masse. «Il filosofo del futuro è un erede della Bibbia. Egli eredita quel rendersi profondo dell'anima, che è il risultato della fede biblica in un Dio che è sacro. Il filosofo del futuro, in quanto distinto dal filosofo classico, sarà occupato dal sacro. Il suo filosofare sarà intrinsecamente religioso. Ciò non vuol dire che egli creda in Dio, il Dio biblico. Egli è un ateo, ma un ateo che aspetta un Dio, che non ha ancora rivelato se stesso».
(tratto da " La presenza di Nietzsche in alcuni protagonisti della storiografia filosofico-politica del '900" di Francesco Saverio Festa. «La presenza di Nietzsche in alcuni protagonisti della storiografia filosofico-politica del '900». Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 11 (2009) [inserito il 20 dicembre 2009], disponibile su World Wide Web:, [53 KB], ISSN 1128-5478.)
Nietzsche: "Siamo stati noi ad ucciderlo: voi ed io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? […] Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venir notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla?... Dio è morto! ... E noi l'abbiamo ucciso!" (La Gaia scienza, Ed. Adelphi, pagg. 129-130).
Il brano che ti ho citato fa parte di uno dei testi più suggestivi della letteratura filosofica. Nietzsche mette in bocca all'uomo folle (fuori metafora il "filosofo profeta") l'annuncio della "morte di Dio" con la sua drammatica conseguenza: il senso di smarrimento, la perdita di certezza, il venir meno di punti di riferimento. Cosa ne dici?
Feuerbach, indubbiamente, mette in evidenza questo stato d'animo che deriva dalla tesi secondo cui Dio è la stessa umanità, un'umanità progressivamente più... sciente e potente. Nietzsche, invece, sottolinea il senso di smarrimento che deriva dalla morte di Dio.
Per Nietzsche la "morte di Dio" consumata dall'ateismo contemporaneo è un evento drammatico, non ha nulla di esaltante: l'uomo - senza Dio - non trova più un rifugio, perde qualsiasi consolazione, è di fronte ad un mondo privo di qualsiasi significato.
Pertanto ritengo che anche un profondo ateo come Nietzsche lo sia nella forma più vicina a noi, ma non in quella assoluta magari cercando di aspirare ad un Dio suo, ma sempre un Dio e quindi non una concezione assolutamente e incondizionatamente materialistica e senza un dopo, senza una eternità.
Sopratutto questo ultimo concetto ovvero credere in un Dio che forse dovrà ancora manifestarsi ma che comunque lo farà .... prima o poi, ed in eterno sconfessando il senso del niente.
Giammarco
Mi spiego, partendo come presupposto che Nieztche afferma:
«L'alternativa fondamentale è quella tra il dominio della filosofia sulla religione o della religione sulla filosofia: non è quella, come invece fu per Platone o Aristotele, tra vita filosofica e vita politica; per Nietzsche, a differenza che per i classici, la politica appartiene fin dal principio ad un piano inferiore rispetto a quello della filosofia o della religione. Nella prefazione [del capitolo sulla religione] egli [Nietzsche] dichiara che il suo precursore par excellence non è un politico, e neppure un filosofo, bensì l'homo religiosus Pascal (cfr. aforisma 45)». Ora il filosofo assume il ruolo del pensatore ateo sì, ma «un ateo che aspetta un Dio», rivelatore di un'inaudita differenza qualitativa tra una dottrina esoterica nascosta da un linguaggio in codice, dis-velabile solo a pochi eletti, ed una dottrina essoterica rivolta alle masse. «Il filosofo del futuro è un erede della Bibbia. Egli eredita quel rendersi profondo dell'anima, che è il risultato della fede biblica in un Dio che è sacro. Il filosofo del futuro, in quanto distinto dal filosofo classico, sarà occupato dal sacro. Il suo filosofare sarà intrinsecamente religioso. Ciò non vuol dire che egli creda in Dio, il Dio biblico. Egli è un ateo, ma un ateo che aspetta un Dio, che non ha ancora rivelato se stesso».
(tratto da " La presenza di Nietzsche in alcuni protagonisti della storiografia filosofico-politica del '900" di Francesco Saverio Festa. «La presenza di Nietzsche in alcuni protagonisti della storiografia filosofico-politica del '900». Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 11 (2009) [inserito il 20 dicembre 2009], disponibile su World Wide Web:
Nietzsche: "Siamo stati noi ad ucciderlo: voi ed io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? […] Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venir notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla?... Dio è morto! ... E noi l'abbiamo ucciso!" (La Gaia scienza, Ed. Adelphi, pagg. 129-130).
Il brano che ti ho citato fa parte di uno dei testi più suggestivi della letteratura filosofica. Nietzsche mette in bocca all'uomo folle (fuori metafora il "filosofo profeta") l'annuncio della "morte di Dio" con la sua drammatica conseguenza: il senso di smarrimento, la perdita di certezza, il venir meno di punti di riferimento. Cosa ne dici?
Feuerbach, indubbiamente, mette in evidenza questo stato d'animo che deriva dalla tesi secondo cui Dio è la stessa umanità, un'umanità progressivamente più... sciente e potente. Nietzsche, invece, sottolinea il senso di smarrimento che deriva dalla morte di Dio.
Per Nietzsche la "morte di Dio" consumata dall'ateismo contemporaneo è un evento drammatico, non ha nulla di esaltante: l'uomo - senza Dio - non trova più un rifugio, perde qualsiasi consolazione, è di fronte ad un mondo privo di qualsiasi significato.
Pertanto ritengo che anche un profondo ateo come Nietzsche lo sia nella forma più vicina a noi, ma non in quella assoluta magari cercando di aspirare ad un Dio suo, ma sempre un Dio e quindi non una concezione assolutamente e incondizionatamente materialistica e senza un dopo, senza una eternità.
Sopratutto questo ultimo concetto ovvero credere in un Dio che forse dovrà ancora manifestarsi ma che comunque lo farà .... prima o poi, ed in eterno sconfessando il senso del niente.
Giammarco
Qual'è la causa del declino dell'Occidente? (ulteriori commenti)
A seguito della discussione sul tema tra me e Varo aggiungo altri commenti inseriti da mia sorella Mariagloria ( in arte IOIA).
Mariagloria Ciuti:
Gianmarco è vero quello che ti è stato detto, ti sei espresso male o hai un pò di rabbia addosso come in fondo ho anch'io, per quello che in questo momento la chiesa sta passando..
al sig. Varo vorrei solo dire che mi ha colpito una sua frase che lei ha detto"....ma deve essere la consapevolezza di un bene comune, ed una naturale bontà e capacità di perdono......", queste parole... bene comune, bontà,...capacità di perdono....perchè mi viene in mente Madre Teresa di Calcutta..non ha detto " amore" ma sono sicura che lo ha solamente sottointeso...io sono molto credente ,
Lei dice di essere ateo....mi piacerebbe sapere se conosce i Comandamenti...io credo di sì anche in questo caso. Mi creda forse è più vicino a Dio Lei che io e mio fratello Gianmarco.....però l'unica cosa che vorrei dire è che non sono d'accordo quando dice "..il mio dio sono io...." da soli, se non siamo in un piano divino , non nasciamo , non cresciamo, non viviamo,non siamo nulla ...Dio ci crea e ci accompagna sempre anche se a distanza...ma ci prende in collo come un padre prende in collo un figlio nelle difficoltà, nella paura, nella sofferenza , nella solitudine, nel dolore....e non gli importa quanto abbiamo peccato, gli interessa solo quanto ci sentiamo pentiti di ciò che noi abbiamo commesso. Lui ci accoglierà benevolo sembre tra la sue braccia.
Perdonatemi di cuore se mi sono intromessa nei vostri discorsi,ma non ne ho potuto fare a meno....un saluto affettuoso ad entrambi
Varo Cavalli:
Ma ci mancherebbe altro, anzi, ben vengano altre opinioni..
Mi limito a dire che la chiesa si appropria di cose che fanno parte di ognuno di noi, forse lei è più atea di me senza saperlo;-) perché se uno è buono deve perforza essere vicino ad una divinità?! Per quale motivo i valori morali assoluti devono perforza essere attribuiti ai vicini alle divinità? Perché? Qua si dividono le nostre strade, fino a che non vi staccherete da questa formalità non potrete capire cosa significa la vera libertà... E se me lo concede, io da solo sono sempre stato autosufficiente, non ho mai sentito il bisogno ne di dare la colpa ne di chiedere aiuto a qualcuno, tutto qua..
E le posso assicurare che nella mia vita ho affrontato cose che avrebbero potuto avvicinarmi in qualche modo ad una divinità.. dio è una paura umana portata sui libri niente di più..
Mariagloria:
Io sono buono perchè mio padre e mia madre mi hanno cresciuto nell'amore e nel rispetto del prossimo...io sono cresciuto perchè mia madre mi ha allattato e mi ha curato..io da solo non nasco autosufficiente..lo divento con il tempo...se Lei ha dei buoni principi qualcuno, mi perdoni glieli ha insegnati....una piantina di pomodoro quando è piccola se non la si incanna con il primo vento viene troncata....se Lei è così , non credo che lo debba solo a se stesso, forse penso che lo debba a qualcun' altro....e forse questo qualcun' altro
era cresciuto a sua volta vicino a Dio...forse,allora si ricapovolge la domanda...sono io atea ed è Lei, inconsciamente, un credente ????
Varo :
Il mio essere è la risultante di più esperienze e più situazioni, comunque sia, come già le ho detto,
se non abbandona la formalità ma sopratutto la presunzione per cui solo chi è vicino ad una divinità ha il
copyright dei buoni sentimenti, la nostra discussione non ha più ragione di esistere .. Spero solo che vi accorgiate in tempo dell'enorme errore che fate.... Buon proseguimento, e piacere di averla conosciuta...
A questo punto aggiungo solo che queste conversazioni, anche se a distanza, sono il vero motivo, la vera anima, che dovrebbe avere l'utilizzo di un social network, altro che Farmville o aforismi dementi e senza un significato concreto e costruttivo.
Comunque spero che anche altri possano partecipare a qualche altra nostra discussione, che senza falsa modestia credo di poter definire intelligente e positiva.
Mariagloria Ciuti:
Gianmarco è vero quello che ti è stato detto, ti sei espresso male o hai un pò di rabbia addosso come in fondo ho anch'io, per quello che in questo momento la chiesa sta passando..
al sig. Varo vorrei solo dire che mi ha colpito una sua frase che lei ha detto"....ma deve essere la consapevolezza di un bene comune, ed una naturale bontà e capacità di perdono......", queste parole... bene comune, bontà,...capacità di perdono....perchè mi viene in mente Madre Teresa di Calcutta..non ha detto " amore" ma sono sicura che lo ha solamente sottointeso...io sono molto credente ,
Lei dice di essere ateo....mi piacerebbe sapere se conosce i Comandamenti...io credo di sì anche in questo caso. Mi creda forse è più vicino a Dio Lei che io e mio fratello Gianmarco.....però l'unica cosa che vorrei dire è che non sono d'accordo quando dice "..il mio dio sono io...." da soli, se non siamo in un piano divino , non nasciamo , non cresciamo, non viviamo,non siamo nulla ...Dio ci crea e ci accompagna sempre anche se a distanza...ma ci prende in collo come un padre prende in collo un figlio nelle difficoltà, nella paura, nella sofferenza , nella solitudine, nel dolore....e non gli importa quanto abbiamo peccato, gli interessa solo quanto ci sentiamo pentiti di ciò che noi abbiamo commesso. Lui ci accoglierà benevolo sembre tra la sue braccia.
Perdonatemi di cuore se mi sono intromessa nei vostri discorsi,ma non ne ho potuto fare a meno....un saluto affettuoso ad entrambi
Varo Cavalli:
Ma ci mancherebbe altro, anzi, ben vengano altre opinioni..
Mi limito a dire che la chiesa si appropria di cose che fanno parte di ognuno di noi, forse lei è più atea di me senza saperlo;-) perché se uno è buono deve perforza essere vicino ad una divinità?! Per quale motivo i valori morali assoluti devono perforza essere attribuiti ai vicini alle divinità? Perché? Qua si dividono le nostre strade, fino a che non vi staccherete da questa formalità non potrete capire cosa significa la vera libertà... E se me lo concede, io da solo sono sempre stato autosufficiente, non ho mai sentito il bisogno ne di dare la colpa ne di chiedere aiuto a qualcuno, tutto qua..
E le posso assicurare che nella mia vita ho affrontato cose che avrebbero potuto avvicinarmi in qualche modo ad una divinità.. dio è una paura umana portata sui libri niente di più..
Mariagloria:
Io sono buono perchè mio padre e mia madre mi hanno cresciuto nell'amore e nel rispetto del prossimo...io sono cresciuto perchè mia madre mi ha allattato e mi ha curato..io da solo non nasco autosufficiente..lo divento con il tempo...se Lei ha dei buoni principi qualcuno, mi perdoni glieli ha insegnati....una piantina di pomodoro quando è piccola se non la si incanna con il primo vento viene troncata....se Lei è così , non credo che lo debba solo a se stesso, forse penso che lo debba a qualcun' altro....e forse questo qualcun' altro
era cresciuto a sua volta vicino a Dio...forse,allora si ricapovolge la domanda...sono io atea ed è Lei, inconsciamente, un credente ????
Varo :
Il mio essere è la risultante di più esperienze e più situazioni, comunque sia, come già le ho detto,
se non abbandona la formalità ma sopratutto la presunzione per cui solo chi è vicino ad una divinità ha il
copyright dei buoni sentimenti, la nostra discussione non ha più ragione di esistere .. Spero solo che vi accorgiate in tempo dell'enorme errore che fate.... Buon proseguimento, e piacere di averla conosciuta...
A questo punto aggiungo solo che queste conversazioni, anche se a distanza, sono il vero motivo, la vera anima, che dovrebbe avere l'utilizzo di un social network, altro che Farmville o aforismi dementi e senza un significato concreto e costruttivo.
Comunque spero che anche altri possano partecipare a qualche altra nostra discussione, che senza falsa modestia credo di poter definire intelligente e positiva.
lunedì 10 maggio 2010
LA MIA VITA (tra fantasia e realtà) ...............................1° capitolo
Ventiquattro Agosto Millenovecentocinquantaquattro
Poteva essere un giorno qualunque, sicuramente una giornata calda e afosa anche qui a Pisa presso la Clinica privata di Via Manzoni gestita da un ordine di Suore, CASA DI CURA SUORE DELL'ADDOLORATA, anziché al vecchio anzi Antico Ospedale di S.Chiara.
La Torre Pendente e Piazza dei Miracoli certamente era affollata da turisti e studenti della rinomata Università degli Studi di Pisa.
La vita d’ogni singola persona era allora, molto più calma ma vissuta con una frenesia ed un’allegria certamente più gioiosa d’oggi; era la reazione agli avvenimenti della tristissima e sofferta tragedia della 2’ guerra Mondiale indubbiamente superata ed alle spalle, ma fissata nella mente di tutti.
La vita d’alcune famiglie di Marina di Pisa certamente doveva cambiare, e tutti si auguravano che quel sospirato ed auspicato lieto evento fosse il primo di una nuova generazione che non fosse stato marcato indelebilmente dalla guerra.
Nonno Corradino fremeva in maniera particolare, infatti, sarebbe stato il suo primo nipote maschio e di questo, allora, non si poteva esserne certi fino all’ultimo minuto, al primo della nuova vita.
Nonno Mario indubbiamente felice, per il suo Franchino, era già al suo secondo nipote maschio.
Nonna Imma con la sua mamma, Nonna Nella, certamente erano piene di gioia e di Preghiere per il Ns. Signore che concedesse quella benedetta creatura.
Nonna Linda sarà stata certamente felice al pari degli altri, ma sinceramente non mi sono mai posto in tempi successivi la domanda da rivolgerle sul suo stato emotivo per quell’evento.
Per gli altri nonni certamente questi domanda negli anni a seguire era del tutto ininfluente, perché spesso mi hanno parlato di quei momenti.
Babbo Franco e Mamma Grazia saranno stati indubbiamente felici, belli e innamorati di tutto e di tutti come ogni coppia al suo primo figlio.
Infine c’era anche Zia Tetta, ancor giovane ma già cosciente di quello che sarebbe accaduto e che forse avrebbe potuto cambiare anche la sua giovane adolescenza.
Andrea, mio cugino, sicuramente troppo piccolo, avrà seguito Zio Ivano e Zia Emilia quando saranno venuti a trovarmi in Clinica.
Preoccupazione e paura erano presenti ed aleggiavano sopra di ognuno di loro rendendo l’attesa certamente palpitante e la speranza che tutto finisse presto e bene sia per mamma Grazia e suo figlio o figlia, chissà, come Dio aveva da sempre deciso.
Il parto, infatti, non si presentava normale ed il parto cesareo incombeva.
Dio, nonostante le forti sofferenze di mamma, mi volle ed eccomi sono qui in mezzo a tutti voi.
Un vero enigma questo nome, infatti, mamma avrebbe voluto Giovanni, in ricordo di suo nonno paterno.
Babbo avrebbe voluto Marco, come il figlio di un suo amico, per questo il risultato fu inevitabile, “Gianmarco”.
Diciotto anni dopo, in occasione del mio diploma ho scoperto che il solerte funzionario del Comune di Pisa addetto all’anagrafe con un suo imperdonabile errore mi aveva affibbiato l’inedito ed immotivato nome Giammarco, ed io ho scelto questo, anche per non complicarmi la vita con tutte le pratiche burocratiche per farlo cambiare.
Poteva essere un giorno qualunque, sicuramente una giornata calda e afosa anche qui a Pisa presso la Clinica privata di Via Manzoni gestita da un ordine di Suore, CASA DI CURA SUORE DELL'ADDOLORATA, anziché al vecchio anzi Antico Ospedale di S.Chiara.
La Torre Pendente e Piazza dei Miracoli certamente era affollata da turisti e studenti della rinomata Università degli Studi di Pisa.
La vita d’ogni singola persona era allora, molto più calma ma vissuta con una frenesia ed un’allegria certamente più gioiosa d’oggi; era la reazione agli avvenimenti della tristissima e sofferta tragedia della 2’ guerra Mondiale indubbiamente superata ed alle spalle, ma fissata nella mente di tutti.
La vita d’alcune famiglie di Marina di Pisa certamente doveva cambiare, e tutti si auguravano che quel sospirato ed auspicato lieto evento fosse il primo di una nuova generazione che non fosse stato marcato indelebilmente dalla guerra.
Nonno Corradino fremeva in maniera particolare, infatti, sarebbe stato il suo primo nipote maschio e di questo, allora, non si poteva esserne certi fino all’ultimo minuto, al primo della nuova vita.
Nonno Mario indubbiamente felice, per il suo Franchino, era già al suo secondo nipote maschio.
Nonna Imma con la sua mamma, Nonna Nella, certamente erano piene di gioia e di Preghiere per il Ns. Signore che concedesse quella benedetta creatura.
Nonna Linda sarà stata certamente felice al pari degli altri, ma sinceramente non mi sono mai posto in tempi successivi la domanda da rivolgerle sul suo stato emotivo per quell’evento.
Per gli altri nonni certamente questi domanda negli anni a seguire era del tutto ininfluente, perché spesso mi hanno parlato di quei momenti.
Babbo Franco e Mamma Grazia saranno stati indubbiamente felici, belli e innamorati di tutto e di tutti come ogni coppia al suo primo figlio.
Infine c’era anche Zia Tetta, ancor giovane ma già cosciente di quello che sarebbe accaduto e che forse avrebbe potuto cambiare anche la sua giovane adolescenza.
Andrea, mio cugino, sicuramente troppo piccolo, avrà seguito Zio Ivano e Zia Emilia quando saranno venuti a trovarmi in Clinica.
Preoccupazione e paura erano presenti ed aleggiavano sopra di ognuno di loro rendendo l’attesa certamente palpitante e la speranza che tutto finisse presto e bene sia per mamma Grazia e suo figlio o figlia, chissà, come Dio aveva da sempre deciso.
Il parto, infatti, non si presentava normale ed il parto cesareo incombeva.
Dio, nonostante le forti sofferenze di mamma, mi volle ed eccomi sono qui in mezzo a tutti voi.
Giammarco (Oggi)
Gianmarco (Allora)
Giovanni Marco (per la Chiesa)
Emanuele, Maria, etc. (2’, 3’.…. Nome)
Un vero enigma questo nome, infatti, mamma avrebbe voluto Giovanni, in ricordo di suo nonno paterno.
Babbo avrebbe voluto Marco, come il figlio di un suo amico, per questo il risultato fu inevitabile, “Gianmarco”.
Diciotto anni dopo, in occasione del mio diploma ho scoperto che il solerte funzionario del Comune di Pisa addetto all’anagrafe con un suo imperdonabile errore mi aveva affibbiato l’inedito ed immotivato nome Giammarco, ed io ho scelto questo, anche per non complicarmi la vita con tutte le pratiche burocratiche per farlo cambiare.
Le Prove
“La cosiddetta Scienza Fisica aveva così tiranneggiato le menti umane da persuaderle ad accettare la sua pretesa che un’evidenza che non potesse essere ridotta ai suoi termini non fosse, propriamente parlando, un’evidenza. Gli uomini richiesero che le questioni puramente spirituali fossero, così dicevano, ‘provate’, con la qual cosa intendevano dire ridotte a termini fisici. Poco a poco, comunque, la natura irragionevole di questa pretesa fu compresa. La gente cominciò a percepire che ogni ordine di vita aveva sue evidenze proprie – che c’erano cose, per esempio, come prove morali, prove artistiche, e prove filosofiche; e che queste prove non erano intercambiabili. Richiedere prove fisiche per ogni articolo di fede era fantasioso come richiedere, diciamo, una prova chimica della bellezza di un dipinto, o evidenza in termini di luce o di suono per il profilo morale di un amico, o prove matematiche per l’amore di una madre verso il suo bambino. Quest’idea davvero elementare sembra esser giunta come un rombo di tuono su molti che si fregiavano del titolo di ‘pensatori’; perché distrusse interamente tutta l’artiglieria di argomenti precedentemente impiegati contro la Religione Rivelata.
venerdì 7 maggio 2010
Una conversazione su Dio tra persone che si stimano ma la pensono diversamente.
All'articolo che ho pubblicato ieri un mio caro amico così ha risposto:
Mi permetto dire due cose.. Il dio che hai descritto, é cattivo e vendicativo, e tra l'altro non è in grado di essere in nessun modo clemente .. La seconda cosa, è che pur essendo io completamente ateo, ho decisamente un animo migliore di molti credenti. Non è la paura di una punizione divina che deve tenere le cose a bada, ma deve essere la ... Mostra tuttoconsapevolezza di un bene comune, ed una naturale bontà e capacita di perdono, cose totalmente lontane dal dio di cui ci hai parlato. A me non serve aver paura di un improbabile divinità per essere ciò che sono...
Quando l'ho letto ho riflettuto una buona mezzora mentre stavo guidando sul furgone, quindi rientrato a casa mi sono convinto che comunque dovevo dare una replica a quel commento e gli ho scritto questo:
Mi spiace V...(nome) che tu abbia frainteso le mie parole, probabilmente ai ragione Te quando scrivi sul tuo Blog della difficoltà di un linguaggio universale.
Non era mia volontà far passare Dio per un Dio vendicativo e cattivo, anzi secondo me quelle parole volevano dimostrare quanto Amore ha per noi, convinzione che noi nella fede abbiamo.
Quando dico che Dio ha dei modi di colpire terribili, ovviamente mi riferisco a come noi credenti interpretiamo il possibile allontanamento di Lui da noi.
Allontanamento che non è Lui a volere ma che siamo noi con il nostro atteggiamento e la nostra volontà a volerlo.
Dio sin dall'inizio non ha mai imposto niente, ha sempre esercitato la Sua volontà concedendoci il Libero Arbitrio, ovvero Lui suggerisce e propone, e noi siamo Liberi, con la L maiuscola, di accettare o rifiutare quello che ci viene proposto.
Molto spesso gli Atei confondono, o vogliono ritenere d'interpretare, la Religione e quindi Dio con la chiesa temporale e non con la Chiesa di Dio.
La chiesa temporale ha tutti i difetti dell'uomo così come la società, la politica, e se vuoi anche l'anarchia assoluta.
E' l'uomo imperfetto, non parlo della macchina uomo che è la cosa più bella e efficiente dell'universo, ma l'uomo nella sua Psiche e nel suo Intelletto che condiziona quello che gli sta intorno. E allora avremo il prete buono e il prete cattivo, il politico coscienzioso e quello mascalzone, avremo l'anarchico puro e assoluto che rifiuta il potere e la violenza, e quello che crea solo caos e morte come i black block in Grecia.
Come vedi alla base di tutto c'è il bene e il male, se un individuo riesce a stare bene con se stesso e conseguentemente con gli altri, ma per gli altri intendo tutti senza distinzione di razze,di credo, di colore politico, etc., e portare, inanzi tutto, rispetto e onesta d'animo, problemi non c'è ne sono, e per me questo individuo può dichiararsi Ateo o Credente, non fa distinzione, è soltanto una persona pura di sani principi,e quindi mio fratello.
Con questo non voglio dire che tutto vada bene per questi individui, tra i quali mi ci metto anch'io, anzi, spesso ci troviamo fuori posto e completamente isolati dalla società della quale si può dire tutto il bene del mondo, ma certo non che sia una società di assoluta moralità e sani principi e mutuo soccorso.
Dio dunque, per noi credenti è assolutamente e indissolubilmente Amore, tutto il resto è ......noia e nullità.
Sta a noi accettarlo o rifiutarlo.
Spesso , anzì sempre, nel nostro egoismo congenito, sono le circostanze, le esperienze della vita, positive o negative, che ci portano ad accettarlo o rifiutarlo.
Avremo modo di riparlarne se vorrai, da parte mia leggerti e dialogare a distanza con Te, mi fà molto piacere ed anzì se lo ritieni opportuno possiamo anche parlarne non in chat ed allargare ad altri il dibattito.
Ciao V.... (nome)
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Per finire lui mi ha confermato le seguenti sue ragioni:
Nonostante tu dica che la chiesa di dio e quella dell'uomo siano diverse, prendi come spunto di partenza ciò che ti è stato raccontato dagli uomini nella bibbia, o nel vecchio testamento, parli di leggi proposte da dio, a me sembrano tutti discorsi fatti da uomini. Comunque sia la mia intima convinzione, è che un uomo creda in una divinità solamente perché non riesce ad accettare il fatto che la sua vita è destinata a terminare, concetto che io ho accettato ormai da più di un decennio.. Ripeto, non servono leggi proposte da una divinità per essere moralmente giusti.. E non serve pregare qualcuno o qualcosa per rafforzare la mente, anzi, direi esattamente il contrario. È troppo semplice aggrapparsi ad un dio in ogni circostanza, troppo semplice, prendi come esempio quel prete pedofilo che hanno sgamato alle iene, lui con una preghiera si sentiva a posto, e i suoi confratelli lo assecondavano, è troppo facile così, le divinità non fanno per me.. Un ultima cosa, non credere che abbia smesso di credere in dio per qual si voglia accaduto, ho smesso di crederci quando ho cominciato il liceo e ho scoperto la cultura.... Il mio dio sono io.. .Ciao Gianmarco.
Accetto ma non condivido .....
Accetto ma non condivido .....
Qual'è la causa del declino dell'occidente? Vi sarà ancora la sua ora: Dio non resiste sempre ai superbi?
Vi sarà ancora la sua ora: Dio non resiste sempre ai superbi? Tantissimi uomini e donne del nostro ventunesimo secolo pretendono di finirla con Dio e con la chiesa Cattolica. Quello che essi vogliono, purtroppo, è non solamente di agire senza Dio, ma agire contro Dio ed i suoi comandamenti. Dio mostrerà loro che non s’insorge impunemente contro di lui.
Dio ha dei modi di colpire che sono terribili! Per punirci non è necessario che ci maledica, basta che si ritrai da noi. Qual è oggi la vera causa del declino dell’Occidente? Del declino culturale ed economico dell’Italia? È stato l’introduzione dell’euro come moneta unica europea? Niente affatto! Ora per molto tempo il nome di Dio e l’idea della sua giustizia hanno trattenuto il flusso dell’empietà e della corruzione sociale, come lo sbarramento trattiene le acque di un fiume in piena. Ma il nome di Dio è oggi andato in oblio quasi ovunque, l’idea della giustizia divina non domina più gli spiriti, è per questo che il flusso della corruzione sale di giorno in giorno, sempre, minacciando di portar via tutto.
È vero che se Dio stesso non costruisce, quello che s’innalza non tiene affatto; che se egli non custodisce la città, è invano che si veglia intorno ad essa. Quando Dio non è con gli uomini, non vi è presso di essi che debolezza e impotenza, e tra di essi che egoismo, diffidenza, insubordinazione. Dio disprezzato si vendica lasciandoli a se stessi. “Essi sapranno che sono il Signore”, dice Dio per bocca del profeta. Possiamo comprenderlo, non spezzarci sotto i terribili colpi della forza divina ma vinti dall’amore e illuminati dalla fede! Chi è forte come Dio? Alla vista dei complotti dell’empietà, ricordiamoci il grido di san Michele. Nella lotta accanita che si scatena, il vinto non sarà né Dio né la Chiesa, sarà Satana ed il mondo amico di Satana.
Dio ha dei modi di colpire che sono terribili! Per punirci non è necessario che ci maledica, basta che si ritrai da noi. Qual è oggi la vera causa del declino dell’Occidente? Del declino culturale ed economico dell’Italia? È stato l’introduzione dell’euro come moneta unica europea? Niente affatto! Ora per molto tempo il nome di Dio e l’idea della sua giustizia hanno trattenuto il flusso dell’empietà e della corruzione sociale, come lo sbarramento trattiene le acque di un fiume in piena. Ma il nome di Dio è oggi andato in oblio quasi ovunque, l’idea della giustizia divina non domina più gli spiriti, è per questo che il flusso della corruzione sale di giorno in giorno, sempre, minacciando di portar via tutto.
È vero che se Dio stesso non costruisce, quello che s’innalza non tiene affatto; che se egli non custodisce la città, è invano che si veglia intorno ad essa. Quando Dio non è con gli uomini, non vi è presso di essi che debolezza e impotenza, e tra di essi che egoismo, diffidenza, insubordinazione. Dio disprezzato si vendica lasciandoli a se stessi. “Essi sapranno che sono il Signore”, dice Dio per bocca del profeta. Possiamo comprenderlo, non spezzarci sotto i terribili colpi della forza divina ma vinti dall’amore e illuminati dalla fede! Chi è forte come Dio? Alla vista dei complotti dell’empietà, ricordiamoci il grido di san Michele. Nella lotta accanita che si scatena, il vinto non sarà né Dio né la Chiesa, sarà Satana ed il mondo amico di Satana.
martedì 4 maggio 2010
Libri, di carta o elettronici? Questo è il dilemma. Continueremo a leggere come abbiamo sempre fatto.....
Un libro elettronico (Ansa).Di carta o elettronico? Questo è il dilemma. Continueremo a leggere come abbiamo sempre fatto, cioè tenendo in mano un libro stampato su carta, con tutti i vantaggi e gli svantaggi della sua materialità, o presto diventeremo tutti lettori digitali, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso?
Alcuni editori giurano che i tempi per il debutto, in Italia, dell'e-book sono maturi. E ne hanno anche fissato la data del compleanno: autunno di quest'anno, con la prospettiva di diventare il regalo tecnologico più gettonato e ricercato del prossimo Natale. Sarà così? Impossibile dirlo. Certo, è innegabile che negli Stati Uniti il libro elettronico stia prendendo piede, anche se rappresenta ancora un segmento marginale del mercato librario. Un sospetto, però, ci frulla in testa: non è che queste previsioni così trionfalistiche sul successo prossimo venturo dell'e-book siano alimentate ad arte da chi ce lo vuole vendere?
Naturalmente il quid della questione è un altro: quale rapporto si instaurerà fra il lettore e il nuovo mezzo? Sboccerà un'amicizia, o resterà un amore mancato? A favore della prima ipotesi gioca il fatto che sull'e-book si potrà caricare un'enorme quantità di materiale e che i prezzi dei testi digitali dovrebbero ridursi sensibilmente rispetto a quelli del cartaceo. In questo senso, i benefici che se ne possono trarre nell'ambito dello studio e dei testi scolastici sembrano innegabili. A far pendere la bilancia verso la seconda ipotesi è invece un fattore se vogliamo impalpabile, persino romantico, ma dall'indiscutibile peso: il libro è bello tenerlo in mano, sentirne la consistenza, odorarlo persino... Nell'attesa che la storia si incarichi di rispondere agli interrogativi che restano in sospeso, sarà interessante seguire un evento previsto all'interno del Salone del libro di Torino (13-17 maggio). Il 13 maggio avrà luogo la conferenza “Che fine farà l’ebook. Tra libri di carta e applicazioni digitali”, nel corso del quale si presenteranno i risultati di un'indagine della NielsenBookScan e dell'Associazione italiana editori.
Intanto, manifestiamo simpatia per l'ironia del titolo, che scarica sull'e-book, anziché sul libro di carta, le incertezze del futuro. Ma cosa emerge dall'indagine? Del pubblico con età superiore ai 14 anni più aperto alle nuove tecnologie, il 7,5% dichiara di aver già comprato (o di accingersi a farlo) un e-book. Un altro 5,8% aspetta solo un maggior numero di titoli in italiano, e un altro 2,8% la possibilità di leggersi sullo schermo dei best seller. E il 27,0% solo la discesa del prezzo degli e-reader. Numeri per ora ancora lontani da quelli del mercato tradizionale, ma dai quali emerge anche una dinamica aperta alla novità.
Vini D.O.C., anzi D.O.P.
Che strano, non c'è più il vino Doc
Sugli scaffali troveremo il Dop: lo stabilisce un regolamento europeo appena varato. Ma non è l'unica novità. Una guida alla lettura dell'etichetta.
I vini Doc sono diventati Dop per una decisione europea e già si vedono negli scaffali. Non cambia niente, soltanto la sigla, da denominazione d’origine controllata a denominazione d’origine protetta. Questa può essere considerata una stranezza normativa, perché ormai i consumatori si erano abituati alla sigla Doc, ma non è la sola. Manca per esempio l’obbligo di dichiarare in etichetta se il vino è secco, amabile o dolce.
Soltanto i singoli disciplinari dei vini Doc possono prevedere questo obbligo, ma spesso non lo fanno, quindi può capitare di comprare oggi un vino Doc secco e domani lo stesso Doc amabile, si può immaginare con quanta sorpresa. Non è neanche obbligatorio dichiarare se il vino è bianco o rosso e, infatti, spesso non è dichiarato. E’ il consumatore che deve sguerciarsi a guardare attraverso la bottiglia. E se la bottiglia è nera? Inoltre, non è obbligatorio dichiarare in etichetta l’annata del vino, se non è previsto dal rispettivo disciplinare o se questo ne dà solo la facoltà. Anzi, nei semplici vini da tavola è addirittura vietato, anche se imbottigliati dallo stesso viticoltore che ha vendemmiato. Il perché è un mistero. E c’è anche il mistero del vino cotto. Gli esperti lo definiscono corposo, balsamico, profumatissimo e tonificante, ma è una rarità clandestina perché la legge ne vieta la commercializzazione, essendo considerata una sofisticazione del vino in base ai Regolamenti comunitari. Una volta il vino cotto era considerato una medicina e attualmente è celebrato nell’unica manifestazione in Europa che gli è dedicata, la sagra di Loro Piceno, un paesino nell’entroterra di Macerata. Il vino cotto locale si ottiene dalle uve migliori di Sangiovese, Trebbiano, Montepulciano, Maceratino e Verdicchio, il cui mosto viene fatto bollire per 8-10 ore in recipienti di rame. Ne viene ricavata una concentrazione pari ad un terzo di quella iniziale, che è fatta invecchiare per anche più di 30 anni in botti di rovere.
Il prodotto di questa lavorazione è una bevanda che –secondo gli esperti– non ha nulla da invidiare al Porto. E’ vietato anche chiamare vino il Fragolino, tanto che per un po’ di tempo i Servizi repressione frodi hanno fatto il giro di ristoranti, trattorie, bar e osterie per vedere se servivano sottobanco ai clienti il Fragolino, vino ricavato dall’uva fragola. Sembra che si tratti di un reato molto grave, più che vendere o comprare sigarette di contrabbando, poiché l’uva fragola non nasce da una vitis vinifera come il Pinot o il Trebbiano e il Dpr n. 162/1965 ha vietato tassativamente di vendere vino non ricavato da una vitis vinifera. Il paradosso è che, mentre si può preparare e commercializzare una bevanda di fantasia con qualsiasi intruglio che viene in mente, con il vino non si scherza. Fortunatamente è stata trovata una scappatoia all’italiana: basta dichiarare sul menù o listino che non si tratta di vino, ma di una bevanda di fantasia.
Il prodotto di questa lavorazione è una bevanda che –secondo gli esperti– non ha nulla da invidiare al Porto. E’ vietato anche chiamare vino il Fragolino, tanto che per un po’ di tempo i Servizi repressione frodi hanno fatto il giro di ristoranti, trattorie, bar e osterie per vedere se servivano sottobanco ai clienti il Fragolino, vino ricavato dall’uva fragola. Sembra che si tratti di un reato molto grave, più che vendere o comprare sigarette di contrabbando, poiché l’uva fragola non nasce da una vitis vinifera come il Pinot o il Trebbiano e il Dpr n. 162/1965 ha vietato tassativamente di vendere vino non ricavato da una vitis vinifera. Il paradosso è che, mentre si può preparare e commercializzare una bevanda di fantasia con qualsiasi intruglio che viene in mente, con il vino non si scherza. Fortunatamente è stata trovata una scappatoia all’italiana: basta dichiarare sul menù o listino che non si tratta di vino, ma di una bevanda di fantasia.
domenica 2 maggio 2010
Dossier - No all'uomo-cavia
In Gran Bretagna, 80 embrioni generati con il Dna di due madri e un padre. Si vuol creare l'uomo "alla carta".
L'esperimento di Newcastle è stato annunciato dalla rivista Nature (foto Ansa).
Un nuovo tipo umano, un embrione generato attraverso la tecnica della fecondazione in vitro utilizzando il Dna di due madri e di un padre. Questa sembra essere la nuova e inquietante frontiera della bioetica sperimentata dall'Università di Newcastle e annunciata in un servizio dalla rivista scientifica americana Nature. La nuova tecnica, mettendo da parte ogni rilievo di tipo antropologico e bioetico, aiuterebbe a prevenire le malattie ereditarie originate da problemi mitocondriali.
La tecnica è, come dice un comunicato del Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica di Roma, "quella del trasferimento del nucleo dell’ovocita di una donna in quello di un’altra il cui DNA mitocondriale è sano, insieme al DNA del gamete maschile".
La nota del Centro, diretto dal professor Pessina, stigmatizza questo tipo di esperimenti che non mascherano altro che una vera e propria tendenza eugenetica, una sorta di programmazione "à la carte" dell'uomo attraverso le tecniche di fecondazione per la creazione di sempre "nuovi cocktails genetici".
E conclude con una domanda inquietante: "Stiamo di fatto minando le fondamenta, faticosamente guadagnate, dell’idea di un uomo come soggetto che non può essere né prodotto né fabbricato. La fabbrica della salute in futuro annovererà gli uomini tra i nuovi prodotti controllati?".
sabato 1 maggio 2010
Bunker in Norvegia salva semi ?
OSLO, Norvegia -- E' una sorta di Arca di Noè costruita in una caverna scavata nel permafrost. Il suo scopo sarà quello di conservare i semi di tre milioni di specie vegetali per garantire, in caso di catastrofe planetaria, la continuazione della vita sulla Terra. Sono cominciati in questi giorni alle isole Svalbard i lavori di costruzione della "cassaforte del giorno del giudizio", come l'hanno soprannominata i suoi inventori.
Si tratta di un caveau in cemento armato, realizzato in una caverna scavata nel permafrost. la sua costruzione costerà due milioni e mezzo di euro, pagati interamente dal governo norvegese. Il deposito garantirà la conservazione di semi congelati di quasi tutte le specie di piante presenti sul nostro pianeta. E consentirà ai sopravvissuti di catastrofi naturali o di una malaugurata apocalisse nucleare, di far risorgere l'agricoltura e ricostruire le coltivazioni essenziali nella loro biodiversità.
Il progetto, patrocinato dal Global Crop Diversity Trust (Gcdt), la fondazione internazionale per la varietà globale delle colture, è ospitato - col plauso della Fao, l'agenzia Onu per l'alimentazione - nell'arcipelago delle Svalbard, in territorio norvegese.
I semi e le spore verranno conservate per centinaia o migliaia di anni, a una temperatura costante di 18-20 gradi sotto zero. Per far questo sarà costruita una caverna rinforzata da un guscio di calcestruzzo spesso un metro e da porte blindate d'acciaio dello stesso spessore.
L'ingresso verrà difeso, oltre che dal "gradevole" clima artico, dai guardiani naturali: gli orsi polari.
Il guscio artificiale è immerso profondamente nel parmafrost (ovvero nel terreno permanentemente ghiacciato) e nella roccia. Anche se gli impianti di refrigerazione dovessero finire fuori uso, ci vorrebbero mesi, forse anni, prima che la temperatura nel caveau si avvicini solo ai 3,5 gradi sottozero del permafrost circostante.
All'interno del "caveau frigorifero" saranno custoditi tre milioni di campioni. Raccolti in buste contenenti centinaia di semi di specie diverse provenienti da ogni ambiente, clima e angolo del pianeta.
''Questa struttura fornirà i mezzi pratici per reimpiantare le colture distrutte da catastrofi di primo ordine - ha spiegato il capo del progetto Cary Fowler, a capo del Gcdt - una guerra nucleare, catastrofi naturali o incidenti". Oppure da "errori di gestione'' che rischiano di sradicare e far estinguere specie vegetali essenziali.
''Il deposito è di importanza internazionale", ha assicurato il premier svedese Stoltenberg durante l'inaugurazione alla presenza degli altri colleghi scandinavi. "Sarà l'unico nel suo genere perché tutte le altre banche genetiche esistenti sono di natura commerciale''.
''Ci auguriamo così di preservare la diversità biologica in agricoltura, soprattutto delle colture essenziali per l'alimentazione'', ha sottolineato il ministro dell'agricoltura di Oslo, Terje Riis-Johansen. ''Penso che numerosi Paesi utilizzeranno questa cassaforte anche per premunirsi contro le malattie delle piante e altre minacce''.
Speriamo che tutto questo progetto non nasconda qualche altro mistero, perchè spendere questa cifra per un qualcosa che potrebbe avvenire oppure no sembra un pò strano.
IL TERMINALE OLT-LNG TOSCANA (visto dalla parte interessata)
I dati in breve:
22 km al largo della costa tra Livorno e Pisa
36 km di condotti interrati, di cui 29,5 km sottomarini
6 metri la profondità di interramento della condotta lungo il Canale Scolmatore per garantire la navigabilità
La collocazione del rigassificatore è stata scelta a livello nazionale perchè Livorno è un porto adeguato a supportare le attività del terminale.
Livorno è inoltre collocato in una zona strategica di approvvigionamento, vicina ai territori dove il gas viene maggiormente utilizzato.
La Toscana, infatti, è una delle regioni che utilizzano maggiori quantità di gas, con un consumo annuo di circa 4 miliardi di metri cubi. Si stima che nei prossimi 2-3 anni il fabbisogno crescerà a circa 7 miliardi di metri cubi annui.
Informazioni estratte dal sito dell'OLT-LNG Toscana.
IL TERMINALE OLT-LNG TOSCANA: (visto dal comitato No off-shore)
Firmato a Livorno un accordo tra Olt e la Fratelli Neri: 40 i nuovi assuntiMa il Comitato No off-shore tira dritto e domenica manifesta Tirrenia
LIVORNO. E' stato firmato oggi in Comune, il primo degli accordi tra la Olt Offshore Lng Toscana e la Fratelli Neri che, secondo la multinazionale dell'energia, sanciranno l'assunzione da parte di quest'ultima di tutti i compiti relativi alla vigilanza, all'assistenza, al pattugliamento e al supporto logistico del terminale, mettendo a disposizione una vera flotta di mezzi specializzati e il relativo personale.
Gli accordi avranno una durata di 15 anni a cui se ne aggiungeranno altri 5 in opzione e prevederanno nuove assunzioni da parte della Fratelli Neri per circa 40 unità tra manager, personale marittimo e addetto alla base a terra.
Per svolgere i compiti relativi agli accordi, l'investimento stimato dalle aziende è di oltre 50 milioni di euro dedicati anche alla costruzione di una flotta di mezzi creati appositamente per rispondere alle esigenze del futuro rigassificatore: un nuovo guardian - supply vessel, un crew boat e due rimorchiatori da 100 tonnellate di tiro con qualifica escort.
La notizia dell'accordo non ha fermato i membri del Comitato No off-shore che hanno organizzato una manifestazione contro il terminal, per domenica, a Calambrone. «Riteniamo che, dopo gli scavi a mare e le polemiche sulla chiusura della Meloria, sia giunto il momento di aprire un dibattito sulla questione "mare". Gli scavi hanno sollevato i fanghi a suo tempo depositati sui fondali, fra i quali il micidiale Tbt scoperto a suo tempo da Greenpeace, causando a nostro avviso seri problemi per la balneazione in zona Calambrone - Tirrenia» hanno spiegato dal Comitato.
«Tutto ciò contrasta clamorosamente non solo con la necessaria cautela per la salute pubblica dovuta in questi casi, e di cui le istituzioni dovrebbero farsi carico, ma anche con il rispetto per il santuario dei cetacei ed ora anche per il neo-parco della Meloria, zone in quanto tali soggette a maggior protezione di altre non elevate a parchi».
Intanto, nell'incontro di ieri, Olt ha precisato, che la nave Golar Frost attualmente in cantiere a Dubai per i lavori di trasformazione, giungerà, nei primi mesi del 2011, al largo delle coste toscane, a circa 22,5 Km. L'entrata in esercizio è prevista per la metà del 2011, con una capacità di rigassificazione di 3,75 miliardi di mc/anno, pari circa il 4% del fabbisogno nazionale.
da greenreport.it.
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