Il tuo occhio sia vigile

Il tuo occhio sia vigile

mercoledì 28 dicembre 2011


27 Dicembre 2011 S.Stefano.


Una mattina al servizio dei più bisognosi. 

Come l'altro anno io e mia moglie Monica, abbiamo accettato ben volentieri l'invito dei volontari che gestiscono la mensa Caritas presso il Convento di San Francesco a Pisa. Come già in altre occasioni abbiamo messo a disposizione degli "altri"alcuni nostri momenti di condivisione in particolare in questi i giorni del S. Natale che per molti sono giorni di felicità e letizia, ma per molti altri rappresentano solo tristezza, malinconia, e solitudine. Quando usciamo, io e Monica ci sentiamo veramente felici e sollevati da tutte le nostre quotidiane preoccupazioni, che confrontate a quelle delle persone che incontriamo sono un nulla, una miseria. Quello che sempre ci colpisce durante i nostri servizi è la dignità e l'educazione di queste persone che vengono a prendere un pasto caldo e a ristorarsi anche mentalmente incontrando altri loro compagni di vita e di strada.Talvolta, e questo fa ancora più male hai nostri occhi e al nostro cuore, incontriamo persone che la vita gli ha riservato negli ultimi anni della propria esistenza un'amara conclusione, dovendo rivolgersi a questi centri di accoglienza nonostante abbiano sempre lavorato, e vissuto una vita più che dignitosa, e che invece in questo periodo del loro tempo terreno non c'è la fanno più ad arrivare alla fine del mese con la loro misera pensione, o peggio ancora senza alcun reddito socialmente sostenibile. Quando escono dopo aver pranzato riportano i loro vassoi e ringraziano e salutano come nessun altro tutti noi, in maniera non ossequiosa o dimessa, bensì con forza e sincerità d'animo. Grazie a tutti loro per il loro esempio e alla loro testimonianza. Che Dio li aiuti sempre.

venerdì 31 dicembre 2010

CAPODANNO






Sinai
"Il Roveto Ardente"



Ho letto su F.B. un commento di unn amico di rete che ha pubblicato un pensiero di Antonio Gramsci sulla festività di fine anno, il Capodanno, lo voglio ripubblicare perchè ritengo sia una verità in cui mi riconosco a pieno.

CAPODANNO
Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo b...ilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. (...) la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante. Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano ...
ANTONIO GRAMSCI

Queste parole esprimano pienamente quanto credo delle festività in genere, ma soprattutto per quelle ricorrenze "Terminali", come il Capodanno, le feste di addio, le rimpatriate con persone che non vedi da anni, etc..
In queste parole c'è il senso di speranza, di proponimento che solo un filosofo riesce ad esprimere e mettere su carta, allo stesso tempo leggerle mette  ancor più nostalgia e tristezza per le cose che avresti voluto fare e che non hai fatto o potuto fare, e soprattutto non avere più al proprio fianco le persone più care che hanno condiviso le tue storie di vita.
Un pensiero a Loro con tanta nostalgia.

venerdì 19 novembre 2010

PERCHE' FILIPPO? PICCOLO GRANDE UOMO!

Perchè Filippo? Perchè l'hai fatto? non lo sapremo mai più ormai, e non c'è l'hai voluto dire, anche se hai lasciato un ultimo biglietto con quel Tuo messaggio che nega e contrasta quello che tutti pensavano di Te.
"Mi sento incompreso in famiglia......". Perchè l'hai fatto, perchè, perchè,perchè,.....!!!
Queste sei lettere tanto interrogative e misteriose non ci lasceranno mai, ma soprattutto ci lascieranno un vuoto enorme. Non chiediamoci "Perchè" l'hai fatto chiediamoci "Perchè" non lo sappiamo. In questi due giorni tutti hanno cercato di trovare argomentazioni e  giustificazioni al Tuo gesto, ma nessuno saprà dirci "Perchè".
11 anni, bravo in tutto, anzì bravissimo, non ti mancava nulla, apparentemente, eri il preferito dai professori, dall'allenatore di calcio, dai tuoi compagni, di cui sembra tu fossi un begnamino con quel tuo carattere gioioso, sempre pronto alla battuta, un vero leader. E allora cosa manca in tutto questo bel mondo da favola, tutto bello, luminoso e perfettino? Io penso, molto modestamente, che tutto l'affetto che questa nostra società, nei suoi più remoti angoli come appunto la famiglia, la scuola, lo sport, dimostra di avere, è un affetto, un amore asettico, ovvero senza vera e profonda convinzione e sensazione di essere vicino al tuo caro, al tuo amico, etc.etc..
Non voglio dire che chi Ti ha mostrato amore e affetto come la mamma, il babbo, il nuovo fratellino, la cara nonna, gli amici, non sia stato vero sentimento di amore e affetto, sicuramente un sentimento profondo e sentito,però ritengo che questa nostra società oramai da decenni affogata dallo stress e dal caos delle proprie convinzioni e punti di riferimento, ha trasformato l'esternazione dei nostri sentimenti in gesti apparentemente sinceri e desiderati, ma in verità sfuggenti e talvolta carichi di preoccupazioni e pensieri amari.
Nel cosmo dei bambini però questo non avviene , loro sono sempre impermeabili a queste nostre mature sensazioni, loro sono sempre come eravamo tutti noi nei secoli passati, come forse ancora possiamo trovare tra le tribù nelle parti del mondo meno civilizzato. Non vi chiedete perchè anche se nell'estrema povertà, nel bisogno di ogni cosa, con il perenne rischio di essere annientati da tutto, quelle povere anime hanno sempre un approccio alla vita sereno, gioioso e sorridente. Noi non sappiamo più essere sinceramente e profondamente felici, felici di quella gioia di vivere comunque e dovunque. Questo i bamnbini lo sentono e lo percepiscono al di là di qualsiasi cosa, e Tu Filippo, particolarmente sensibile, e buono l'hai sentito e ne hai sofferto. Nessuno di noi , la famiglia soprattutto, la scuola  riesce più ad accorgersi di questo bisogno profondo di vicinanza più che di affetto, ecco appunto la parola giusta, "la vicinanza", il bisogno talvolta del contatto fisico quasi a voler dimostrare che le parole non bastano, i buoni intenti, le buone azioni, non sono sufficienti a tenere in vita un bambino di 11 anni, che ha voluto esprimere questo suo profondo disagio con un gesto anche troppo grande per un adulto. Probabilmente sei sempre riuscito a mascherare questa Tua necessità di vicinanza di contatto, con la Tua  estroversità, con il Tuo umorismo, con la Tua bravura.
Filippo come ci fai sentire nullità, inetti di fronte a questo Tuo disperato gesto, il Tuo tema che abbiamo letto sui giornali, è il Tuo manifesto contro tutti e contro tutto. Il tuo giudizio sulla felicità è per me emblematico e nello stesso tempo profondo, gocciolante di tristezza e amarezza, quel tuo giudizio sembra più la descrizione di un sentimento di paura e di terrore piuttosto che di Amore, " la felicità è quel sentimento profondo che ti fa drizzare i capelli, strabuzzare gli occhi fuori dalle orbite etc.etc.". Caro e sconosciuto Filippo quale travaglio hai passato dentro di Te per arrivare a fare questo insensato gesto. Mi auguro solo che Tu non abbia avuto il tempo di capirlo, e soprattutto che Tu non sia stato attanagliato dalla paura di non poter tornare indietro nell'ultimi istanti della breve vita, nel Tuo gesto estremo.
Filippo mi hai fatto sentire improvvisamente svuotato da qualsiasi forza e mi hai fatto profondamente sentire male, ho pianto come un bambino, come Te, anzì forse come avresti dovuto fare Te, e forse non l'hai fatto volendo dimostrare di essere sempre grande, più grande di quanto avresti dovuto dimostrare. Le vicende della vita ti hanno portato ad essere più grande del dovuto, e probabilmente il Tuo cuore, il Tuo cervellino non ha retto.
Un bacio Filippo, un bacio grande un'eternità, avrai sempre posto nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere, corri finalmente libero da angoscie e timori nei campi di calcio del Paradiso, è li che hai fatto il Tuo più bel Gol.    Ciao.

martedì 26 ottobre 2010

UN PO' DI STORIA.......LITORANEA 3. Le Colonie

Colonia Firenze Costruita ad opera della Federazione Fasci di Combattimento di Firenze, inaugurata nel 1932. Ha una struttura particolarmente caratteristica: un lungo corridoio parallelo alla spiaggia su cui si innestano, perpendicolarmente, sette padiglioni disposti a pettine parallelamente. Il corridoio tra un padiglione e l’altro è vetrato. Copertura a capanna, mattoni a vista, motivi decorativi in cotto. È passata in proprietà alla Regione Toscana.

Colonia Regina Elena Completata nel 1933, di proprietà dell’Ospedale di Livorno, da cui era partito il progetto di Città elioterapica. Progetto dell’arch. Ghino Venturi. E’ costituita da tre corpi legati tra di loro: due simmetrici e disposti parallelamente al mare, il terzo spostato verso la strada. Passò all’Opera Previdenza delle Ferrovie ancora prima della guerra. Vista dall'alto, richiama la forma di un fascio littorio: un edificio (cucine e refettorio) rappresenta la lama, mentre il fusto è costituito dagli edifici destinati ai dormitori, ai locali di svago e per le funzioni direttive.

Colonia Principi di Piemonte Completata nel 1933, fatta costruire per i figli del personale dell’Aeronautica Militare. È caratterizzata intenti simbolici e propagandistici, a partire dalla planimetria che, pur non percepibile da terra, rappresenta un aeroplano puntato verso il mare: i due blocchi perpendicolari al mare rappresentano rispettivamente la testa e la coda, il corridoio che li unisce, il corpo centrale, costituito da un percorso coperto, completamente finestrato, che ospitava i servizi direttivi, rappresenta la fusoliera dell’immaginario velivolo, mentre la coda ospitava le cucine ed il refettorio, e le ali i dormitori. Gli intenti allegorici si esprimono anche nelle sette colonne che sostengono il pronao verso il mare rappresentano gli ideali pilastri del regime: il Governo, il Gran Consiglio del Fascismo, il Consorzio Nazionale delle Corporazioni, l’Esercito, la Milizia, gli Avanguardisti e Balilla, e le Giovani e Piccole Italiane. Colonia Rosa Maltoni Mussolini Intitolata alla madre del Duce e inaugurata nell’estate del 1933, su progetto del famoso architetto Angiolo Mazzoni, risalente al 1926. Doveva essere completata agli estremi da due edifici semicircolari di cui fu realizzato solo quello a sud (Esedra, in cui vennero collocati due dormitori e una palestra). La parte Nord del complesso era destinata all’Opera Previdenza delle Ferrovie, la parte Sud a quella delle Poste e Telegrafi. Funzionò anche come Collegio per orfani. La parte Sud, passata nel dopoguerra alla Charitas Tridentina, ha assunto il nome di Regina del Mare. L’impianto planimetrico è mastodontico, e, se visto dall’aeroplano, appare come uno stilizzato fascio littorio.

La Rosa Maltoni è la Colonia più grande del Calambrone (14.000 mq) e insieme alla Colonia Fasci Italiani all’Estero, è la più interessante dal punto di vista architettonico. Presenta una struttura aperta con corpi orizzontali che si levano come parallelepipedi delle lunghe balconate e dalle altissime vetrate curve. Davanti all’edificio, verso il mare, si innalzano due serbatoi per l’acqua che si presentano come torri cilindriche di colore arancione, avvolte da una ripida scala esterna a spirale, di colore grigio piombo. Sorprendente è il colore degli intonaci e degli infissi (arancione vivo, rosso, cinabro), ma anche quello degli interni: il corallo dei letti e il rosa delle porte. L’adesione nel 1933 di Mazzoni al futurismo ha fatto ascrivere questa Colonia alle architetture futuriste.

Colonia Figli Fasci Italiani all’Estero Realizzata nel 1935 su progetto degli arch. Paniconi e Pedicone. Inaugurata nell’estate del 1936 con un successivo ampliamento nel 1937. Ha una struttura a padiglioni a pianta aperta verso il mare in stile puramente razionalista, con finestre in lunghezza, pilotis, copertura piana. Una particolarità è la torre di comando, che si eleva in prossimità della strada, che evoca la sovrastruttura di una nave militare. Nella pineta sorgeva un grande teatro all’aperto. E’ la più meridionale delle Colonie storiche del Calambrone e insieme alla Rosa Maltoni è la più significativa dal punto di vista architettonico. Fu fatta costruire dall’Ente Figli Fasci Italiani all’Estero e doveva accogliere per il periodo delle loro vacanze estive i figli di italiani residenti all’estero. Nel dopoguerra passò ad una Fondazione dai compiti simili che la gestì fino alla fine degli anni sessanta allorché subentrò la Regione Toscana. Alcune parti sono state utilizzate dal Teatro Verdi come magazzino per le scene e i costumi. Nel padiglione sud per un certo tempo vi furono alloggiate famiglie di senzatetto. La parte costruita al di là della strada nella pineta fu utilizzata nel dopoguerra, fino al 1972, come Ospedale militare dell’esercito americano di stanza a Camp Darby che ne modificò pesantemente la planimetria interna. Successivamente fu utilizzato come deposito materiali della Regione e della Protezione Civile.

Colonia Vittorio Emanuele III Inaugurata nel 1938, iniziata quattro anni prima per conto del Consorzio Antitubercolare di Pisa. Progettista: ing. Gino Steffanon dell’Amministrazione Provinciale di Pisa. Il fronte strada è contraddistinto da una certa monumentalità. Nella planimetria si può riconoscere la sagoma di un bambino con le braccia levate proteso verso un abbraccio, logo della Campagna Antitubercolare, diffuso dall’O.M.N.I. (Opera Nazionale Maternità e Infanzia). Il lato mare è caratterizzato da due gruppi scala spiraliformi aperti su un angolo, cioè non vetrati. Nel dopoguerra è passata in proprietà della Regione Toscana, utilizzata prima come scuola e successivamente come sede dell’A.N.P.A.S.S. (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze). Venduto a privati nel 2007

Colonia Marina Costanzo Ciano Ultima ad essere inaugurata (1939), fu costruita per uso dell’Ente Assistenziale dei Vigili del Fuoco per il quale funziona ancora oggi come Casa per le vacanze, con il nome di Santa Barbara.

Centro Servizi E’ un gruppo di edifici costruito fra il 1932 e il 1934 sul lato interno del Viale del Tirreno (all’epoca Viale XXVIII ottobre), nella pineta, di fronte alla Colonia Regina Elena. Comprendeva una infermeria, la Chiesa, la direzione sanitaria, ambulatori, locali per uffici, una lavanderia centralizzata e una centrale di teleriscaldamento e altri due edifici per alloggi e magazzini.














UN PO' DI STORIA.......LITORANEA 2. CALAMBRONE le origini


All’inizio del Novecento Calambrone (da Caput Labronis) era una vasta area paludosa e disabitata che si estendeva a nord del confine fra il Comune di Pisa e quello di Livorno, segnato dal Fosso omonimo. A partire dal 1925 Calambrone, che faceva parte della Tenuta Reale di Tombolo, fu oggetto di una vasta opera di bonifica. Negli anni successivi si realizzò a Calambrone il progetto di città elioterapica fortemente voluto dall’Ospedale di Livorno e che aveva trovato il potente l’appoggio di Costanzo Ciano, Ministro degli Esteri del governo fascista. Calambrone, nell’arco di pochissimi anni, si trasformò un prestigioso Centro di Colonie e Istituti per cure marine, destinato essenzialmente ai bambini. Nacque, così, fra la spiaggia e il Viale XXVIII ottobre, oggi Viale del Tirreno, una piccola Città dell’infanzia, isolata dal tessuto edificato circostante e resa autonoma grazie ad un proprio Centro di Servizi con annessi Chiesa, direzione sanitaria, ambulatori medici, uffici, lavanderia, magazzini, centrale termica e autorimessa. Dal Telegrafo del 4 agosto 1932: “Sorge la città del Calambrone, come Venere dalle acque, tutta bella, ridente e nuova, e schiere di bimbi la popoleranno”.

Talassoterapia e Elioterapia

A Calambrone trovarono realizzazione le idee del medico fiorentino Giuseppe Barellai (1813-84) il quale propugnava la talassoterapie e la elioterapia come le uniche forme a quei tempi disponibili per la cura di rachitismo, scrofola, malattie tubercolari (fra le maggiori cause dell’altissima mortalità infantile): Le sue teorie avevano incentivato la costruzione di Istituti marini terapeutici e ospizi nonché di stabilimenti e centri climatici lungo i litorali toscani, intesi come luoghi ricreativi (villeggiatura), ma anche di cura.

Il fascismo e le Colonie climatiche

Queste indicazioni di tipo medico vennero riprese in modo organico dal regime fascista per il quale le Colonie, marine o montane che fossero, assunsero un ruolo rilevante all’interno di un programma di prevenzione sanitaria indispensabile per la difesa e il sano sviluppo della razza e per l’abbattimento della mortalità infantile che nel quinquennio 1921-25 si aggirava ancora intorno al 30%. Ma il regime fascista attribuiva alle Colonie non solo un ruolo sanitario e terapeutico, ma anche di formazione fisica e spirituale dell’uomo nuovo fascista. Di fatto le Colonie dovevano essere anche un veicolo di indottrinamento e una occasione di addestramento paramilitare delle giovani generazioni. La capitale di questo piccolo mondo che vide i bambini in fila per due tuffarsi fra le onde e vivere ventiquattr'ore su ventiquattro in comunità rigidamente organizzate fu Calambrone dove migliaia di bambini italiani, nel periodo fra le due guerre, hanno conosciuto per la prima volta il mare.

Alcune date:
1925
Inizio della bonifica nella Tenuta di Tombolo
1932
Ente Autonomo Tirrenia, voluto dai gerarchi Costanzo Ciano di Livorno, Ministro degli Esteri, e Guido Buffarini, Podestà di Pisa, con il compito di coordinare lo sviluppo dell’area compresa fra Marina di Pisa e il Fosso Calambrone (nascita di una nuova località balneare a Tirrenia, Stabilimenti Cinematografici Pisorno, creazione al Calambrone di un centro specializzato di Colonie per l’infanzia). Fu disciolto nel 1982

1932
Istituzione del Consorzio Elioterapico per unificare e coordinare la gestione e lo sfruttamento dell’area, con sede in un Centro Unico di Servizi

Estate 1932
Colonia Firenze

Ottobre 1932
Inaugurazione della Linea Ferroviaria Pisa-Marina-Tirrenia-Livorno (il Trammino)

1933
Colonie Principi di Piemonte, Villa Rosa Maltoni Mussolini

1934
Colonia Regina Elena

1934
Centro Servizi

1934
Stabilimenti Cinematografici Pisorno
1935
Colonia Marina Femminile Figli Fasci Italiani all’Estero

1938
Colonia Vittorio Emanuele III
1939
Colonia Marina Costanzo Ciano

Vita in Colonia
Gli ospiti delle Colonie erano bambini prevalentemente tra i sei e i dodici anni e per lo più appartenevano a famiglie bisognose. Il soggiorno durava generalmente 15 giorni. All’arrivo veniva dato loro un corredo completo di vestiario e venivano divisi in squadre in base all’età e allo sviluppo fisico. La vita in Colonia era molto rigida, scandita da precisi orari e da severa disciplina. Le squadre si spostavano sempre inquadrati in fila per due. I ragazzi erano sottoposti alla continua assistenza dei sorveglianti e delle educatrici, di solida fede fascista e formate attraverso corsi specifici. La giornata iniziava con la cerimonia dell’alzabandiera, seguita da una mezz’ora di esercizi e poi dalla colazione. Nell’ora successiva veniva impartito un po’ di indottrinamento ai valori del regime. Poi si andava in spiaggia per il bagno di sole (un’ora sotto ampi tendoni per fare rilassamento ed esercizi di respirazione), poi seguiva il bagno in acqua (una mezz’oretta). Alle 13 il pranzo, seguito da un breve riposo. Poi un altro indottrinamento, seguito da una marcia lungo la spiaggia, quindi ginnastica e giochi di squadra. Cena, e alle ventuno tutti a letto nelle grandi camerate. L’alimentazione era abbondante e ispirata a norme dietetiche, per un buon sviluppo fisico dei ragazzi. Le due settimane trascorse in Colonia rappresentavano, per i giovani del popolo, un’esperienza memorabile di vita collettiva, lontano dalla famiglia, e costituivano una sorta di preparazione alla vita adulta e alla dedizione allo Stato.

L’architettura:
Le sette Colonie del Calambrone costruite negli anni Trenta all’interno di un organico disegno politico ed ideologico, rappresentano un episodio di rilevante valore urbanistico e architettonico. Nel loro complesso si ispirano alla città di linee continue, teorizzata nel Manifesto dell’Architettura aerea di F. T. Martinetti, A. Mazzoni e M. Somenzi) con una distribuzione lungo assi paralleli all’arenile e alla pineta. Forte è anche l’influsso dello stile razionalista soprattutto nell’uso di materiali per quei tempi innovativi (vetro, cemento armato, acciaio). La planimetria di molte Colonie è segnata da una evidente simbologia (aereo puntato verso il mare, il logo dell’Organizzazione Maternità e Infanzia, il fascio littorio) a testimonianza della funzione ad esse assegnata di veicolo di propaganda dei valori del fascismo.

Elementi strutturali:
Le Colonie sono caratterizzate da grandiosità d’impianto, grande altezza dei soffitti e ampiezza degli spazi collettivi: cucina, refettorio, camerate, palestre, aule per l’istruzione, saloni per la ricreazione, terrazze per i bagni di sole e grandi spazi all’aperto per le adunate, l’alzabandiera, le attività sportive, le marce, le esibizioni ginniche. In alcune è presente la Cappella e/o il teatro o il cinema all’aperto. E’ frequente una verticalità nelle enormi aperture finestrate, e, soprattutto nelle facciate, una spiccata monumentalità. Sul piano tecnico, infine, è da ricordare che tali applicazioni furono concretamente rese praticabili dalla comparsa delle possibilità offerte dalla disponibilità di nuovi materiali da costruzione, da poco entrati in diffusione; ci si riferisce all’acciaio, al vetro, e, in modo particolare, al cemento armato, le cui caratteristiche si rivelarono indispensabili alla realizzazione strutturale dei nuovi ampi spazi, alla copertura delle grandi luci, alla soluzione statica delle torri, dei depositi idrici, delle pensiline e dei pilotis, elementi che andarono proliferando come corredo costante delle colonie del fascismo.

Le sette sorelle: le Colonie storiche del Calambrone
Le Colonie storiche del Calambrone rappresentano un fenomeno sociale, culturale e storico e architettonico di grande rilevanza a livello nazionale.

UN PO' DI STORIA.......LITORANEA 1. Pisorno, il cinema nato da una palude. Storia degli stabilimenti cinematografici creati a Tirrenia con i soldi degli Agnelli

(il Tirreno — 11 agosto 2001)
Quando Federico Fellini venne a Livorno con Tullio Pinelli, nel 1947, per preparare il soggetto di «Senza pietà», il film che sarebbe stato diretto da Alberto Lattuada, mi chiese subito cosa n'era stato della Pisorno. Cronista alle prime armi del «Tirreno», ero stato incaricato di guidare Fellini e Pinelli alla scoperta di Tombolo. Non sapevo bene chi fosse Fellini, ammiravo invece Pinelli, autore, prima della guerra, di un lavoro teatrale molto bello, «La pulce d'oro». Con Fellini incorsi in una gaffe. Lui citava gli attori del film, Carlo Del Poggio, moglie di Lattuada, Folco Lulli, John Kitzmiller, un capitano americano di colore, Giulietta Masina, e a me scappò detto: «Questa Masina chi è?». «E' mia moglie» rispose Fellini, senza mostrarsi offeso. Pinelli rise divertito. D'altronde, nel 1947 la Masina era pressoché una sconosciuta, aveva avuto solo una parte secondaria in «Roma città aperta», un film stroncato dalla critica ufficiale in cui Fellini era stato sceneggiatore, con Pinelli. Ma veniamo alla domanda sulla Pisorno. «Gli americani l'hanno trasformata in un magazzino, ma ora stanno liberandola» risposi. «Peccato» disse Fellini, «era nata da una costola di Cinecittà». «Ti sbagli» intervenne Pinelli. «Cinecittà è venuta dopo la Pisorno. Sai, io sono cresciuto nella Torino che era la capitale del cinema italiano. Di conseguenza ho seguito la vicenda della Pisorno che prometteva di far risorgere il nostro cinema. Oltrettutto la Pisorno fu costruita con i soldi di Torino, degli Agnelli per la precisione. E senza il cinema, qui, non ci sarebbe stata Tirrenia». In realtà Tirrenia compare fin dal 1933 tra i piani regolatori delle nuove città programmate dal facismo, a cominciare da quelle sorte nell'Agro Pontino. Ed è del 1932 l'istituzione dell'Ente Autonomo Tirrenia per valorizzare turisticamente il litorale pisano. Il bando di concorso, nel 1934, spiega «che Tirrenia sorgerà di fronte a una magnifica spiaggia renosa, dovrà essere per modernità, eleganza e razionalità, quanto di meglio può offrire oggi l'urbanistica moderna e superare quanto esiste in questo campo sulle più progredite spiagge d'Europa». Il territorio del piano regolatore di Tirrenia era delimitato da torrente Calambrone e Reale Tenuta di Tombolo. Il concorso lo vincerà l'ing. Federico Severini di Pisa, preferito all'architetto fiorentino Coppedè e ad altri quattro progettisti. Ma è pur vero che Tirrenia decolla con la Pisorno, il centro cinematografico di Giovacchino Forzano. La decisione di crearlo fu presa a Torino dove Forzano aveva girato il film «Villafranca»; tratto dal suo dramma storico scritto in collaborazione con Mussolini. Il film aveva ricevuto l'aiuto finanziario di Edoardo Agnelli, il figlio del senatore Giovanni. Ed entrambi assistettero alla sua presentazione. Forzano racconta: «A conoscenza com'era dei retroscena finanziari e delle difficoltà che avevo incontrato per realizzare `Villafranca' in mancanza di teatri in grado di girare il sonoro, Giovanni Agnelli disse a Edoardo e a me: `Questa industria del cinematografo è destinata a un avvenire grandioso. Perché non cercate di fare dei teatri adatti alla nuova tecnica del sonoro?'. Il consiglio di Giovanni Agnelli mi elettrizzò e d'accordo con Edoardo presi a studiare dove costruire questi benedetti nuovi teatri». Forzano ha scritto: «Dove costruirli? Perché il girare gli esterni non dovesse costare troppo, io pensavo di scegliere un posto ricco di possibilità naturali e facile da raggiungere. Un giorno incontrai il senatore Martelli di Vinci, il paese di Leonardo, e lui mi disse: `So che volete tirar su dei teatri cinematografici. Perché non vai a vedere Tirrenia'. `E dov'è Tirrenia?'. E' fra Livorno e Pisa, ma forse un giorno sarà tutta una città con Marina di Pisa'. Andai a vedere Tirrenia. Era tutta una palude, non c'erano che vipere e rospi. C'era una sola costruzione, l'antica torre della Guardia di Finanza, un fortino chiamato Mezzaspiaggia. Però, pensando che bonificando il posto avremmo potuto renderlo bellissimo, e dato che gli esterni, dal mare alla montagna al fiume e alla foresta, erano tutti lì, l'idea mi piacque. Pregai il caro Edoardo di venire a vedere Tirrenia. Da prima rimase anche lui un po' indeciso, poi si convinse e cominciammo a costruire i primi teatri adatti a girare i film sonori. I primi in Italia». E così sorge la Pisorno a metà strada tra Pisa e Livorno. Il terreno per lo stabilimento viene in parte acquistato, centomila metri quadri a 0,25 lire il metro, e in parte affittato, altri centomila metri a un milione l'anno. Per costruirlo si spendono 500mila lire. Il capitale è degli Agnelli e dell'industriale Salvatore Persichetti, che aveva deciso di tentare l'avventura del cinema e in seguito costituirà a Roma la prima casa italiana di doppiaggio. L'architetto è Antonio Valente, che si è affermato come scenografo a Parigi e a Berlino. Nel 1934 Pisorno viene definita la piccola Hollywood del Tirreno. Cinecittà sarà fondata solo nel 1937. Primo film prodotto a Tirrenia, con gli esterni girati nell'isola d'Elba, è il napoleonico «Campo di Maggio», soggetto di Forzano e di Mussolini. Nel 1935 la grande varietà di esterni tra Pisa e Lucca, permette a Luis Trenker, campione di sci, attore e regista, di realizzare il western «L'imperatore della California». Alla corte di Forzano, detto «il duce del cinema», vengono Amedeo Nazzari, Alida Valli e Gino Cervi, Assia Noris e Vittorio De Sica, Paola Barbara, che l'estate si fanno ammirare sui primi bagni di Tirrenia. La cittadella balneare è lanciata. La frequentano soprattutto i pisani. Meno i livornesi che preferiscono l'acqua di scoglio. Un trenino nel 1932 collega Pisa al Calambrone e dal 1935 prosegue per Livorno, stazione a Barriera Margherita. La spiaggia che dal Calambrone va a Marina di Pisa è molto accogliente. Presto, verso Livorno, sorgono gli istituti elioterapici e le colonie per la gioventù. Il lato negativo di Tirrenia, all'inizio, è rappresentato dalle zanzare. Ma i sofferenti di asma trovano refrigerio nella sua pineta. E lo spettacolo, in costume da bagno, della giovanissima Elsa Di Giorgi, protagonista con Benassi del film «La signora Paradiso», ripaga di tutte le punture di zanzara. Come variante della bellezza intellettuale di Elsa Di Giorgi, c'è quella sensuale di Leda Gloria, interprete con Musco di «L'aria del continente». Di Leda Gloria ho sentito parlare addirittura negli anni Ottanta dai «generici» di Marina di Pisa, ormai in pensione, che partecipavano ai film della Pisorno. Diventato ristoratore, uno di quei «generici» mi raccontava con enfasi di Doris Duranti protagonista de «La figlia del Corsaro Verde» con Fosco Giachetti che nel'38 girò «La signora di Montecarlo» per Mario Soldati. Alla Pisorno, Soldati ci trovò moglie. «E l'attore più corteggiato?». «Sui bagni fu Massimo Girotti, quando lavorava per Rossellini in `Un pilota ritorna'. Aveva ventiquattro anni. Tenne a battesimo il mio ristorante. Un altro era Nazzari, lo ricordo nel `Conte di Bréchard' con la Ferida. Lo scenografo era il livornese Virgilio Marchi. Ti raccomando la Ferida, una donna-donna. Peccato sia finita così male nella repubblica di Salò. Anche la Duranti divenne una stella del regime, con Pavolini». Del resto se ci fu un impresario cinematografico legato al fascismo quello è stato Forzano. Ma inchiodarlo in una cornice fascista è limitativo. Questo toscanaccio di Borgo San Lorenzo, aveva trionfato a Londra già nel '21 con la commedia «Sly». E David Belasco, l'autore teatrale di «Madame Butterfly», gli acquistò il soggetto per il cinema pagandoglielo tremila sterline. Nel '17 Forzano lesse il libretto di «Gianni Schicchi», che Puccini stava musicando, e commentò che era brutto. «Allora me lo scriva lei». Detto e fatto. E quel libretto rimane un capolavoro di umorismo. Zacconi mandava in delirio le platee con il suo «Pietro il Grande». E' stato Forzano a creare il Carro di Tespi. Come regista fu un rinnovatore. La sua «Figlia di Jorio», nel teatro all'aperto del Vittoriale, davanti a D'Annunzio, recitata su due palcoscenici, è entrata nella storia del teatro. Forzano rimane uno dei padri di Tirrenia. E la sua Pisorno, passata la guerra, ebbe una ripresa interessante. In dieci anni produsse una cinquantina di film. La Loren vi debuttò in «Pellegrini d'amore». La Lollobrigida ci venne per «Enrico Caruso». Fellini vi ambientò alcune scene di «Senza pietà». Si sperò nell'intervento di Carlo Ponti, ma nel '58 la Pisorno fu lasciata morire. Le riprese di «Senza pietà» ebbero un fuori programma in una balera. Un tizio invitò Carla Del Poggio a ballare, lei rifiutò, lui l'arronzò: «Ma chi credi d'essere, Rita Arivortete?». Lattuada intervenne, il tizio gli mollò un pugno, Folco Lulli spaccò una sedia in testa all'energumeno. Una bella rissa. Fellini decise di tagliare la corda ma un secondo tizio l'affrontò con il coltello e lui fuggendo gridò: «Puliscitici le unghie». - Aldo Santini

domenica 24 ottobre 2010

Buon Compleanno Tata Ioia













"Fior di Loto"

Ciao sorellina, buon Compleanno, e adesso siamo a cinquantacinque, tanti e pochi. Ho scritto gli anni in  lettere perchè voglio caricarli di tutta l'importanza del tempo trascorso, quanto basta per far passare in un attimo quanto abbiamo trascorso insieme, come un soffio, come un baleno nel cielo libero da nuvole e brutti pensieri. E quanti c'e ne sono stati, purtroppo. " Chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia" ne siamo conviti, vero Ioia?
Comunque in questo momento voglio solo ricordare i momenti più belli e gioiosi, e anche di quelli c'è ne sono stati molti. Forse, anzì sicuramente, si compensano ma incosciamente ricordiamo solo quelli brutti.
Quante cose potrei dirti e ricordarti ma non lo faccio perchè dobbiamo pensare positivo (detto da me è tutto un programma!!!), e quindi vorrei ricordarti solo che stare vicini durante tutti i nostri anni ci ha sicuramente aiutati reciprocamente e sono sicuro che almeno io non avrei potuto farne a meno, è una certezza per me . Lo sai che se devo devo tirare fuori qualcosa che mi tormenta lo faccio con te, e ci riesco solo con te, e  spero che la cosa non ti sia pesata troppo.
Scherzando con i nostri amici racconto sempre che sin da piccini mi sei sempre stata attaccata come una zecca, e che ti ho dovuto sopportare una vita, ma tutti sanno, come me del resto, che questo mio lamentarmi è solo per rappresentare un mio grandissimo amore per Te e un attaccamento oltre qualsiasi cosa o persona.
Bando alle ciance ti voglio bene e ti mando un bacione grande 55 anni.
A proposito la foto in alto è un fior di Loto ti ricordi che lo zio Ugo, il maestro, ti chiamava così da piccina!!
Ciao  Tata.