
Il tempo del dolore…
"Non sfugge a nessuno che stiamo vivendo tempi quali ci sembrava di non dover vivere mai. Perfino ad attardarsi sulla rievocazione delle violenze si ha l’impressione di essere stancamente ripetitivi, e purtroppo i programmi televisivi c'è lo dimostrano continuamente ogni giorno, ogni ora senza distinzioni di età e cultura. La situazione internazionale, gli eccidi, gli attentati terroristici, gli spettacoli della fame ci sfilano davanti agli occhi come macigni inconsumabili, e si ha la tentazione di pensare a situazioni senza sbocco, senza soluzione. La nostra coscienza morale esce schiacciata da questa moltitudine di dolore. È il tempo del torchio, della spremitura, dell'oppressione del male. Il nostro animo si gonfia di turbamento. Siamo presi dallo sconforto e vorremmo chiudere gli occhi e dimenticare tutto, ma non è possibile, bisogna in qualche modo reagire cercando di rispondere a questo imperante pessimismo con la carità, l'amore, l'ascolto e l'aiuto al prossimo.
Ricordiamoci come dice Gesù. " Tanti sono i carismi ma la Carità è il carisma più grande. Come dice San Paolo nella lettera ai Corinzi, parla di Carità che uno dei più alti carismi, Carità è uguale a Amore, Dio è Amore quindi Carità per eccellenza. Carità quindi amare, il prossimo, servire, aiutare, curare, accogliere, vestire, dare da mangiare, soccorrere qualcuno nel bisogno, fare compagnia a chi è solo e trascurato. ”
“Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi, noi oggi siamo chiamati a un compito dalla portata storica senza precedenti: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi» (Is 58,6). Pertanto, non solo dobbiamo lasciare la "Torre" dalla quale facciamo le nostre contemplazioni e riflessioni a 360°, ma dobbiamo correre in aiuto del fratello che soffre sotto il peso della sua croce personale; inoltre dobbiamo anche individuare, con coraggio e intelligenza, le botteghe dove si fabbricano le croci collettive”.
Pensiamo pertanto a chi soffre più di noi, per mancanza di cibo, per malattia, per solitudine, e lo fà in silenzio senza potersi lamentare, o perlomeno senza potersi confidare con un fratello più fortunato.