Il tuo occhio sia vigile

Il tuo occhio sia vigile

sabato 7 agosto 2010

RIECCOMI

Non è stato un bel periodo questo ultimo trascorso, sia per me che per Monica, purtroppo Vinicio, suo padre ci ha lasciati. Improvvisamente, immotivatamente, e in particolare con quella brutta sensazione che poteva essere evitato pensando che si trovava al pronto soccorso del S.Chiara per un controllo quasi fatto più per scrupolo che per stretta necessità fisiologica.
Una dipartita così repentina, alle 12,30 abbiamo mangiato insieme, alle 16,00 non c'era più, è veramente dura da mandare giù. Queste esperienze però ti fanno riflettere su tante cose, inanzi tutto del sistema sanitario nazionale ed in particolar modo per le unità di pronto soccorso. Premetto che tutti gli operatori ospedalieri e specialmente quelli delle unità d'urgenza, sono encomiabili per professionalità e abnegazione però come in tutte le attività di questa nostra vita, la ripetitività e la cattiva gestione delle risorse, sempre utilizzate al massimo, al limite della sopportazione personale, possono portare a non accorgersi di alcuni casi che inizialmente sono come si dice di codice giallo ma che possono diventare in pochi minuti di codice rosso.
Ovviamente il maggior imputato è lo sfruttamernto delle maestranze utilizzate spesso in turni infernali, e la scarsa adeguatezza delle strutture ospedaliere. A Pisa gli attuali locali del pronto soccorso sono obsoleti e notevolmente sotto dimensionati, come del resto in quasi tutti i nosocomi italiani con strutture che risalgano ad ospedali di nascita medioevale.
Nonostante tutto certi atteggiamenti, talvolta dal personale medico, seguono logiche poco comprensibili ed accettabili, dal comune mortale che naturalmente vorrebbe il tutto e subito ed invece deve passare ore e ore in attesa di essere visitato. Poi succedono cose impensabili al momento dell'accettazione, e la disgrazia è sempre in agguato e si manifesta con una brutalità e una incomprensibile repentibilità di eventi. In questi casi poi non si può accettare da un medico, che ti ha comunicato in modo asettico e impersonale la morte di un tuo congiunto dicendoti che nonostante i vari e numerosi interventi di rianimazione non erano riusciti a  tenerlo in vita, e concludendo dicendo  che probabilmente ........"era arrivato il suo momento". Che tristezza .
Questo è inaccettabile sentirlo dire da un medico, un professionista che deve sicuramente in prima persona escludere il fato. Lo può dire e pensare una persona comune ma non un medico che dovrebbe sempre interpretare le proprie mansioni non come un lavoro, come una specializzazione, bensì sempre e comunque come una missione al di là di qualsiasi condizione particolarmente gravosa e poco qualificante. 
L'arte medica come viene definita nel Giuramento di Ippocrate, che ogni medico condivide, nell'antica Grecia non veniva appunto considerata una professione ma una missione come qualsiasi forma artistica.
Tutto questo ti lascia l'amaro in bocca e non c'è zucchero che te lo faccia passare.

Giuramento moderno

Il giuramento, nella forma qui sotto riportata, è stato deliberato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri il 23 marzo 2007.



« Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;

di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;

di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;

di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;

di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;

di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;

di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;

di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;

di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;

di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;

di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;

di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;

di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;

di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;

di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione

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