Il tuo occhio sia vigile

Il tuo occhio sia vigile

domenica 27 giugno 2010

I DATI SULLA FAME NEL MONDO

1. Circa 24.000 persone muoiono ogni giorno per fame o cause ad essa correlate. I dati sono migliorati rispetto alle 35.000 persone di dieci anni fa o le 41.000 di venti anni fa. Tre quarti dei decessi interessano bambini al di sotto dei cinque anni d'età.


2. Oggi, il 10% dei bambini che vivono in paesi in via di sviluppo muoiono prima di aver compiuto cinque anni. Anche in questo caso, il dato è migliorato rispetto al 28% di cinquanta anni fa.


3. Carestia e guerre causano solo il 10% dei decessi per fame, benchè queste siano le cause di cui si sente più spesso parlare. La maggior parte dei decessi per fame sono causati da malnutrizione cronica. I nuclei familiari semplicemente non riescono ad ottenere cibo sufficiente. Questo a sua volta è dovuto all'estrema povertà.


4. Oltre alla morte, la malnutrizione cronica causa indebolimento della vista, uno stato permanente di affaticamento che causa una bassa capacità di concentrarsi e lavorare, una crescita stentata ed un'estrema suscettibilità alle malattie. Le persone estremamente malnutrite non riescono a mantenere neanche le funzioni vitali basilari.


5. Si calcola che circa 800 milioni di persone nel mondo soffrano per fame e malnutrizione, circa 100 volte il numero di persone che effettivamente ne muoiono ogni anno.


6. Spesso, le popolazioni più povere necessitano di minime risorse per riuscire a coltivare sufficienti prodotti commestibili e diventare autosufficienti. Queste risorse possono essere: semi di buona qualità, attrezzi agricoli appropriati e l'accesso all'acqua. Minimi miglioramenti delle tecniche agricole e dei sistemi di conservazione dei cibi apportano ulteriore aiuto.


7. Numerosi esperti in questo campo, sono convinti che il modo migliore per alleviare la fame nel mondo sia l'istruzione. Le persone istruite riescono più facilmente ad uscire dal ciclo di povertà che causa la fame.


Fonti (divise in paragrafi):


1) Il Progetto contro la Fame nel Mondo, Nazioni Unite;


2) CARE;


3) Istituto per la promozione dello sviluppo e dell'alimentazione;


4) Programma mondiale per il cibo delle Nazioni Unite (WFP);


5) Organizzazione delle Nazione Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO);


6) Oxfam;


7) Fondo per l'infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF)

MA COME SI FA'!!!! SIAMO IN MANO AD UNA SOCIETA' DI INCOMPETENTI, DI MILLANTATORI, DI INCOSCIENTI

Pongo alla vostra attenzione il seguente quesito: " Come può una società, in tutti i suoi componenti, reggere all'incapacità, alla millanteria, all'incoscienza dei suoi poteri principali, a tutte le classi sociali, di qualsiasi età, sesso, ubicazione geografica, e di tanto altro. Cercherò di spiegarmi.

1°accadimento.
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L'altra settimana Il Presidente del Consiglio ha improvvisamente creato un nuovo dicastero e il suo relativo ministro Blancher. Quest'ultimo è stato accusato al tempo di Tangentopoli  per falso in bilancio e finanziamento illecito dell'allora partito Socialista di Craxi, con condanna in 1° grado e in appello salvandosi poi in Cassazione. Ora è stato accusato per la scalata alla banca Antonveneta. Bene dopo pochi giorni dalla sua nomina invoca il Legittimo Impedimento per non comparire in tribunale per farsi interrogare, ipotizzando la necessità di dedicarsi completamente all'organizzazione del nuovo Ministero. Meno male che il presidente Napolitano, questa volta è intervenuto, dicendo che il nuovo ministero è senza portafoglio pertanto non può essere applicata l'escamotage del Legittimo Impedimento. la llega a questo punto ha preso la palla allo sbalzo e si è schierata contro la decisione di berlusconi e del suo nuovo delfino Brancher. Tutto questo mi sembra di una stupidità, di una incoscienza terrificante, per come è stata gestita la vicenda, ma pensavano che tutti fossero deficienti con il prosciutto davanti agli occhi?. E poi il tutto non è servito a  determinare una possibile rottura nei rapporti interni del PDL???

2° accadimento
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La nazionale di calcio è stata ignobilmente cacciata dai Mondiali di calcio in Sud Africa in un  girone che doveva invece vincere a mani basse- Bene alcuni commenti di quotidiani nazionali, di testate politiche, e anche di testate giornaliste televisive hanno commentato nei loro titoli di prima pagina con farsi di questo tipo:
" La Nazionale sconfitta, specchio di un Paese che perde ovunque " volendo sottolineare la linea sottile, ma non troppo, che unisce il fallimento della squadra di calcio ITALIA con la conduzione politica di Berlusconi &C. della Nazione ITALIA. Sconcertante un TG3 e un quotidiano con vecchie tradizioni  politiche che commentano una normale anche se inverosimile sconfitta nello sport nazionale, con la macchaivellica, pericolosa, impopolare conduzione politica del nostro Paese. Anzichè controbattere sempre e comunque le scelte politiche della destra al governo, cosa fanno i portavoce dell'oppoisizione???, peggio di Novella 2000 o altri rotocalchi di gossip, sciorinano inpensabili e incompetenti paragoni politico-calcistici, VERGOGNOSO comportamento da zittelle inacidite e ciaccherone di paese.

3° accadimento
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Il Comune di Pisa, in un periodo di forte crisi economica, dove il turismo già difetta in presenze sul litorale Pisano, cosa si inventa???? le isole ecologiche interrate nelle principali piazze di Tirrenia e Marina di Pisa, percui ai primi di Giugno, quando il maltempo già riduceva le presenze sul litorale, dopo aver sbandierato ai quattro venti la chiusura provvisoria per l'intera estate dei cantieri stradali al Calambrone per la realizzazione delle fognature e della pista ciclabile ( scandalosa per ubicazione e caratteristiche logistiche), che giustamente rendevano pericoloso e difficoltoso il traffico dei pendolari bagnanti, riempiva di mezzi pesanti, ruspe, escavatori, transenne etc. i luoghi che di per se sono importantissimi e già critici di suo per la viabilità ed il parcheggio.
Non solo a Marina con una trovata veramente geniale fà installare gabinetti chimici in piazza Sardegna, di quelli per intenderci utilizzati nei cantieri edili, nelle fiere, etc, che certamente non giovano ala decoro urbano e soprattutto alla pubblica decenza. Il tocco di classe poi è stata la loro installazione senza alcun fissaggio al terreno, così che alla prima libecciata di qualche giorno fà uno di questi si è rovesciato con abbondante fuoriuscita del maleodorante  contenuto. Bello proprio bello!!! una GENIALATA che neppure nel più profondo terzo mondo possiamo trovare.
Che professionalità, che alto managerismo che dimostrazione di cultura turistica hanno i nostri amministratori degnamente condotti dal solito amministratore di partito estratto dal nulla come il coniglio dal cappello del prestigiatore di turno.Quello che per giunta non si capisce è l'organizzazione e l'amministrazione dei lavori. delle manutenzioni pubbliche, e il perchè non vengono aggiudicate, ed eseguite nei mesi morti invernali. E' come se a Cortina o al Sestriere si rifacessero gli impianti di risalita o le piste iniziando ai primi di Dicembre continuando per l'intero periodo invernale.
Alla luce di questi piccoli fatti, ma potremmo citarne a migliaia solo nella nostra regione, come si può pretendere che L'Italia possa cambiare e evolversi come dovrebbe fare una vera potenza economica occidentale? Ma come pensiamo di poter competere con nazioni emergenti in tutti i settori dal manufatturiero, al turismo, come la Cina, l'India, i paesi della penisola Arabica e fra non molto dell'Africa più evoluta, dove adesso è il basso costo della mano d'opera che ne determina il successo, e domani l'immense risorse umane e di materie prime.
E poi basta vedere Berlusconi nelle immagini di questi giorni al G20 in Canada come si pavoneggia e cerca sempre di mettersi in primo piano, con il suo sorriso a 51 denti come un giullare di corte, non certo come un primo ministro degno di tale nome.
Povere prossime generazioni, ma quale esempio riusciamo a dare loro, in tutti i settori della vita pubblica, del sociale, e del lavoro???

A Presto

martedì 22 giugno 2010

Kahlil Gibran - Del comprare e del vendere

E un mercante disse: Parlaci del comprare e del Vendere.
Ed egli rispose e disse:
La terra vi offre i suoi frutti, e voi non patirete indigenza se solo saprete come riempirvene le mani.
E’ scambiandovi i doni della terra che troverete abbondanza e sarete soddisfatti.
Ma se lo scambio non sarà con amore ed equanime giustizia,
non condurrà che alcuni all’ingordigia ed altri alla fame.
Quando voi, lavoratori del mare e dei campi e delle vigne incontrate sulla piazza del mercato i tessitori,
i vasai e i venditori di spezie,
invocate allora che lo spirito supremo della terra intervenga tra voi a santificare bilance e calcolo,
di modo che pesi e valori si corrispondano.
E non lasciate che chi ha mani sterili partecipi alle vostre transazioni, perché costoro
venderebbero le loro chiacchiere per la vostra fatica.
Dovreste dire a tali uomini:
"Venite con noi nei campi, o recatevi con i nostri fratelli al mare a gettare la vostra rete:
Poiché la terra e il mare saranno generosi come con noi".
E se colà verranno i danzatori e i cantanti e i suonatori di flauto, ebbene. Comprate pure i loro doni.
Poiché anch’essi sono raccoglitori di frutti e d’incenso, e ciò che essi vi recano,
benché fatto di sogni, è di ornamento e alimento alla vostra anima.
E prima di lasciare la piazza del mercato, badate a che nessuno vada via a mani vuote.
Poiché lo spirito supremo della terra non dormirà in pace nel vento finchè i bisogni dell’ultimo tra voi,
non siano soddisfatti.


Kahlil Gibran

(Molti degli scritti di Gibran hanno per argomento il Cristianesimo, in particolare il tema dell'amore spirituale. La sua opera poetica si distingue per l'uso di un linguaggio formale e per osservazioni sui temi della vita mediante termini spirituali.)

Sappiatelo, sovrani e vassalli, eminenze e mendicanti, nessuno avrà diritto al superfluo, finché uno solo mancherà del necessario." Salvador Diaz Miròn

La povertà è fame. La povertà è vivere senza un tetto. La povertà è essere ammalati e non riuscire a farsi visitare da un medico.
La povertà è non potere andare a scuola e non sapere leggere. La povertà è non avere un lavoro, è timore del futuro, è vivere giorno per giorno.
La povertà è perdere un figlio per una malattia causata dall'inquinamento dell'acqua.
La povertà è non avere potere e non essere rappresentati adeguatamente; la povertà è macanza di libertà.
La povertà assume volti diversi, volti che cambiano nei luoghi e nel tempo, ed è stata descritta in molti modi .
La povertà è una situazione da cui la gente vuole evadere.
La povertà, quindi, richiede azioni sia da parte dei poveri che dei benestanti, e richiede di cambiare il mondo per fare sì che molte più persone possano avere un buon livello di nutrizione, un alloggio adeguato, accesso all'educazione e alla salute, protezione dalla violenza, e voce in ciò che succede nella loro comunità.
Le dimensioni della povertà.
Per capire come si può ridurre la povertà, per capire ciò che contribuisce o meno ad alleviarla e per capire come cambia nel tempo, bisogna definire, misurare, studiare ed anche vivere la povertà.
Dato che la povertà ha tante dimensioni, deve essere osservata mediante una serie di indicatori; indicatori dei livelli di reddito e di consumo, indicatori sociali ed anche indicatori della vulnerabilità e del livello di accesso alla società e alla vita politica.




......Non chiedermi cosa è la povertà perché l'hai incontrata nella mia casa.
Guarda il tetto e conta il numero dei buchi.
Guarda i miei utensili e gli abiti che indosso.
Guarda dappertutto e scrivi cosa vedi.
Quello che vedi è la povertà.

domenica 20 giugno 2010

Utah, giustiziato Ronnie Lee Gardner. Ha scelto di morire per fucilazione. Quattro proiettili nel cuore, aveva 49 anni. Giovedì il governatore ha respinto l'ultima richiesta di clemenza. Condannato nel 1985 per due omicidi

MILANO - Quattro proiettili dentro il cuore. Dopo aver passato 25 anni nel braccio della morte Ronnie Lee Gardner, 49 anni, ha deciso di essere fucilato, crollando sotto i colpi di un plotone d'esecuzione nel carcere di Salt Lake City (Utah). Una modalità che sembra d'altri tempi e che il condannato aveva scelto il 23 aprile: giovedì ha confermato le sue ultime volontà, dopo che il governatore dello Utah ha respinto l'ultima richiesta di clemenza presentata dai suoi avvocati. «Il caso di Gardner è stato esaminato da numerosi tribunali in modo completo ed equo»: è stata la spiegazione del governatore Gary Herbert. Pochi giorni prima un'altra istanza era stata respinta dal Board of Pardons and Parole (comitato che esamina le richieste di grazia) dello Utah. L'esecuzione è avvenuta a mezzanotte (le 8 italiane), venti minuti dopo il condannato è stato dichiarato morto. L'annuncio è andato anche su Twitter, ad opera del ministro della Giustizia Mark Shurtleff che ha mandato tre post dal suo telefonino: «Un giorno solenne. Salvo rinvio Corte Suprema e con il mio sì finale, lo Utah userà il massimo potere e giustizierà un assassino»; «Ho già dato l'ordine al direttore della prigione di procedere. Che Dio gli dia la pietà che lui ha negato alle sue vittime»; nel terzo messaggio Shurtleff ha annunciato una conferenza stampa.
IL RITUALE - Lo Utah ha abolito le esecuzioni per fucilazione nel 2004 ma coloro che erano già stati condannati in quella data hanno conservato il diritto di scegliere come lasciare questo mondo, se con il plotone o con l'iniezione letale. La fucilazione, ormai rarissima, segue un preciso rituale. Il condannato viene legato a una sedia. Cinque volontari, rappresentanti delle forze dell’ordine, si sistemano a otto metri da lui armati di fucili Winchester caricati con una cartuccia calibro 30: solo uno ha l’arma caricata a salve. Un obiettivo in tessuto bianco viene appuntato all’altezza del cuore del detenuto, un recipiente è posto ai suoi piedi per raccogliere il sangue. Dopo avere pronunciato le ultime parole, la testa viene coperta con un cappuccio e i boia fanno fuoco, senza sapere chi tra loro causerà la sua morte. Nel caso di Gardner sono stati tutti e quattro. I testimoni presenti non possono vedere il viso dei cecchini.

L'ULTIMO PASTO - «Ha voluto che nessuno lo vedesse mentre lo fucilavano. Avrei voluto essere lì per lui, gli volevo molto bene» ha detto il fratello maggiore di Ronnie Lee dopo l'annuncio della morte. Le guardie carcerarie hanno riferito che il condannato ha atteso il momento dell'esecuzione senza mostrare alcuna emozione. È rimasto calmo, ha letto un libro e guardato un film, "Il signore degli anelli". Il suo ultimo pasto è stato: bistecca, aragosta, una torta di mele, un gelato alla vaniglia e una Seven-Up.

DUE OMICIDI - Ronnie Lee Gardner era stato condannato a morte nel 1985 per duplice omicidio. Pochi mesi prima aveva ucciso, durante un litigio, il barista Melvyn Otterstrom. Poi, al processo, tentando di scappare dal tribunale ha colpito a morte uno dei giudici, Michael Burdell. La famiglia di questi, contraria alla pena di morte, aveva appoggiato la richiesta di clemenza presentata dai legali (e respinta dalla Corte Suprema), ma la famiglia del barista si è opposta. Da 14 anni non veniva eseguita una condanna mediante fucilazione negli Usa, e dal 1976, anno in cui è tornata in vigore la pena di morte, ne erano state eseguite due, sempre nello Utah. L'ultima, 14 anni fa, è stata quella di John Albert Taylor. Con quella di Gardner, sono 1.216 le esecuzioni negli Usa del 1976 ad oggi: 1.042 per iniezione letale, 157 con la sedia elettrica, 11 con camera a gas, 3 per impiccagione, 3 per fucilazione.

Dal Corriere della Sera.

venerdì 18 giugno 2010

UNA TESTIMONIANZA: " TRA LA VITA E LA MORTE ". di Mariagloria Ciuti

Per quel che puo' servire la mia testimonianza:




ho visto morire mio suocero, ero da sola in quella stanza,una morte terribile che non descrivo per rispetto...ma posso giurare di aver visto poco prima che spirasse un meraviglioso sorriso e uno sguardo felice che guardava verso l'alto...era un volto completamente trasfigurato che non assomigliava lontanamente a quello che aveva pochi attimi prima...ormai non mi vedeva più, ma sono sicura che stesse vedendo qualcos'altro e il suo volto prima terribilmente sofferente era diventato luminoso e straordinariamente sereno.....Al momento rimasi estremamente colpita di questo repentino cambiamento, tanto che mi alzai e mi avvicinai a guardare quel viso che poco prima mi angosciava per gli spasimi del dolore....adesso invece sorrideva, ma di un sorriso che non riesco a descrivere e che per molto tempo ho tenuto tutto per me....dopo poco spirò, ma quel sorriso rimase nel suo viso!


Sia io che mio fratello siamo rimasti vicini a mio padre nel punto di morte avvenuta alle due di notte circa, e gia' dal pomeriggio aveva perso conoscenza. Anche per lui il suo viso si trasformò e con le mani faceva dei gesti meravigliosi, come una danza....sembrava che rispondesse ad un richiamo, alzava le braccie e sembrava salutasse...ma i suoi movimenti non erano movimenti normali, lui che era stato un uomo molto forte stava volteggiando le braccia con una leggiadria unica....stava rispondendo ad un saluto ..o ad un richiamo...


non so dare una spiegazione a questi modi di lasciare la vita,ma nessuno può togliermi dalla testa che entrambi avevano trovato una grande pace...una grande serenità.............


Sono sicura che non sarebbero mai più stati soli e non avrebbero più sofferto, ecco perche' ho la certezza che un giorno io mi ritroverò con tutti i miei cari, senza più sofferenza, in un posto dove regnerà solo tanta tranquillità e tanta pace !!!!

giovedì 17 giugno 2010

"CHE COS'E' L'AGNOSTICISMO?"

L’agnosticismo è la concezione secondo cui l’esistenza di Dio è impossibile da conoscere o da provare. Il termine “agnostico” significa essenzialmente “senza conoscenza”. L’agnosticismo è una forma più intellettualmente onesta di ateismo. L’ateismo afferma che non esiste Dio: una posizione, questa, indimostrabile. L’agnosticismo sostiene che l’esistenza di Dio non possa essere né provata né confutata, essendo impossibile sapere se Dio esista. Quanto a questo concetto, l’agnosticismo è corretto, perché l’esistenza di Dio non può essere provata o confutata empiricamente.
L’agnosticismo è essenzialmente la riluttanza a prendere una decisione o per o contro l’esistenza di Dio. È la posizione della definitiva “indecisione”. I teisti credono che Dio esista. Gli atei credono che Dio non esista. Gli agnostici credono che non dovremmo né credere né non credere nell’esistenza di Dio, perché è impossibile saperlo nell’uno e nell’altro senso.
Solo per fare un esempio, respingiamo le prove lampanti e innegabili dell’esistenza di Dio. Se mettiamo le posizioni del teismo e dell’ateismo/agnosticismo su un piano di parità, in quale è più “sensato” credere rispetto alla possibilità della vita dopo la morte? Se non c’è alcun Dio i teisti e gli atei/agnostici cesseranno semplicemente tutti indistintamente di esistere, quando moriranno. Se  c’è un Dio, gli atei e gli agnostici avranno qualcuno a cui rispondere, quando moriranno. Da questa prospettiva, ha certamente più “senso” essere teisti che atei/agnostici. Se nessuna posizione può essere provata o confutata, non sembra saggio fare ogni sforzo per credere nella posizione che potrebbe avere un risultato finale infinitamente ed eternamente più desiderabile?
È normale avere dubbi. Ci sono così tante cose in questo mondo che non comprendiamo! Spesso la gente dubita dell’esistenza di Dio perché non comprende o non è d’accordo con le cose che Egli fa e permette. Tuttavia, noi, essendo esseri umani finiti, non dovremmo aspettarci di essere in grado di capire un Dio infinito.

mercoledì 16 giugno 2010

Ogni singolo uomo è direttamente coinvolto nel suo destino e la ricerca della verità non è mai oggettiva o distaccata bensì appassionata e paradossale. Kierkegaard

GLI STADI DELLA VITA


L’esistenza è il regno della libertà: l’uomo è ciò che sceglie di essere, è quello che diventa. Ci sono tre alternative fondamentali nella vita umana: lo stadio estetico, quello etico e quello religioso. Tra uno stadio e l’altro vi è un salto e un abisso; ognuno di essi rappresenta un’alternativa che esclude l’altra.

LO STATO ESTETICO
Nello stadio estetico l’esteta è colui che vuole vivere nell’attimo, cercando do coglierne la pienezza. Egli intende fare della sua vita un’opera d’arte, da cui sia bandita la noia, la tristezza, la monotonia. "Godi la vita e vivi il tuo desiderio", dice l’estetica, che trova il suo modello nella figura del Don Giovanni (cfr. il Diario di un seduttore, che è uno dei capitoli di Aut aut, 1843), il quale sa porre il suo godimento nella limitazione e nell’intensità dell’appagamento. In questo stadio però non è possibile, secondo Kierkegaard, né scelta autentica né libertà: infatti l’esteta lascia alle circostanze decidere per lui. Inoltre l’ultimo sbocco della vita estetica è la disperazione. Essa sorge dall’aver voluto basare la vita solo su se stesso e non sugli altri e su Dio. "Chiunque vive esteticamente è disperato, lo sappia o non lo sappia; anzi, forse più di ogni altro è disperato colui che non sente in sé nessuna disperazione". Ma se la radice della disperazione sta nel volersi accettare dalle mani di Dio, allora è chiaro che l’esistenza autentica è quella disponibile all’amore di Dio, quella di colui che non crede più a se stesso ma soltanto a Dio.

LA VITA ETICA
Vi è poi la vita etica: essa implica una stabilità e una continuità che la vita estetica, come incessante ricerca della varietà, esclude da sé. Nella vita etica, l’uomo si sottopone ad una forma, si adegua all’universale e rinuncia ad essere l’eccezione. La vita etica è raffigurata dalla figura del marito (l’Assessore Guglielmo) e dall’elogio del matrimonio. E’ l’uomo che sceglie se stesso, che in questa scelta afferma la continuità della sua vita, l’impegno e non la fuga dalle responsabilità; in una parola, accetta la ripetizione. Essa è la possibilità di riconfermare il passato, accettando ogni volta e in modo nuovo di amare la stessa donna, di avere gli stessi amici, di esprimersi nella stessa professione. La ripetizione indica la serietà della vita, è il coraggio etico della vita.

LA VITA RELIGIOSA
La vita religiosa, la fede, va al di là dello stesso ideale etico della vita. Il simbolo della fede è visto da Kierkegaard nella figura di Abramo (cfr. Timore e tremore, 1843), perché egli accetta il rischio della prova impostagli da Dio, accetta il rischio di porsi di fronte a Dio nel silenzio e nella solitudine, come un singolo di fronte all’Altissmo. La fede va al di là della stessa morale perché Dio ordina ad Abramo di sacrificargli il figlio, quindi di commettere un omicidio. Come poter accettare una simile prova? Ma la fede consiste proprio in quel rischio, nell’accettazione del paradosso e della prova. L’atto di fede implica una rottura recisa con la razionalità ed esige il passaggio, il salto, ad una sfera che è incommensurabile con la ragione naturale. L’oggetto della fede urta contro la ragione che pretende di spiegare e di esaurire tutto e non ammette nulla sopra di sé: per essa, che non vuole credere, l’oggetto della fede è un assurdo. Per il credente, che ammette la trascendenza ed è convinto che a Dio nulla è impossibile, esso è un paradosso. Il paradosso nella verità religiosa dipende dal fatto che essa è la verità così come lo è per Dio.Qui si usano una misura ed un criterio sovraumani, e rispetto a questo una sola situazione è possibile: quella della fede. Proprio per il paradosso come tale il credente è portato a credere, e non per una evidenza logica. Kierkegaard esprime questo con la formula: "Comprendere che non si può né si deve comprendere".Lo scandalo è per Kierkegaard il momento cruciale nella prova della fede, il punto di resistenza e perciò il segno della trascendenza della verità cristiana di fronte alla ragione. Lo scandalo indica il soccombere della ragione perché è il rifiuto di "comprendere di non comprendere", giacché la ragione vuole solo comprendere.
Per Kierkegaard l’origine dello scandalo nasce dal fatto che l’uomo non si pone come "Singolo davanti a Dio", e cioè non accetta la misura di Dio. Quando ci poniamo davanti a Dio non c’è più spazio per finzioni, mascheramenti, illusioni, vi è innanzitutto la scoperta che "c’è un’infinita abissale differenza qualitativa tra Dio e l’uomo", e cioè che l’uomo non può assolutamente nulla, che è Dio a dare tutto.
Ma oltre a questo si tratta, nel Cristianesimo, di ammettere che Dio stesso si è messo in rapporto con l’uomo, che Dio è entrato nel tempo, che l’Eterno si è incarnato in un uomo, e questo dà scandalo! L’oggetto dello scandalo è proprio la figura di Cristo, cioè è scandaloso credere che un uomo singolo sia Dio, che Gesù sia Dio.

POESIA

Città vecchia

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.

Giallo in qualche pozzanghera si specchia

qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va

dall’osteria alla casa o al lupanare,

dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,

io ritrovo, passando, l’infinito

nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio

che bestemmia, la femmina che bega,

il dragone che siede alla bottega

del friggitore,

la tumultuante giovane impazzita

d’amore,

sono tutte creature della vita

e del dolore;

s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia

il mio pensiero farsi

più puro dove più turpe è la via.



Umberto Saba inTrieste e una donna (1910-12)

lunedì 7 giugno 2010

COSE STRANE......MA NON TROPPO!!!!

In questi giorni, abbiamo visto iniziare alcuni lavori sulla piazza di Tirrenia, uno sul lato della vecchia stazione del trenino, e uno lato terrazza sul mare. Noi Tirreniesi ci siamo chiesti quali urgenti lavori dovevano essere per iniziare i primi di Giugno nel cuore del paese e sopratutto limitando notevolmente la viabilità ed il parcheggio delle auto.
Il mistero è stato presto risolto: Il Comune ha iniziato i lavori  d'interramento dei cassonetti per la raccolta differenziata dei rifiuti, sulla piazza principale. Sicuramente il progetto è importante per togliere gli ingombranti, maleodoranti cassonetti lungo la piazza ma i tempi di realizzazione sono totalmente sbagliati.
A Tirrenia la stagione turistica dura, tempo permettendo,    60-80 giorni l'anno, e negli altri mesi il paese si svuota quasi completamente; ci domandiamo, pertanto, proprio all'inizio della stagione questi lavori all'arredo urbano dovevano essere programmati dai solerti e preparatissimi amministratori Comunali?
Oltre tutto i lavori si svolgono, presumibilmente, senza la totale supervisione di controllo da parte degli enti competenti e dai loro organi di vigilanza.
Per esempio per consentire la realizzazione della gettata in calcestruzzo per  la base di fondazione dell'intero impianto, sotto il livello della falda freatica, hanno dovuto installare un sistema di pompaggio tramite sonde inserite nel terreno circostante. L'acqua di drenaggio, in grande quantità è stata scaricata nella fognatura principale tramite l'apertura di un chiusino, detto anche tombino, in prossimità del locale Le Scimmie, a quasi 150mt. dal cantiere. Questo non sarebbe niente se non fosse che la canalizzazione necessaria al trasporto dell'acqua è stata realizzata con tubazione non rigida come quelle degli idranti anche se di grandi dimensioni, posta al centro del marciapiede per l'intera lunghezza dello stesso, oltretutto senza alcuna protezione e segnalazione. Allo stesso tempo il tappo del chiusino, e stato tenuto semiaperto al centro della carreggiata stradale  per consentire l'imbocco del tubo, segnalandolo solamente con un cartello stradale posizionato a terra.
L'impianto è stato tenuto in funzione nella giornata di sabato, lasciandolo inattivo per l'intera giornata di Domenica  senza rimuovelo.
Ora mi domando se un intervento del genere l'avesse realizzato un privato anche solo per poche ore di un giorno feriale, si sarebbero smossi tutti gli organi possibili: Vigili Urbani, A.s.l., Carabinieri, Protezione Civile, Ente Parco, e chi più ne ha più ne metta, con relativi verbali, sanzioni pecuniarie, denuncia alla Procura della Repubblica per le conseguenze penali del "malfatto".
Parlando tra noi "Cittadini" ci chiediamo sempre più spesso se siamo noi polemici, e fuori dal mondo, o sono i nostri Amministratori, meglio ancora i loro responsabili tecnici, ad essere estranei alla vita quotidiana e dalle consuetudini della gente.
Le distanze tra la gente comune e il Palazzo diventano sempre più abissali. 

Giammarco

venerdì 4 giugno 2010

NON SEMPRE I PRETI SONO CRIMINALI

In questi ultimi tempi si è scatenata una campagna denigratoria e giustizialista contro la Chiesa  Cristiana Cattolica e i suoi sacerdoti, sicuramente derivata da un inconfutabile e biasimabile comportamento criminale da parte di alcuni suoi esponenti e spesso con alti incarichi nella curia  e nelle diocesi all'estero e in Italia.
Sono il primo a criminalizzare e non perdonare tali esecrabili comportamenti, la Pedofilia e certamente tra i più pervertiti crimini che uno possa fare, proprio perchè interessano i bambini e i ragazzi, e soprattutto la loro sfera intima del sesso e della conoscenza del bene e del male.
Ha fatto bene a dire il santo padre che il crimine di pedofilia ed in genere qualsiasi soppruso su di un bambino e tra le colpe più grandi dell'inferno. Per chi crede  e ha fede, come me, questa affermazione ha un grande significato perchè non concede dubbi sulla punizione eterna che nostro Signore attribuirà a chi ha commesso tale ignobile atto contro anime  innocenti.
Del resto la comunità Cristiana ed in genere Religiosa è fatta da grandi numeri, e certamente la mela marcia facilmente e statisticamente può risiedervi.Questo certamente non giustifica il sacerdote o anche il credente che pratica tale infame depravazione, ma purtroppo questo avviene anche se in numero troppo alto di casi. Anche la tesi dei non credenti, che non giustifica ancor di più tale devianza sessuale nei sacerdoti, dal momento che loro, ministri di Cristo, dovrebbero essere ragione di perfezione e di esempio per tutta l'umanità; è assolutamente vera, però come può essere possibile che solo la Chiesa di Cristo possa risultare composta da esseri perfetti e incorruttibili, quando possiamo vedere nelle Sacre Scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento che spesso il popolo di Dio si è allontanato da Lui manifestando comportamenti a dir poco animaleschi, umilianti e profani. Dio ha sempre punito queste persone se non addirittura popoli interi, come appunto gli Ebrei nella Bibbia.
Come non pensare alle migliaia di uomini e donne che si sono sacrificati e sono stati martirizzati nei secoli fino ad oggi per il bene e l'aiuto verso i loro simili più bisognosi. Così come c'è ne sono stati e c'è ne saranno nelle schiere dei non credenti e/o tra quelli delle altre religioni del pianeta. Il bene e l'amore verso il proprio simile ,e aggiungo anche verso gli animali e la natura intera, non hanno nè appartenenza, nè colore, nè razza, nè credo.
Pertanto l'unica cosa che mi piacerebbe fosse fatta soprattutto da chi non la pensa come me, in fatto di Religione e fede, è quella di essere meno generalisti e massificanti nei propri giudizi verso la chiesa, intesa ovviamente come chiesa spirituale di Dio e non come potere temporale di uomini.
Ricordandogli che i Credenti veri lo sono altrettanto nei confronti di tutto il genere umano sia quando è nella ragione che quando è nel torto, anzi è proprio quando il nostro simile pecca e devia dal comportamento civile e sociale che noi credenti dobbiamo con amore aiutarlo a recedere da tali peccati.
Pace e bene.

CORPUS DOMINE IN TURCHIA. Il sacrificio Eucaristico del vescovo Mons.Luigi Padovese

Era in procinto di partire per Cipro, incontro a Benedetto XVI. Ma è stato ucciso alla vigilia, giovedì 3 giugno, festa del Corpus Domini.
Luigi Padovese, 64 anni, milanese, francescano cappuccino, amò e percorse passo passo la Turchia dapprima come ricercatore e docente di patrologia, nonché preside della Pontificia Università Antonianum di Roma. In tale veste promosse più di venti simposi di studio su san Paolo, a Tarso, e su san Giovanni, a Efeso. Dal novembre 2004 era vescovo, vicario apostolico per l’Anatolia, con sede a Iskendurun. Era presidente della conferenza episcopale.
La sua lettura della situazione politica, culturale e religiosa della Turchia era molto realistica, lontana dalla cartolina da sogno dipinta dal ministro degli esteri di Ankara.
L’agenzia MissiOnLine del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano ha rimesso in rete dopo la sua uccisione una conferenza da lui tenuta nel 2007, che illumina sul dramma che vivono i cristiani in quel paese.
Nella parte finale, monsignor Padovese sintetizzava così – “per evitare facili irenismi” – l’abisso che separa la visione cristiana di Dio da quella musulmana:
“Grande è la distanza che separa le due religioni. Occorre anzitutto sapere che l’islam si considera la rivelazione ultima, più completa e più razionale. Ne consegue che quanti non la seguono sono su un piano di netta inferiorità; diventare cristiano, per un musulmano, significa regredire a uno stato inferiore. Stando così le cose, richiedere la reciprocità in rapporto alla libertà religiosa è un’utopia. La potrà richiedere un islamico in un paese cristiano, ma non l’inverso. Concretamente la libertà di coscienza non esiste nell’islam e l’esercizio delle altre religioni non è libero, bensì tollerato.
“Per ebrei e cristiani Dio ha creato l’uomo ‘a sua immagine e somiglianza’. Per l’islam ciò appare un’assurdità, perché contrasta con la trascendenza assoluta di Dio. In effetti, questo versetto della Genesi non compare nel Corano, che pure riporta l’episodio biblico della creazione. La ragione è che Dio non può uscire dal suo isolamento. Il confine tra Dio e l’uomo rimane invalicabile con la conseguenza che il primo è troppo trascendente per poter amare ed essere amato. Soltanto i mistici sufi – presumibilmente per influenze cristiane – hanno messo l’accento sull’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio.
“Un’altra conseguenza riguarda il concetto di dignità dell’uomo, che per cristiani ed ebrei si fonda a partire da questa stessa dottrina biblica di essere a immagine e somiglianza di Dio. Tanto per esemplificare, osserviamo come la lotta per il riconoscimento della dignità e libertà umana abbia trovato in ambito cristiano motivazioni e impulsi profondi a partire dalla ‘parentela’ intrecciata da Dio con l’uomo (maschio e femmina!) e restaurata in Cristo. Le teologie che intendono liberare l’uomo dalle diverse schiavitù dei nostri giorni non trovano forse il loro fondamento ultimo nel testo della Genesi (1, 26): ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza’? Non così per l’islam, che trae tutta la sua normativa dal Corano. Proprio considerando questa vicinanza tra Dio e l’uomo, mediata poi da Cristo, si capisce come l’etica cristiana primitiva si configura più come risposta nella fede a questo Dio inteso come partner che non come adeguamento a una norma. La cosa risulta tanto più chiara se si osserva che tra i 99 titoli riservati a Dio nell’islam manca quello di Padre e, dunque, manca un principio ispiratore della morale personalista cristiana”.
Sicuramente, il vescovo Padovese non ebbe difficoltà a capire e a condividere in pieno la lezione di Ratisbona di papa Joseph Ratzinger.
Il 5 febbraio scorso, quarto anniversario dell’uccisione a Trebisonda di don Andrea Santoro, aveva detto alla Radio Vaticana:
“Don Andrea fu ucciso come simbolo, in quanto sacerdote cattolico. Non è stata uccisa soltanto la persona, ma si è voluto colpire il simbolo che la persona rappresentava: ricordarlo in questo momento, all’interno dell’anno dedicato ai sacerdoti, è ricordare a tutti noi che la sequela di Cristo può arrivare anche all’offerta del proprio sangue”.
E in un intervento a Venezia nell’ottobre del 2009:
“Le tragiche morti di don Andrea, del giornalista armeno Hrant Kink, dei tre missionari protestanti di Malatia hanno portato alla ribalta la realtà di un cristianesimo che in Turchia esiste ancora e reclama pieno diritto di cittadinanza.
“Se accettassimo come cristiani di non comparire, restando una presenza insignificante nel tessuto del paese, non ci sarebbero difficoltà, ma stiamo rendendoci conto che questa è una strada senza ritorno, che non fa giustizia alla storia cristiana di questi paesi nei quali il cristianesimo è nato e fiorito; è una strada che non farebbe giustizia alle migliaia di martiri che in queste terre ci hanno lasciato in eredità la testimonianza del loro sangue”.

Articolo da l'Espresso Blog

martedì 1 giugno 2010

SE I PACIFISTI FANNO PAURA: Nell’assedio di Gaza non è che il movimento pacifista abbia cercato di forzare il blocco navale. Gli attivisti hanno scoperto il vuoto della diplomazia e l'assenza della politica.

Proteste a Gaza contro Israele.C’è un teorema che non si può toccare, ed è che il mondo dei volontari e dei pacifisti non può fare alta politica. Neanche quando, sul palcoscenico della cronaca che si fa storia, ci sono proprio coloro che i volontari e i pacifisti conoscono bene, per nome cognome. Gli uomini e le donne che i volontari delle ong, i membri delle organizzazioni internazionali, i pacifisti assistono, da anni. Dunque, che i volontari e i pacifisti continuino a fare quello che hanno sempre fatto. Che lavorino in silenzio, non visti, senza alzare la voce, perché il loro ruolo è quello di calmierare la nostra coscienza. Non quello di allertarla, di renderla vigile, di non farla addormentare al canto delle sirene della Realpolitik e del gradualismo. Questo è stato lo scandalo – che i cattolici dovrebbero conoscere bene – causato dalla Freedom Flotilla, e da tutte le altre, precedenti spedizioni del Free Gaza Movement. Lo scandalo di chi ha deciso che il silenzio era diventato complicità. Il silenzio sull’embargo a Gaza, che non dura dal 2007, da quando Hamas prese il controllo totale della Striscia, ma almeno dal 2005, da quando l’allora premier Ariel Sharon decise il disimpegno israeliano da Gaza. Da allora, diplomazie e cancellerie hanno brillato per incapacità: di gestire la crisi umanitaria, ma soprattutto di comporre la crisi politica. Se le persone di Gaza vanno sfamate, allora che lo si dica chiaro: stanno soffrendo la fame, la malnutrizione, la perdita della dignità, l’oblio. E allora la gente di Gaza va aiutata, gli aiuti umanitari vanno portati, senza l’incredibile, inumano contagocce col quale vengono elargiti attraverso i valichi che si aprono e si chiudono, a seconda delle decisioni prese a Tel Aviv. Guai – insomma - se i pacifisti fanno politica, guai se i volontari delle ong spingono perché un assurdo e inconcepibile status quo (l’embargo attorno a Gaza, in violazione di tutte le convenzioni internazionali) venga stravolto, violato, rotto. Non bisogna disturbare il manovratore, diplomazie e cancellerie comprese. E’ una lettura che, però, non regge al peso degli eventi e della storia. Perché negli ultimi cinque anni, almeno cinque anni, si è consumata una delle pagine più anonime della politica internazionale. Non solo senza slanci e senza fantasia, ma anche senza una strategia credibile, se non di lungo termine, almeno di medio termine. Mancanza di fantasia e di coraggio nel leggere avvenimenti che non sono catalogabili né nella Realpolitik classica, né nella politica stile machiavelliano, né in quella politica diplomatica del “passetto alla volta” a cui stiamo assistendo da troppo tempo. Le grandi scuole diplomatiche del passato (la veneziana? la vaticana? la ottomana?) hanno lasciato un insegnamento che è senza tempo: la diplomazia è tale quando alle spalle c’è una strategia politica. Solo allora c’è capacità di influire. Di contare. Di premere, sull’avversario o sull’amico. Con fermezza. Il problema, nell’assedio di Gaza non è che il movimento Free Gaza abbia cercato più volte di forzare il blocco navale israeliano. Il problema è che gli attori deputati a risolvere la questione dell’embargo attorno a Gaza hanno rinviato sine die la soluzione del problema. Perché a Gaza, in fondo, ci sono solo un milione e mezzo di anonimi, di persone senza pedigree, di poveri, di morti (o quasi) di fame. Niente a che vedere con l’alta politica, la politica che conta, i summit, gli investitori, il grande business. Morti di fame. Silenziosi, peraltro. E il silenzio degli affamati è stato considerato, nelle segrete stanze, come una cambiale in bianco, da usare quando si pensa sia possibile. Con il rischio, effettivo, di un rinvio sine die. Il rinvio sine die è stato rotto dalla Freedom Flotilla, col sangue delle vittime uccise in un assalto andato a finire male. Ed è il vuoto della diplomazia, l’assenza della politica, il vulnus che i pacifisti hanno scoperto. Che non c’è, tragicamente, nessuna alta politica né nessuna fine manovra diplomatica. C’è un vuoto che nessuno ha avuto l’ardire di riempire. Salvo, ora, correre ai ripari. Quando il sangue è già stato versato. E quella cambiale in bianco, lasciata dagli affamati di Gaza, occorre esigerla, e in fretta. Perché lo scandalo, ora, è di fronte agli occhi del mondo, attraverso l’occhio di una telecamera che alle 4 e 30 di un’alba di fine maggio, sul Mediterraneo orientale, ha fatto vedere che si può persino morire per Gaza. Morire per gli affamati. Non per Hamas.