Il tuo occhio sia vigile

Il tuo occhio sia vigile

sabato 14 agosto 2010

Quando al Caminetto le voci di Mina e Paoli facevano sognare











di Marco Barabotti - Il Tirreno.

Una Tirrenia ordinata, pulita, effervescente. Era così, almeno fino ai tempi dell'Ente Tirrenia, ahimè sciolto nel 1982. Allora era già sparito da diversi anni il sogno del cinema: di quella avventura nata al tempo del Fascismo, in alternativa a Cinecittà e che aveva fatto la fortuna di questa cittadina balneare, ma anche di un po' tutto il litorale. Travolta dalla speculazione edilizia, quella che era una immensa pineta è stata piano piano ingoiata dal cemento: quello cosiddetto "buono" dei campi da golf, alberghi moderni, poi residence con appartamenti e impianti sportivi. Il "Calambrone horror" delle colonie abbandonate si è riavuto con il recupero di buona parte di esse. Ma non ha compensato, almeno per ora, quel cicaleccio del trammino rosso tra Pisa e il litorale, in vita sino ai primi anni Sessanta - anche se vi sono tremuli singulti di riportarlo in vita - che era la spina dorsale di un turismo proletario vivo e incessante. Gli alberghi sono i soliti di trent'anni fa, il mare anche se ha la bandiera blu non è più lo stesso. La decadenza si legge anche nella natura in generale: negli alberi sempre più radi e violentati dall'aerosol, nelle strade sconnesse e piene di erbacce che quando piove si trasformano in paludi. La speranza ora è nel porto a Marina: nella sua capacità attrattiva, con la progressiva scomparsa dei resti di una brutta archeologia industriale, per far posto a una sorta di villaggio marinaro post moderno, dove avanza il cemento che cancella gli ultimi angoli dei fasti d'inizio Novecento, di una Marina cosmopolita e meta di intellettuali, musicisti e scrittori. Meno male che si è salvata almeno la palazzina, oggi sede della società del porto, teatro del contrastato amore tra Gabriele D'Annunzio ed Eleonora Duse. A Tirrenia non è rimasto neppure l'unico locale notturno di un certo stile e richiamo, il Tennis Club poi Caminetto, lasciato colpevolmente morire. Questo locale è stato l'emblema della Tirrenia più viva di sempre, tra gli anni Sessanta e Settanta, meta di grandi attrazioni nazionali e internazionali. Nato come impianto sportivo (apparteneva all'Ente Autonomo Tirrenia), era stato il centro della vita mondana sul litorale pisano. E non solo in estate, perché, era dotato di un parterre che poteva ospitare centinaia di persone anche in inverno. Il suo "mago" era Roberto Trebbi, scomparso l'anno scorso. Il locale si impose sullo scenario nazionale. A Tirrenia si esibirono nomi celebri della musica leggera di allora: Mina, Fred Bongusto, Peppino di Capri, Umberto Bindi, Gino Paoli, Carosone, Johnny Holliday e Silvie Vartan. Tanto che divenne un locale alla moda, entrando perfino in rotta di collisione con la "Bussola" di Sergio Bernardini. Il locale morì, perché perse la "battaglia dei rumori" coi residenti: si preferì, insomma, la pace notturna di questi ultimi, affossando l'unico vero volano dell'economia tirreniese. Neppure un centro Coni di fama internazionale riesce a produrre una ricaduta turistica. A tenere in vita Tirrenia e il Calambrone sono rimasti i pendolari pisani e livornesi che d'estate prendono d'assalto le spiagge. Ma non più con la verve di una volta: è un mordi e fuggi col portafoglio sempre più leggero che ingenera insicurezza, che cancella quella voglia matta di vivere un'estate spensierata. Somigliamo un po' tutti a questi pini intristiti.

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7 agosto 2010

TIRRENIA: COME LA PENSO

Una giornalista della NAZIONE, Francesca Bianchi, mi ha chiesto delle considerazioni su Tirrenia per un commento da pubblicare sullo stato del litorale Pisano, ecco quanto ho scritto.

Ti ringrazio Francesca di avermi invitato a dire la mia sullo stato del Litorale Pisano, non ho problemi. Io sono Marinese di nascita ma a 6 anni sono andato ad abitare a Tirrenia perchè la mia famiglia da sempre ha avuto attività commerciali: Bagno Olimpia (ora bagno Golf) prima della guerra e poi il Venere, la pensione Montecarlo e poi io direttamente la discoteca Frumpy, successivamente 4 negozi a Tirrenia, Giornali giocattoli tabacchi etc.. Soprattutto però ho conosciuto la proletaria Marina di Pisa con tutte le Famiglie che dipendevano dalla Fiat (anche mio padre), che nonostante tutto aveva  le sue comodità tipiche di una frazione : Il distaccamento del Comune, la Mutua Fiat, 5 distributori di benzina , qualsiasi genere di negozio, che la rendevono indipendente da tutto e tutti. Ah dimenticavo Il trenino che in mezz'ora , in tutte le stagioni ti portava a Pisa indipendentemente dal traffico.
 Poi passando a Tirrenia ho conosciuto la perla del litorale Pisano, sotto la gestione dell'Ente Autonomo Tirrenia, che era un vero e proprio comune indipendente da Pisa per la stragrande maggioranza delle risorse e delle necessità.

Pensate che tutto quello che ancora esiste, anche se decadente, è stato fatto dall'E.A.T., marciapiedi strade, piazze, urbanizzazione in genere e soprattutto l'arredo urbano che allora era veramente tenuto in primo piano. Pensate che l'E.A.T. aveva i propri stradini, giardinieri, addetti all'acquedotto con i propri pozzi artesiani lungo Camp Darby,aveva i suoi netturbini, gli elettricisti, gli idraulici, gli edili e soprattutto persone e tecnici competenti che svolgevano le funzioni di controllo e prevenzione sulle pinete, sull'abuso edilizio, sullo stato delle strade ed in genere su tutto quello che serviva per gestire al meglio il paese. Non ci dimentichiamo che allora gli Americani di Camp Darby vivevano fuori dal campo con le proprie famiglie e che sono arrivati ad essere qualche migliaia di persone, che davano lavoro e lustro durante tutto l'anno a Tirrenia. L'estate per esempio i giardinieri dell'E.A.T. cambiavano la fioritura delle aiuole ogni 15/30gg. in modo che i villeggianti non vedessero Tirrenia nello stesso modo. PENSATE INOLTRE CHE ALLORA LE AIUOLE NON ERANO solo quelle 2o 3 della piazza ma erano lungo tutto il viale del Tirreno sia nello spartitraffico che sul marciapiede lato mare cosi come lungo i marciapiedi della piazza stessa. Oltre alla fioritura che dava colore vi erano comunque siepi di pitosfero in ogni demarcazione dei tratti stradali e queste siepi erano tagliate e regolarizzate tutte le settimane. Non parliamo poi del sistema di innaffiamento che allora non era automatico ma che permetteva a due o tre persone di attaccare gli idranti lunghi ognuno una decina di metri velocemente e senza interruzzione per tutto il tratto dal bagno Perla al bagno Europa, allora bagno Anna. I vecchi Tirreniesi si ricorderanno anche di alcuni anni dove per Natale furono infissi lungo lo spartitraffico centrale alberi di abete alti 1 metro e mezzo con relativa illuminazione con una cadenza di 4/5 metri. potete pensare che spettacolo era per chi provveniva da Pisa o da Livorno.

Le strade erano perfettamente manutenute dalla squadra degli stradini e soprattutto erano tenuti puliti e liberi dagli aghi di pino tutti i pozzetti e le relative bocche di Lupo lungo i marciapiedi in modo che ricevessero regolarmente l'acqua piovana e non allagassero durante gli acquazzoni specialmente quelli estivi.

Per concludere, e potrei parlarne per ore, la numerazione civica delle abitazione era tutta tipica di Tirrenia perchè l'E.A.T. fece fare in esclusiva le formelle con il caratteristico fondo con i pini stilizzati che tutt'ora sono presenti. Pensate che i villeggianti andavano nella sede dell'E.A.T. a chiederne il possibile acquisto per portarsele e metterle alla propria abitazione. Non sono mancati anche i trafugamenti notturni staccandole dai muri delle nostre abitazioni.

Concludo con le manifestazioni che caratterizzavano con continuità l'estati di allora tutte organizzate dall'E.A.T. o con il suo patrocinio:
La Pina d'Oro concorso di auto e moda in piazza Belvedere. La mostra di Pittura Colori di Tirrenia che si teneva nell'allora locali del complesso Imperiale e poi nei giardini lato mare tra il bagno Roma e il bagno Vittoria e Alma. A questa mostra concorso partecipavano molti pittori Labronici, pisani e anche di altre città con valore nazionale. Il concorso del Giardino più bello di Tirrenia, che faceva si che le famiglie facoltose che allora abitavano in estate le loro ville, che Ahimè sono state fatte quasi tutte abbattere dal nostro Comune per lasciare posto a improponibili condomini, di fare a gara a chi rendeva più bello e colorato il proprio parco. Inoltre c'era il locale Il Caminetto che con la Bussola di Viareggio si contendeva le migliori attrazioni di allora, Mina in primis. Potrei scrivere un libro di notizie e di aneddoti ma non credo c'e ne sia bisogno perchè tanto passerei per un nostalgico idealista che ha sempre creduto nell'enormi potenzialità dell'intero Litorale Pisano.


Ciao a risentirci

sabato 7 agosto 2010

RIECCOMI

Non è stato un bel periodo questo ultimo trascorso, sia per me che per Monica, purtroppo Vinicio, suo padre ci ha lasciati. Improvvisamente, immotivatamente, e in particolare con quella brutta sensazione che poteva essere evitato pensando che si trovava al pronto soccorso del S.Chiara per un controllo quasi fatto più per scrupolo che per stretta necessità fisiologica.
Una dipartita così repentina, alle 12,30 abbiamo mangiato insieme, alle 16,00 non c'era più, è veramente dura da mandare giù. Queste esperienze però ti fanno riflettere su tante cose, inanzi tutto del sistema sanitario nazionale ed in particolar modo per le unità di pronto soccorso. Premetto che tutti gli operatori ospedalieri e specialmente quelli delle unità d'urgenza, sono encomiabili per professionalità e abnegazione però come in tutte le attività di questa nostra vita, la ripetitività e la cattiva gestione delle risorse, sempre utilizzate al massimo, al limite della sopportazione personale, possono portare a non accorgersi di alcuni casi che inizialmente sono come si dice di codice giallo ma che possono diventare in pochi minuti di codice rosso.
Ovviamente il maggior imputato è lo sfruttamernto delle maestranze utilizzate spesso in turni infernali, e la scarsa adeguatezza delle strutture ospedaliere. A Pisa gli attuali locali del pronto soccorso sono obsoleti e notevolmente sotto dimensionati, come del resto in quasi tutti i nosocomi italiani con strutture che risalgano ad ospedali di nascita medioevale.
Nonostante tutto certi atteggiamenti, talvolta dal personale medico, seguono logiche poco comprensibili ed accettabili, dal comune mortale che naturalmente vorrebbe il tutto e subito ed invece deve passare ore e ore in attesa di essere visitato. Poi succedono cose impensabili al momento dell'accettazione, e la disgrazia è sempre in agguato e si manifesta con una brutalità e una incomprensibile repentibilità di eventi. In questi casi poi non si può accettare da un medico, che ti ha comunicato in modo asettico e impersonale la morte di un tuo congiunto dicendoti che nonostante i vari e numerosi interventi di rianimazione non erano riusciti a  tenerlo in vita, e concludendo dicendo  che probabilmente ........"era arrivato il suo momento". Che tristezza .
Questo è inaccettabile sentirlo dire da un medico, un professionista che deve sicuramente in prima persona escludere il fato. Lo può dire e pensare una persona comune ma non un medico che dovrebbe sempre interpretare le proprie mansioni non come un lavoro, come una specializzazione, bensì sempre e comunque come una missione al di là di qualsiasi condizione particolarmente gravosa e poco qualificante. 
L'arte medica come viene definita nel Giuramento di Ippocrate, che ogni medico condivide, nell'antica Grecia non veniva appunto considerata una professione ma una missione come qualsiasi forma artistica.
Tutto questo ti lascia l'amaro in bocca e non c'è zucchero che te lo faccia passare.

Giuramento moderno

Il giuramento, nella forma qui sotto riportata, è stato deliberato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri il 23 marzo 2007.



« Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;

di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;

di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;

di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;

di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;

di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;

di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;

di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;

di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;

di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;

di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;

di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;

di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;

di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;

di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione